Come in America con il BLM, tutto è cominciato online. L’hashtag #EndSARS, dove SARS sta per Special Anti-Robbery Squad, ha invaso Twitter mentre i giovani nigeriani invadevano le strade, chiedendo a gran voce un cambiamento.
Sembra essere servito. l’Ispettore Generale della Polizia, Mohammed Adamu, ha annunciato la dissoluzione della SARS, investigazioni riguardo i diritti umani e cambiamenti nella struttura delle forze dell’ordine.
SARS: il reparto che la Nigeria odia. Vediamo perché
Tutto parte da una serie di testimonianze che dalla Nigeria raggiungono il mondo intero. Twitter diventa il canale per mostrare gli abusi della SARS. Si parla di sequestri di persona, omicidi, stupri, violenze, rapine e crimini di ogni tipo.
La SARS opera senza mandato, blocca le strade illegalmente e vessa principalmente il ceto medio-alto nigeriano, che per un abbigliamento più costoso può rischiare l’arresto per truffa.
Alcune proteste erano già cominciate, quest’anno, in seguito al caso di Hamilton Osahenhen Obazee, arrestato e torturato a morte da poliziotti della SARS il 6 marzo 2020.
L’evento scatenante per la nuova ondata di proteste è stata la diffusione di un filmato, il 3 ottobre, in cui un giovane viene sparato da un agente della SARS per rubarne il veicolo, un SUV della Lexus.
Da lì è cominciata una raccolta di storie, di esperienze, tutte su Twitter. Queste voci si sono trasformate in inni di protesta.
Le manifestazioni, pacifiche, sono state represse dalla polizia, prima con gas lacrimogeni e poi con la violenza.
Le notizie hanno cominciato a diffondersi, in particolar modo nella cultura pop e sportiva. Sono molti i calciatori nigeriani che parlano e supportano il movimento e anche il rapper canadese Drake si è unito alla campagna di protesta.
La denuncia di Amnesty International
Amnesty lavora al caso SARS da più di dieci anni. Nel 2018 il loro report Nigeria: Time to End Impunity parla già di estorsioni di denaro e di tortura per spingere le persone a confessare reati, commessi o meno.
Un altro report di Amnesty International del giugno 2020 parla di 82 casi di tortura e di uso improprio della forza da parte della SARS, datati dal gennaio 2017 al maggio 2020. Addirittura si parla di camere adibite specialmente alla tortura.
In seguito a ciò, è nata una raccolta firme partecipata da più di 10mila persone per lo smantellamento dell’unità. La raccolta firme, fino all’annuncio di Adamu, era rimasta inascoltata. Basti pensare che un’indagine era stata già avviata nell’Agosto 2018, ma dopo due anni ancora non se ne conoscono i risultati.
Questo uno degli appelli di Osai Ojigho, direttore di Amnesty International in Nigeria:
“Questi abusi saranno prevenuti soltanto quando gli ufficiali della SARS dovranno rendere conto delle proprie azioni e affrontare pene disciplinari o penali se responsabili di violazioni dei diritti umani”.
Si spera che la dissoluzione di questo comparto sia accompagnato da altre misure, cosa promessa dal governo nigeriano, per evitare violenze di questo tipo: perché la polizia deve garantire la legge, non diventare un pilastro dell’illegalità.
Giulia Terralavoro