15 agosto 2021, i Talebani tornano al potere in Afghanistan tramite colpo di stato, il presidente Ashraf Ghani fugge negli Emirati Arabi Uniti “per evitare un bagno di sangue” e Kabul ormai è sotto il loro totale controllo. Essi mirano alla costituzione di un Emirato fondato sul fondamentalismo islamico di stampo sunnita e sulla rigorosa applicazione della sharia, non c’è spazio per diritti umani o libertà, attualmente vigono la repressione, l’autoritarismo e la violenza.
Il regime talebano, attraverso i suoi drastici provvedimenti, è in violazione di numerosi Trattati ratificati dall’Afghanistan, tra cui la Convenzione sull’eliminazione di ogni forma di discriminazione della donna (CEDAW) firmata senza clausole il 5 marzo del 2003.
Negli ultimi mesi, alle donne afghane è stata preclusa l’istruzione dai 12 anni in su dando vita alla proliferazione di scuole clandestine e contribuendo a fenomeni come matrimoni minorili forzati, la libera circolazione per le strade senza la compagnia di un uomo ed inoltre, la possibilità di lavorare nelle ONG, riducendo esponenzialmente la forza-lavoro del Paese, di cui le donne rappresentano una porzione fondamentale, soprattutto per il settore sanitario.
Le autorità de facto non hanno rispettato le promesse dei mesi passati.
L’ultima Risoluzione del Consiglio di Sicurezza sulla situazione afghana risale al 17 marzo 2022 in cui viene ribadito l’impegno per la causa, la persistenza di controlli e progetti di monitoraggio sulle persistenti violazioni di diritti umani.
Le Nazioni Unite, apparentemente passive, fanno leva sull’azione dell’UNAMA, la Missione di Assistenza speciale in Afghanistan. Istituita il 28 marzo del 2002 con la risoluzione 1401, ha sede a Kabul e mira a promuovere dialogo e stabilità, supervisionare la trasparenza dei processi elettorali, fornire beni primari e ridurre la produzione di oppio, il cui ricavato viene sfruttato dai Talebani per l’acquisto di armi ed esplosivi.
La missione di assistenza speciale e i delegati delle Nazioni Unite hanno per mesi tentato di elaborare svariate strategie di peacekeeping con il governo talebano, ordinando anche l’abrogazione di divieti particolarmente restrittivi, ponendo in luce le potenziali conseguenze sul piano economico per un paese ormai dilaniato dalla crisi economica e umanitaria.
Il rischio di un isolamento internazionale è elevato e i progressi positivi registrati dall’UNAMA sono deboli. L’ONU in questi mesi si è impegnata nel fornire assistenza a più di 28 milioni di persone; tuttavia, questi aiuti umanitari non sono in grado di incontrare le esigenze del popolo afghano a lungo termine, soprattutto per la mancanza di fondi. L’UNAMA è classificata come “missione politica speciale”, il che significa che il suo finanziamento proviene dal normale bilancio delle Nazioni Unite, che gli Stati Uniti finanziano per un totale del 22%. L’ONU ha chiesto 4,4 miliardi di dollari per supportare il piano di risposta umanitaria globale per l’Afghanistan nel 2022 e finora ha ricevuto solo il 41% dei fondi.
Da quando ha preso il controllo di Kabul, l’Emirato autoproclamato dei talebani non è stato riconosciuto da nessuno Stato. Allo stesso tempo, anche la comunità internazionale non vuole vedere il paese crollare. Il futuro dell’Afghanistan è incerto, ma la frammentazione, l’isolamento, la povertà e il conflitto interno rappresentano gli scenari più probabili, portando a potenziali migrazioni di massa e un ambiente interno favorevole alle organizzazioni terroristiche.