Emma Krenzer: il Corpo non dimentica le mani che ne abusano

In principio era l’idea, il progetto, l’intenzione, il desiderio. Poi, subito dopo, è stato il Corpo. Corpo. Corpo. Corpo.
Corpo che è respiro, vita, energia. Corpo che è dignità, libertà, volontà. Corpo che è prima ancora di essere Corpo, ed è Corpo anche dopo che il Corpo muore. Perché il Corpo è l’Esistenza.
Il Corpo è la possibilità, la realtà che si avvera, che si rivela giorno dopo giorno. Il Corpo è sacramento, è comandamento, è movimento. Nel Corpo, conscio ed inconscio  si completano, luce e buio si alternano, arte e scienza si intersecano per mezzo di leggi mai perfettamente assolutizzate e di creatività mai pienamente soddisfatte. Perché il Corpo è cambiamento, è progresso, è ascesa.
Bisogna difendere sempre il Corpo, contro ogni oltraggio, accusa o minaccia: niente e nessuno può opprimere il Corpo, niente e nessuno può esercitare potere sul Corpo, impedendone la realizzazione, o condannandone l’esistenza. Certamente in quel principio, l’idea del Corpo era pari a quella di poesia: parola che si fa vento, pioggia, calore e potenza. Era questa l’idea originaria, poesia. E invece, lo abbiamo condannato. Ancor prima di nascere, lo condanniamo ad aspettative e ambizioni. E lo sfruttiamo, senza ascoltarne i bisogni; lo violiamo, senza comprenderne i desideri; lo fraintendiamo, senza coglierne le intenzioni. E lo stupro, la violenza, la perversione che sul Corpo da sempre si scagliano, giustificate e motivate e assolte da leggi e da ideologie assurde, non fanno altro che annientare, alienare quell’ originaria e originale idea. E tutto questo, tutto quello che mortifica, condanna, delude il Corpo, non è giusto.
E non lo si dovrebbe alimentare, incoraggiare, sostenere per nessuna ragione, per nessun ideale, per nessuna religione. Perché non esiste Norma, non esiste Politica, non esiste Filosofia, non esiste Religione lì dove non esiste la Cultura e la Cura del Corpo. La prima fede è quella per se stessi e per se stesse, per ogni Altro e per ogni Altra. Bisogna imparare ad amare questa Vita, questo Corpo, prima di pensare l’approdo presso altre realtà, prima di immaginare un esistere in altre forme.
Amare, rispettare il proprio Corpo e quello di ogni Persona che incontriamo perché esso non dimentica, la pelle non dimentica: tutto resta imprezzo nello spazio di una memoria intima e perpetua. Resta la traccia di ogni carezza e resta il graffio di ogni violenza. Ne resta il segno.
Emma Krenzer (della Nebraska Wesleyan University di Lincoln, Stati Uniti) ha realizzato un progetto che richiama l’attenzione proprio sul Corpo: fotografando quello nudo di un’amica e rispoducelo in versione reale, lo ha poi colorato su diverse parti, rappresentando i segni che mani violente lasciano sulla pelle.
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Colpi, strette, abusi sessuali: cambia il colore con cui Emma ne ha evidenziato la presenza ma non cambia la forza diabolica con cui tutto questo resta addosso, anche a distanza di tempo. Un Corpo di cui la pelle ed ogni sacra parte che lo costituisce, sono la prova di come una Donna soffre a motivo delle violenze subite. Altroché andarsela a cercare.
Sia rispettato sempre il Corpo. E che i colori servano ad esso per tracciare il suo stesso cammino, il suo stesso passo sereno e fiducioso. Parallelo a quello di chi non attenterebbe mai alla sua Dignità, alla sua Libertà e al suo benessere.
Deborah Biasco
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