L’allarme lanciato dal WWF riguardo la tragedia degli incendi in Amazzonia ben si riassume nella frase: «Quest’anno ci siamo giocati la Svizzera» che può sembrare una frase strana e criptica, ma invece descrive perfettamente ciò che sta accadendo in una delle foreste più grandi e importanti del nostro pianeta.
In Amazzonia dall’inizio di questo anno sono infatti andati bruciati oltre 4 milioni di ettari di foresta, un territorio paragonabile appunto alla Svizzera.
Gli incendi esplosi sono oltre 53.000 di cui 29.000 solo nel mese di agosto. In generale gli incendi in Amazzonia sono aumentati del 83% rispetto allo scorso anno e in Brasile, che ospita oltre il 60% della foresta, è in corso la più grave siccità degli ultimi 40 anni.
A riguardo Edoardo Nevola, responsabile foreste del WWF, sottolinea come:
«La stagione degli incendi è in pratica raddoppiata, passando da 3 a 6 mesi. In circa 4.500 comuni non piove da mesi e le temperature sono fino 5 gradi oltre la media »
Il dramma degli incendi in Amazzonia non riguarda però solo il Brasile, ma anche stati come Ecuador e Bolivia dove sono andate in fumo anche enormi piantagioni da zucchero con danni economici rilevanti. Oltre all’ambiente e alla biodiversità a rischio c’è poi anche la salute di tante persone costrette a respirare aria diventata tossica: sono 11 gli stati raggiunti dalla nube e nella zona sono presenti metropoli come Rio de Janeiro, Brasilia e San Paolo.
La questione siccità nella regione brasiliana intorno a Manaus ha costretto il governatore a dichiarare lo stato di emergenza per 62 municipi. Lo stesso presidente Luiz Inácio Lula da Silva e la ministra per l’Ambiente Marina Silva hanno annunciato misure specifiche con l’obbiettivo primario di fornire acqua, cibo e medicine alle comunità bisognose che, secondo i dati della Protezione Civile, conterebbero oltre 300mila persone. Il Rio Negro, uno dei principali fiumi della zona e che rappresenta una delle fonti primarie di acqua per gli abitanti è calato di oltre 4 metri rispetto allo stesso periodo dell’anno scorso.
In Amazzonia la deforestazione passa anche per il progetto autostrada BR-319
Come però purtroppo spesso accade la politica agisce in modi molto diversi e a volte proprio contrapposti ed è questo il caso dello stesso presidente Lula il cui governo promette aiuti sanitari alla popolazione in crisi idrica e negli stessi giorni promette di terminare i lavori per la costruzione della BR-319 ovvero una autostrada che attraversa una parte della foresta amazzonica e che secondo molti esperti favorirà tremendamente la deforestazione anche in aree fino a questo momento meno interessate dal fenomeno.
Il progetto risale agli anni ’70 e prevede oltre 900 km di strada che collegherebbero Manaus a Porto Velho. Al momento sono asfaltate solo alcune porzioni mentre molta parte del tracciato è ancora inutilizzabile per gran parte dell’anno. L’autostrada secondo molti politici locali rappresenterebbe una valida alternativa al trasporto fluviale resosi sempre più complicato anche a causa della stessa siccità. L’autostrada rappresenta l’opzione più facile e poco importa se è proprio la costruzione di opere del genere che aggrava la situazione ambientale e favorisce la deforestazione, aumentando le probabilità di incendi e aggravando cosi la crisi idrica.
Tra i sostenitori di questo progetto c’è anche il principale avversario politico di Lula ovvero l’ex presidente Jair Bolsonaro che durante il suo governo ha incentivato senza controlli il fenomeno la deforestazione dell’Amazzonia (+22% in un solo anno).
Per il «polmone verde» del nostro pianeta sarebbe invece fondamentale evitare di raggiungere il cosiddetto «tipping point» ovvero il punto di non ritorno in cui i danni provocati alla foresta non sarebbero più rimediabili. Tale obbiettivo, del resto, era stato posto già un anno fa nella Dichiarazione di Belem, documento prodotto dai leader di molti stati latino americani e voluto in primis dallo stesso Lula che in campagna elettorale aveva messo la lotta alla deforestazione tra i primi punti del suo programma.
Il destino della foresta amazzonica passa anche attraverso la capacità dei politici locali di favorire la cooperazione tra i vari paesi e in questo senso la dichiarazione di Belem rappresenta solo un primo piccolo passo con ancora troppi limiti spesso dovuti a contrasti politici anche su temi cardine. I dati di quest’anno sugli incendi in Amazzonia richiedono invece sforzi comuni e di spessore ben maggiore, con lo scopo per il prossimo anno di non bruciare un altra foresta grande come la Svizzera.