Enel a Brindisi inquina più dell’Ilva

Crimini di guerra in tempo di pace coperti dall’omertà dello Stato. Rifiuti, ceneri, emissioni tossico-nocivi sui campi coltivati e sugli esseri umani. Area ad elevato rischio ambientale: aria, acqua, suolo, sottosuolo, cibo e persone. La centrale termoelettrica Enel di Cerano, a 12 chilometri da Brindisi, fu attivata nel 1993, ed oggi occupa a pieno titolo il primo posto nella classifica delle industrie con la maggior emissione di anidride carbonica. Prevista dal piano energetico nazionale, essa andò a sommarsi alla centrale di Brindisi nord, già operante dal 1964, ma convertita a carbone nel 1979. Da Vendola ad Emiliano (dal 2005 ai giorni nostri) la situazione è peggiorata sempre più. Già, ma chi ci fa caso? Sott’acqua addio a fauna e flora. Ho realizzato due immersioni subacquee nella baia marina dove scarica la centrale Enel di Cerano: non c’è più alcuna forma di vita.

Esaminando le carte ufficiali, le varie convenzioni e gli atti firmati dagli anni ’80 al 2002, vediamo che la centrale di Cerano ha registrato un’evoluzione negativa per gli autoctoni, soprattutto gli agricoltori. Ad esempio, quando fu costruita, e poi con la convenzione del ministero dell’ambiente e la regione dichiararono all’unisono:

«Poiché si apre questa nuova centrale, chiuderemo la centrale di Brindisi nord (anch’essa a carbone); lo faremo in due tempi: prima la riconvertiremo a gas e poi, entro il 2004, la chiuderemo definitivamente». 

Alla luce dei fatti: parole al vento, anzi le solite menzogne istituzionali. la centrale di Brindisi sud fu costruita con 4 gruppi da 660 megawatt ciascuno. Con le convenzioni del 1996 tra governo, comune ed Enel, si sancì che 2 di questi 4 gruppi fossero alimentati a carbone, uno a gas ed uno in riserva. Sempre nella convenzione del ’96 si diceva che, comunque, il quantitativo di carbone massimo che poteva essere utilizzato nel popolo energetico brindisino non doveva essere superiore ai 2,5 milioni di tonnellate all’anno. In realtà questi accordi non sono mai stati rispettati. Dopo, sul finire degli anni ’90 la centrale di Brindisi nord fu posta in vendita, per consentire la privatizzazione dell’Enel. Così dapprima transitò nel gruppo Eurogen, poi fu acquisita da Edison e nel 2012, con il nuovo assetto societario, passò ad A2A. Oggi, a dispetto degli accordi istituzionali che ne prevedevano la chiusura nel 2004, essa è ancora attiva, ed il nuovo padrone, nel 2013 ha presentato un nuovo progetto di conversione a co-combustione 90% carbone e 10% rifiuti. Dopo la chimica, dopo il carbone, il nuovo eldorado in loco sono i rifiuti pericolosi con il loro incenerimento.




Le convenzioni del 1996 furono ampiamente disattese anche per la centrale Brindisi sud: quelle convenzioni che prevedevano un consumo di carbone di 2 milioni e mezzo di tonnellate al massimo per l’intero anno in tutto il polo energetico brindisino, furono superate da nuovi accordi tra comune ed Enel nel 2002, con le quali i precedenti limiti nel consumo di carbone furono ampiamente superati. Attualmente sono in funzione 4 gruppi di produzione, tutti a carbone, e si arriva anche a 7 milioni e mezzo di tonnellate, ovvero il triplo degli accordi pregressi. Quindi Emiliano sulla cosiddetta de-carbonizzazione della Puglia racconta frottole.

La polvere di carbone contiene tutta una serie di contaminanti. In particolare: metalli pesanti, cadmio, nichel, piombo, arsenico. Tutti elementi cancerogeni accertati, penetrati nella catena alimentare da decenni. Un altro aspetto inquietante è la radioattività: Il carbone, infatti, intorno alle centrali disperde radioattività perché viene bruciato. A Brindisi sono stati anche misurate le contaminazioni radioattive da uno studio poco noto (Apat, Attività lavorative con materiali ad elevato contenuto di radioattività naturale).

Dai dati del registro Ines desunti dalle dichiarazioni fornite negli anni 2000-2006 dai gestori principali complessi industriali nazionali che annualmente superano le soglie di emissioni previste dalla legge, si evince che in aria, suolo e acque, gli impianti industriali emettono sostanze la cui misurazione non è disponibile. Nel 2007, ad esempio, sono stati auto-dichiarati dalla Polimeri Europa 11,5 tonnellate di benzene in aria; nel 2010 dalla centrale Edipower 42,8 chilogrammi di arsenico, 130 chilogrammi di cromo, 168 chilogrammi di nichel, e ben 991 tonnellate di anidride solforosa in aria. Nel 2010 dalla centrale a carbone dell’Enel a Cerano: 28,7 chilogrammi di arsenico, 2,91 tonnellate di benzene, 30,3 chilogrammi di mercurio. Senza contare Sanofi-Aventis (a cui Vendola ha elargito addirittura un finanziamento pubblico), Basell, eccetera.

 

Gianni Lannes




Exit mobile version