Emilie Altenloh fu la prima donna nel campo della sociologia a svolgere una ricerca empirica sul cinema. Ebbe poco riconoscimento e la sua opera “Verso una sociologia del cinema” venne a lungo dimenticata, ma grazie a lei sappiamo in che modo e con quale frequenza veniva fruito il cinema all’inizio del Novecento.
La vita di Emilie Altenloh
Emilie Altenloh nacque nel 1888 da una famiglia tedesca di estrazione borghese. Nel 1909 seguì un programma estivo di Economia politica e Giurisprudenza all’Università di Heidelberg, in cui frequentò lezioni di sociologia di Alfred Weber, fratello di Max Weber, con cui si addottorò nel 1913. Proprio in quell’anno portò a termine la sua ricerca innovativa nel campo cinematografico, scrivendo “Zur Sociologie des Kino”, ovvero Verso una sociologia del cinema. L’opera fu pubblicata l’anno seguente, poiché all’inizio non si riconobbe il potenziale di questo studio.
A seguito della pubblicazione del volume, abbandonò il percorso accademico di ricerca per dedicarsi al servizio sociale. Si impegnò anche nella vita politica diventando consigliera cittadina e, successivamente, consigliera nazionale. Nel 1930 entrò come deputata al Reichstag e partecipò alla fondazione del Partito Liberale ad Amburgo. Nel 1961 si ritirò dalla politica locale per dedicarsi come deputata nel Parlamento tedesco. Si spense nel 1985.
Verso una sociologia del cinema: un’opera presto dimenticata
Uno dei primi studi sociologici nel campo cinematografico è a opera della sociologa tedesca che, di fatto, condusse la prima ricerca empirica sul cinema in cui vi è il riconoscimento dell’importanza del cinema nella società e nella vita quotidiana degli individui. È particolarmente significativa per la meticolosa analisi che prende in considerazione i gusti e consumi culturali dei vari pubblici, che differivano per estrazione sociale, genere ed età. Studiò anche il pubblico femminile e i giovani, fornendo all’opera un taglio ulteriormente pionieristico per l’epoca: quello degli studi di genere.
Come mai quest’opera passò presto in secondo piano? La causa è da ricercare in primo luogo nel celere cambiamento tecnologico, economico e culturale dell’industria cinematografica nel primo Novecento. Basti pensare alle numerose sperimentazioni tecniche dell’epoca che portarono il cinema ad evolversi in pochi anni. A ciò si aggiunge il processo di istituzionalizzazione che stava attraversando la sociologia in quel periodo.
L’indagine di Altenloh partì dai dati ricavati dall’osservazione del pubblico della sala e dai prodotti che venivano proiettati. Ella studiò il cinema e il consumo culturale tramite ricerca empirica. Fece, quindi, ricorso ad analisi di tradizionali fonti documentarie, analisi secondaria di fonti statistiche, interviste qualitative, questionari e osservazione partecipante. È una delle prime indagini in campo sociale in cui viene adoperato lo strumento del questionario.
La ricerca si divide in due sezioni
La sociologa individua come le diverse categorie sociodemografiche fruiscono il cinema in maniera non standardizzata ed osserva in che modo le industrie culturali interagiscono coi consumatori. Divise la ricerca in due sezioni.
La prima parte della sua ricerca si concentra sulla produzione cinematografica, individuando i vari generi realizzati, la strutturazione economica che vi era dietro e lo sfondo normativo dei differenti prodotti cinematografici (ad esempio la censura a cui erano soggette alcune pellicole). Altenloh notò che la produzione filmica andava sempre più nella direzione della personalizzazione in base alle varie categorie sociodemografiche.
La seconda parte dello studio empirico si rivela estremamente innovativa, in quanto la sociologa tedesca prese in considerazione target molto diversi tra loro: bambini, ragazzi e ragazze, giovani adulti, donne, operai, artigiani e commercianti. Ella si concentrò sulla dimensione del cinema in città, nella periferia e nella campagna, individuando differenze di fruizione e di gusti.
La diversa fruizione del cinema tra città, periferia e campagna
Emilie Altenloh notò che le persone residenti in città vedevano nel cinema una delle tante possibilità di svago, mentre chi viveva in campagna vi si recava intenzionalmente e più di rado a causa della distanza. Infatti, i lavoratori che risiedevano in campagna, conoscendo poco la città, dopo la fine del turno in fabbrica erano soliti a tornare a casa. La scarsa intensità di frequentazione del cinema da parte loro è da attribuire solo a questa difficoltà esteriore. Una volta che il lavoratore originario della campagna prendeva la residenza in città, non si è notata più alcuna differenza per quel che riguarda la frequentazione del cinema rispetto a chi ha abitato sempre in città.
Tanto più ci si spostava verso la periferia, tanto più i programmi duravano a lungo e i film più numerosi erano quelli drammatici, mentre i documentari erano più rari. Anche negli annunci pubblicitari delle periferie i documentari erano poco segnalati: veniva dato più spazio alla pubblicità di prodotti cinematografici più sensazionalistici.
Le storie di indiani e cacciatori di pellicce erano le trame maggiormente gradite dai ragazzi, mentre i film di guerra sono i preferiti dei giovani degli strati più elevati che, nell’opera della sociologa, sono considerati anche gli strati maggiormente acculturati. I ragazzi, infatti, cercavano emozioni nel cinema, mentre i lavoratori e gli operai, se vi andavano, era per compensare la noia dopo una giornata di lavoro.
Le donne erano solite recarsi al cinema mentre gli uomini lavoravano o svolgevano attività sindacale (attività a cui le donne non potevano accedere all’epoca perché occupate nella sfera domestica). Altenloh osservò che le donne al cinema cercavano storie romantiche, specie all’inizio del secolo.
Il cinema come industria culturale
La sociologa giunse alla conclusione che il modo in cui ci si intrattiene rivela specifiche caratteristiche peculiari ad ogni singola classe. Fu la prima ad intuire quanto il genere, il ceto di provenienza, l’età e gli spazi (intesi come urbani o di periferia) influenzassero i gusti stessi del pubblico ed il modo di consumare i prodotti.
In quegli anni, la Scuola di Francoforte si rivolgeva al cinema con sguardo critico, considerandolo uno strumento di propaganda che sopiva la coscienza critica omologando i messaggi e gli obiettivi dell’uomo. Diversamente, lo studio di Altenloh fa da precursore per l’importanza attribuita ai consumi culturali e a target che in quegli anni erano scarsamente considerati, come la classe operaia e le donne.
Valentina Volpi