Enigma Argentina

Enigma Argentina

Michele Marsonet

Prorettore alle Relazioni Internazionali dell’Università di Genova, docente di Filosofia della scienza e Metodologia delle scienze umane


Enigma Argentina riguardante soprattutto il suo ritorno nell’ambito occidentale: sarà veramente vantaggioso per Washington? Questa prospettiva dipende principalmente dall’esito delle riforme economiche radicali proposte da Milei.


E’ sempre stato difficile, per gli osservatori internazionali, comprendere l’Argentina. Paese un tempo molto ricco, che accoglieva milioni di emigrati europei (e soprattutto italiani), sin dai tempi di Juan Domingo Peron è precipitato in una povertà sempre più accentuata, con una progressiva crescita della corruzione e dell’inflazione. Quest’ultima, negli ultimi tempi, ha raggiunto lo stratosferico livello del 150% su base annua.

Ora l’elezione alla presidenza, col 55,6% dei voti, del 53enne Javier Gerardo Milei, che ha prevalso al ballottaggio sul peronista Sergio Massa, cambia radicalmente il quadro. Il nuovo presidente si autodefinisce “anarco-capitalista” e, tanto in politica quanto in economia, è schierato su posizioni di destra estrema. Personaggio piuttosto folkloristico, ha condotto la campagna elettorale brandendo nei comizi una motosega elettrica, per far capire agli elettori il radicalismo del suo programma.

Intende infatti tagliare senza pietà la spesa pubblica privatizzando tutto il possibile. Non solo. Ha pure dichiarato di voler adottare, al posto del peso, il dollaro Usa come moneta nazionale, definendo “dollarizzazione” tale mossa. I rischi sono evidenti. L’adozione di una moneta forte in una nazione che ha un’economia strutturalmente debole potrebbe forse frenare l’inflazione. Ma rischia anche di sottomettere il Paese alla volontà della Federal Reserve Usa, con la conseguenza che le decisioni economiche verrebbero prese a Washington, e non più a Buenos Aires. Tuttavia Milei sembra molto deciso a procedere in tale direzione, promettendo di “radere al suolo” la Banca centrale argentina.

Naturalmente tra il dire e il fare c’è di mezzo il mare, e bisognerà vedere fino a che punto il nuovo presidente riuscirà a realizzare i suoi obiettivi radicali. La sua elezione, comunque, riflette bene la frustrazione dell’elettorato, stanco di politici che promettevano di risolvere i problemi nazionali, mentre la situazione economica continuava a peggiorare anno dopo anno. E questo, come già detto, a dispetto delle grandi ricchezze naturali di cui il Paese dispone, e che la classe politica non è mai riuscita a mettere a frutto per migliorare il tenore di vita della popolazione.

Milei ha subito ricevuto i complimenti di Donald Trump, al quale viene spesso avvicinato, e che si è subito dichiarato “orgoglioso di lui”. Ma complimenti sono anche giunti da numerosi esponenti della destra mondiale, e in particolare europea, il che già indica quale sarà la sua collocazione internazionale.

Mette conto notare, a tale proposito, che l’elezione di Milei denota un cambiamento notevole negli orientamenti politici dell’America Latina, che un tempo gli Stati Uniti consideravano il “cortile di casa”. Negli ultimi anni abbiamo assistito allo spostamento a sinistra di numerose nazioni sudamericane. Valga per tutte la vittoria di Lula su Bolsonaro in Brasile.

Milei ha pure dichiarato di voler diminuire l’influenza della Cina in Argentina, riavvicinando il Paese agli Usa anche dal punto di vista dell’alleanza militare. Intende pure revocare in dubbio l’adesione argentina ai “Brics” (Brasile, Russia, India, Cina, Sudafrica), caldeggiata da alcuni suoi predecessori, vale a dire l’alleanza informale tramite cui Pechino e Mosca stanno tentando di modificare l’attuale ordine mondiale, che vede ancora la supremazia Usa e occidentale in genere. Proprio per questo Joe Biden non si è espresso contro Milei, nonostante la sua conclamata vicinanza a Donald Trump.

Resta però da capire se il ritorno dell’Argentina nell’orbita occidentale sarà davvero un fattore positivo per Washington. Dipenderà, in larga misura, dalla sorte delle misure economiche radicali che Milei vuole realizzare. In ogni caso la sua elezione costituisce un ostacolo per Pechino, impegnata a espandere la sua influenza nel continente latino-americano.

 

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