La tavola rotonda dei giornalisti e di Enrico Mentana in questi giorni si siede intorno ad un piatto caldo che da tanto alimenta critiche e pareri contrastanti: quello di dare voce o meno ai “no vax”, rischiando di cadere nella censura o nella spettacolarizzazione del giornalismo.
Al centro del dibattito c’è la figura di Enrico Mentana, direttore del TgLa7 il quale si accusa di aver imposto una “censura alle opinioni scomode” .
Dopo aver dichiarato di non voler dare voce ai “no-vax” nelle sue trasmissioni, si apre anche la discussione su chi siano davvero questi “no-vax”, rischiando di racchiudere chiunque non sia d’accordo con la narrazione dominante in un’etichetta non ben definita.
Uno stato democratico tutela la coesistenza di più sistemi ideologici e di una pluralità di convinzioni politiche, filosofiche, religiose che possono liberamente essere espresse oralmente, sulla stampa e sui media, insieme alla piena libertà di espressione attraverso i mezzi di comunicazione, il cui pluralismo è considerato un presupposto essenziale di una democrazia; per questo Enrico Mentana viene accusato di aver imposto una “dittatura informativa”, in cui non vi è ammessa libertà di opinione, né la libertà di pensiero.
Alle accuse dei suoi colleghi Enrico Mentana risponde con un post sui social:
«Dare loro voce non è in nulla esercizio di pluralismo o democrazia e chi lo fa -per audience- lo giustifica dicendo che così quei personaggi si screditano da soli.»
Si apre, per il direttore del TgLa7, una battaglia tra scienza ed antiscienza, tra Ragione e Fede, al pari di Galileo Galilei ed il Sant’Uffizio.
La storia insegna che forse la società non era ancora pronta ad un salto così grande, ad un capovolgimento delle teorie e della percezione del mondo e quindi dell’uomo stesso; dunque Galileo venne condannato per eresia ed obbligato all’abiura.
Con questo evento risulta chiaro che alla base delle dottrine scientifiche, o presunte tali, vi siano spesso convinzioni religiose di vario tipo, persuasioni irrazionali o autentici pregiudizi. Alla luce di ciò è giusto interrogarsi su quanto sia davvero importante avere diversi punti di vista e valutare ogni ipotesi che possa essere confrontata (“cimentata”, per usare il linguaggio di Galilei) con la realtà.
Galilei, infatti, avrebbe rifiutato l’idea di una limitazione della ricerca scientifica imposta sulla base di principi religiosi, contro ogni dogmatismo.
Aldilà del rapporto scienza e religione, resta da chiedersi oggi cosa voglia dire davvero tutelare il libero pensiero e combattere la disinformazione; quali sono i limiti? Fin dove si può spingere la censura?
La profezia di George Orwell
Orwell, nel celebre romanzo 1984, aveva previsto tutto ciò; per l’autore distopico la società, per essere libera, deve basarsi sulla verità.
«Libertà è la libertà di dire che 2+2=4. Concessa questa libertà ne conseguono tutte le altre.»
Libertà non è dare lo stesso spazio a coloro che affermano che la Terra è piatta rispetto a chi afferma che è tonda così come non è libertà dire che 2+2=5.
La libertà si basa sulla verità, sulla conoscenza. Nel regime totalitario di Orwell si afferma che “l’ignoranza è forza” ed il protagonista è costretto ad affermare che 2+2 può fare 5 ma anche 3.
Se ogni cosa diventa soggettiva e di libera interpretazione il confine sempre più instabile fra verità e leggende metropolitane si indebolisce, e non vi saranno più anticorpi contro la tirannide, seppur oggi sia ancora una tirannide delle minoranze.
Libertà di pensiero e di parola, da non confondere con le parole in libertà, sono e devono essere tutelati alla luce di un’informazione corretta e un’istruzione adeguata all’argomento di cui si intende discutere.
Solo così si combatterà la censura e la disinformazione.
Se così fosse, saremmo in grado di ascoltarci e non sentirci, vederci e non osservarci, parlarci e non urlarci contro.
Così anche chi la pensa diversamente sarà una risorsa e, chissà, magari anche una nuova verità, proprio come Galileo intuì che la terra non è al centro dell’universo ma che «E pur si muove!».