Continua a dilagare l’emergenza abitativa per i giovani studenti universitari fuorisede. Nonostante l’intensa protesta di aprile che ha coinvolto le maggiori università d’Italia, la crisi è sempre più galoppante. Troppo alto è infatti il rincaro degli affitti per tutte quelle persone che vogliono studiare fuori dalla loro città o provincia di origine. Il 24 ottobre, l’associazione Udu ha proposto il report “Emergenza fuorisede”. Un’indagine che ha collezionato più di 20mila testimonianze riguardo le condizioni di vita e di studio degli studenti in tutta Italia. L’intero report e le relative richieste per far fronte all’emergenza saranno presentate il 30 ottobre dall’Udu al tavolo con la ministra dell’Università e della Ricerca Anna Maria Bernini.
Il disagio generazionale e le richieste di aiuto
L’emergenza fuorisede ha dimostrato ciò che si temeva già dallo scorso aprile. Una situazione preoccupante con dei record di rincari e irregolarità riguardo agli affitti di appartamenti o stanze per studenti. Il sondaggio promosso dall’Udu – Unione degli universitari – ha dimostrato che in città come Roma e Milano i prezzi minimi di una camera affittata viaggiano, rispettivamente, tra i 500 e i 600 euro al mese. Dal report, si evince che il 30% degli studenti di 37 città italiane soffre di gravi difficoltà economiche causate dalle ingenti spese dell’alloggio e costretto a lavorare per garantirsi un tetto e lo studio.
A settembre, la protesta è ripresa perché, dopo la pausa estiva, nulla si era mosso. Le lamentele si sono rivolte sopratutto nei confronti degli investimenti del PNRR. Poco si sa su come siano state investite materialmente le sovvenzioni europee. Un altro dato importante è che il governo e le università danno molta attenzione al ruolo dei privati nella costruzione di studentati. Le richieste che saranno poste al tavolo del prossimo 30 ottobre sono infatti quelle di intervenire maggiormente sulle borse di studio e sugli alloggi universitari. Si vuole poi garantire un fondo nazionale di sovvenzione per gli studenti fuorisede e, ultimo ma non meno importante, intervenire a livello statale eliminando la speculazione dei privati.
Un altro incontro che si reclama da tempo è quello con il Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, Matteo Salvini. I mezzi pubblici sono un’altra causa di disagio, sopratutto nella capitale, in quanto rendono complicata la vita degli studenti, tra ritardi, guasti e scarsa manutenzione.
Il caso particolare: le tendopoli della Sapienza
Anche i collettivi autonomi e altre realtà si sono espresse su un sussidio economico maggiore nei confronti delle fasce basse. Le borse di studio non sono sufficienti per pagare la retta universitaria né i libri, che hanno anch’essi subito un innalzamento drastico dei prezzi. Le conseguenze infatti sono che le borse di studio non possono accontentare tutti i richiedenti, che quindi sono costretti a rivolgersi al libero mercato di concorrenza e speculazione.
Le proteste di piazza più incandescenti si sono infatti viste a Roma, all’università La Sapienza, proprio per il numero degli studenti che l’intero ateneo ospita e per i pochi posti alloggio che, in relazione, offre. L’intera mobilitazione ha infatti visto un allestimento di grandi tendopoli, dentro e fuori la città universitaria. Molti sono state le persone che si sono unite alla protesta, alcune vittime dell’emergenza fuorisede ma anche solidali. La mobilitazione si è divisa tra associazioni diverse ma le mozioni e le proteste erano le medesime. Si sono creati così molti spazi di aggregazione sociale e dibattito che hanno portato ad una maggiore coscienza della discriminazione economica e di classe. L’intera mobilitazione è riuscita a influenzare per giorni le testate dei quotidiani nazionali e i social media, accrescendo l’informazione e la sensibilità anche nei confronti di chi questo disagio non lo ha mai vissuto.
Il dato economico: l’inflazione galoppante e le sue conseguenze
L’emergenza fuorisede è una realtà sempre più tangibile sopratutto perché la crisi inflazionistica è galoppante e il potere d’acquisto per ogni famiglia è in forte decrescita. Dai dati economici infatti, l’Italia sarà il paese con il PIL più basso in tutta la zona Euro. Come in un circolo vizioso, tutto questo è esasperato dai privati e del loro interesse di guadagno che hanno il solo ruolo di affossare il diritto allo studio e l’insegnamento pubblico, come sta accadendo anche nel settore sanitario. Questa lotta è infatti anche contro la turistificazione delle città e le molte piattaforme di affitto alloggi, come Airbnb, che aumentano vertiginosamente i costi degli appartamenti per brevi lassi di tempo.
