Emmett Till: una delle più brutali storie di razzismo americano

Emmett Till

Era il 28 agosto del 1955 quando si consumò un atto di violenza così barbaro da risvegliare la coscienza di un’intera nazione. La vittima di questa brutalità fu Emmett Till, un giovane proveniente da Chicago che aveva deciso di trascorrere l’estate nella piccola Marey, nel profondo sud degli Stati Uniti.


Il 28 agosto del 1955, in  Mississippi, due uomini bianchi compirono un atto di violenza così efferata che avrebbe risvegliato la coscienza di una nazione. La vittima di questa brutalità era un giovane di quattordici anni, Emmett Till, un ragazzo nero che aveva abbandonato le strade di Chicago per trascorrere un’estate nella piccola Marey, nel sud segregazionista degli Stati Uniti.

Emmett, giunto nella cittadina natale di sua madre, si era stabilito nella casa degli zii, Moses ed Elizabeth Wright. La madre lo aveva solennemente ammonito a comportarsi con estrema prudenza, conscia del razzismo dilagante in quei luoghi, ben diverso da quello che il giovane conosceva a Chicago. Tuttavia, ciò che accadde al Bryant Grocery and Meat Market quel 24 agosto del 1955 avrebbe superato qualunque previsione.

Emmett e i suoi cugini entrarono nel negozio, dove la moglie del proprietario, Carolyn Bryant, era sola al bancone. L’acquisto di alcune gomme da masticare sembrava un semplice gesto, ma il destino aveva altri piani. Quando Emmett uscì, emise un fischio, e anche se i suoi cugini sostennero che non fosse rivolto a Carolyn, sapevano che il gesto potesse avere ripercussioni. Temendo conseguenze, i giovani decisero di andarsene al più presto.

Quando Ray Bryant, il marito di Carolyn, venne a conoscenza dell’episodio, si infuriò. Convinto che Emmett avesse molestato sua moglie, si diresse a casa degli zii del giovane. Il 28 agosto, alle 2.30 del mattino, Bryant e il suo fratellastro, J.W. Milam, bussarono alla porta degli zii di Emmett. Li costrinsero a far uscire il giovane e, con minacce e rifiutando offerte economiche, lo portarono via.

Tre giorni dopo, il cadavere di Emmett Till emerse dalle acque del fiume Tallahatchie. Era nudo, spogliato della sua umanità e brutalmente mutilato. Le immagini raccapriccianti del suo corpo sfigurato fecero il giro del Paese, rivelando la violenza razziale subita dai cittadini neri. Il corpo del ragazzo era quasi irriconoscibile, e l’unico dettaglio che permise di identificarlo fu un anello d’argento con le sue iniziali.

La madre di Emmett, Mamie Till, fu devastata quando apprese del sequestro di suo figlio. Allarmata, immediatamente si rivolse al NAACP e agli esponenti politici dello stato. Poco tempo dopo, ricevette la notizia che il giovane era stato assassinato.

Il feretro di Emmett giunse a Chicago con il sigillo del Mississippi, ma Mamie decise di romperlo. Voleva che il mondo vedesse ciò che aveva visto lei stessa, e così chiamò i giornalisti al funerale. Decine di migliaia di persone si presentarono per dire addio al giovane Emmett Till e testimoniarono la brutalità del suo assassinio. Il fotografo David Jackson immortalò l’immagine del feretro aperto, rivelando al mondo la violenza razziale contro i cittadini neri.

L’omicidio di Emmett Till portò alla ribalta nazionale il caso e l’orrore del razzismo. Cento giorni dopo la sua morte, Rosa Parks rifiutò di cedere il suo posto su un autobus, scatenando l’inizio di un movimento che avrebbe cambiato la storia dei diritti civili negli Stati Uniti. Quella generazione di giovani neri, ispirata da Emmett Till, divenne nota come la “generazione Emmett Till” e si mobilitò per l’uguaglianza davanti alla legge.

Il caso di Emmett Till rimase impunito, poiché durante il processo i due imputati, J.W. Milam e Ray Bryant, furono assolti dalle accuse di omicidio e sequestro. Anche quando confessarono il loro crimine a una rivista, la legge non poté toccarli nuovamente, a causa del principio costituzionale che proibisce di giudicare due volte una persona per lo stesso reato.

Il nome di Emmett Till è rimasto vivo attraverso le generazioni, citato da leader dei diritti civili come Martin Luther King Jr. e immortalato nella musica di Bob Dylan. Tuttavia, i suoi assassini non furono mai puniti, e il razzismo che li aveva spinti a commettere tale atroce crimine persiste ancora oggi.

L’omicidio di George Floyd nel 2020 e l’ascesa del movimento Black Lives Matter ne sono una triste testimonianza. Inoltre, il costante vandalismo contro il cartello commemorativo di Emmett Till dimostra che il razzismo non è stato debellato, ma è ancora una piaga aperta nella società. Nonostante i progressi, il ricordo di Emmett Till continua a svelare le cicatrici del passato e la necessità di lottare per un futuro migliore, in cui ogni individuo sia giudicato per il contenuto del suo carattere e non per il colore della sua pelle.

Exit mobile version