Un convinto sostenitore dell’energia nucleare (sempre con in mente il sogno che l’uomo possa un giorno realizzare il reattore a fusione) come il sottoscritto non poteva non raccogliere con estremo interesse il report pubblicato sul sito del Pacific Northwest National Laboratory che propone l’energia nucleare per affiancare le energie rinnovabili nella progressiva sostituzione delle fonte fossili verso un futuro di produzione di energia ad emissioni zero di gas serra.
Emissioni zero sembra un traguardo forse troppo ambizioso? Non secondo il The Clean Energy Transformation Act promulgato nel 2019 che ha stabilito che lo stato di Washington deve arrivare a quell’obiettivo entro il 2045.
Il report punterebbe su quello che secondo qualcuno potrebbe essere il futuro del nucleare, reattori modulari di piccola taglia, nel sito dell’Associazione Italiana Nucleare trovate ampiamente spiegati i punti di forza dei SMR.
Essenzialmente sono: economicità, sicurezza intrinseca e flessibilità.
Che un piccolo reattore possa essere più flessibile magari non suona sorprendente e nemmeno la flessibilità, l’economicità sarebbe portata dal fatto che i reattori sarebbero trasportabili e quindi costruibili in un sito diverso da quello della centrale che potrebbe quindi essere una sorta di fabbrica dove sarebbero prodotti in serie.
Ma tornando all’analisi pubblicata sul sito del laboratorio di ricerca pubblico statunitense l’argomento più forte a favore citato nel rapporto è proprio la flessibilità; questo tipo di reattori possono andare a piena potenza o adeguarsi alla minore richiesta senza problemi. Analizzando la richiesta di energia si è visto che è estremamente variabile, su base mensile, settimanale e persino giornaliera. A febbraio 2019 addirittura la variazione della domanda su base giornaliera ha raggiunto i 2.100 megawatt che è il doppio dell’energia prodotta dall’unica centrale nucleare del Nord-ovest del Pacifico. Ma i picchi nella domanda non sono l’unica evenienza che richiede flessibilità, nel 2009 bastarono cinque minuti di venti intensissimi a provocare un picco di energia prodotta da impianti eolici che riversò nella griglia della rete elettrica della Bonneville Power Administration ben 700 megawatt.
Quando si verificano tali picchi da altre fonti di energia c’è bisogno di impianti che possano adattarsi velocemente e questa è una delle caratteristiche dei SMR.
Inoltre il report analizza anche dei possibili siti di costruzione, quindi in questo caso l’idea non sarebbe quella di sfruttare la possibilità di trasportare reattori di dimensioni contenute (ricordate che ci sono reattori che vengono installati su navi) ma sono stati individuati dei siti, uno è l’Hanford site, si tratta di un sito dove venne prodotto il plutonio per il progetto Manhatthan e che è stato dismesso da tempo, costruire lì semplificherebbe molto le procedure perché la valutazione sismica e altre indagini obbligatorie per insediare un sito nucleare ovviamente sono già state fatte.
Il combinato disposto di un futuro verso la produzione di energia ad emissioni zero e della disponibilità di questi nuovi reattori segnerà una nuova primavera per l’atomo ad uso civile? Noi sostenitori dell’energia nucleare possiamo solo incrociare le dita e sperare.
Roberto Todini