Secondo i dati Istat, 2,5 milioni tra persone e nuclei familiari spende circa il 40% del proprio reddito nel pagamento di un appartamento in affitto. La casa e l’abitare, uno dei diritti fondamentali per la dignità umana, è quindi il principale segno di disparità economica e sociale nella popolazione italiana del 2023. Da un punto di vista economico, la domanda per un affitto cresce sempre di più, ma la curva dell’offerta non è adeguatamente soddisfacente. Di conseguenza, sul mercato ci sono poche offerte e molto care. Le città più costose, come già affermato dal report dell’Udu, sono Milano e Roma. In queste due città in particolare, l’affitto può variare dai 500 euro mensili nelle periferie ai 1.000 nei quartieri centrali.
L’ultimo report sul diritto allo studio, pubblicato nell’aprile 2023, registra 40mila posti letto all’interno di residenze o studentati delle università o degli enti affiliati. Questo dato corrisponde a circa il 5% dell’intera domanda. È quindi evidente come ci sia un totale disinteresse nei confronti dell’emergenza abitativa. I grandi studentati delle metropoli sono non agibili o inutilizzati e molti alloggi sono destinati alle sole scuole di eccellenza. Gli studenti non borsisti o non meritevoli sono quindi condannati a vivere in stanza di appena 10 mq, con contratti non regolari o in nero. La precarietà di questa situazione può costringere molti studenti a lavorare per garantirsi le spese di tutti i giorni. Nel peggiore dei casi, li porta ad abbandonare lo studio e dedicarsi alla piena attività lavorativa.
La condanna dell’emergenza fuorisede: una paurosa prospettiva del prossimo futuro
Le proteste si sono dilungate molto nel corso di questi mesi e, in seguito alle assemblee, l’analisi che è emersa è che l’emergenza fuorisede si è trasformata in un problema sistemico di stampo classista, che colpisce le fasce più basse della popolazione. Il diritto alla casa è la condizione necessaria per garantire il diritto allo studio. Oggi è quindi in forte pericolo visto che gli studenti, invece di studiare, sono obbligati a lavorare per pagare l’affitto e il sostentamento. La richiesta, sempre più forte, è quella di avere un intervento da parte dello Stato in maniera assistenziale che garantisca il finanziamento allo studio e all’abitare.
Il prossimo 30 ottobre l’Udu sarà ai tavoli del MUR. Questa è una tappa molto importante anche in vista della prossima legge di bilancio, la seconda di questa legislatura. L’organizzazione chiederà uno stanziamento di 100 milioni di euro per borse di studio per tutti gli studenti fuorisede e un aumento delle sovvenzioni economiche anche agli studenti in sede di fascia bassa. In tutti questi mesi, la risposta delle Istituzioni è sempre stata quella di una futura mobilitazione. Come la Ministra dell’Università, anche il Sindaco di Roma Roberto Gualtieri si è espresso sui prossimi progetti. Ma è ancora tutto ignoto e molto vago: per il momento c’è solo il tavolo del 30 ottobre e nessuna certezza in mano.
La mobilitazione delle tende ha lanciato un grande segnale nelle grandi città italiane. Ha sottolineato che i bisogni di quest’ultima generazione vengono costantemente ignorati. Avere uno spazio di intimità, riposo, calore e un luogo in cui studiare è essenziale per l’essere umano e quando manca, disincentiva qualsiasi aspirazione di vita. Intanto però il disagio continua a dilagare e l’emergenza fuorisede diventa sempre di più una normalità sociale.
Il diritto allo studio … una chimera come tanti altri diritti negati di questa società. Vivere nelle “periferie” del Paese, pur contribuendo ai costi dello Stato cosi’ come tutti gli altri cittadini, è sempre un handicap, sia di vita che economico. Quest’ultimo aspetto rende sempre piu’ ampio il divario tra chi può e chi non può ….. e nello specifico rappresenta una ingiusta negazione del diritto allo studio e al miglioramento della propria condizione sociale.
L’articolo espone compiutamente lo stato dell’arte e la misura dell’attenzione che la politica rivolge al problema.
Bene parlarne, ed esporre i dettagli e i dati di questa carenza ingiustificabile che lascia indifferente il “potere”.
Un tema caduto già nel dimenticatoio di una politica troppo “presa” da altri “interessi”, i soliti. Negare ai giovani, perché di questo si tratta, il diritto allo studio è una scelta scellerata e imperdonabile.
Quanto potenziale umano resta fuori dalla possibilità di contribuire al miglioramento della società ? A quanti giovani viene di fatto preclusa la possibilità di contribuire alla crescita sociale ed economica del proprio Paese ?
Il tema ha fatto rumore soko per un breve periodo … divenendo argomento di mera speculazione politica. Questo articolo lo riporta alla ribalta e all’attenzione delle nostre coscienze.
Analisi puntuale e corretta ma lo Stato quale soluzione concreta ipotizza? Perché non acquista o prende in carico gli immobili delle società (IACP, alloggi ex Ferrovie, Poste, Ministeri vari. Demanio etc) e li destina agli studenti effettivamente in difficoltà economica e meritevoli di aiuto per i risultati che conseguono negli studi ? Argomento da continuare ad approfondire come nell’articolo pubblicato