Difendersi di Elsa Dorlin fa riflettere. Chi si lamenta dal divano, e chi lotta per la libertà

Indifesi e indifendibili, oppressi, dimenticati.  Sono loro i protagonisti del libro “Difendersi” di Elsa Dorlin, edito da Fandango Editore. Una vera e propria genealogia e storia dell’autodifesa. 




Non vi mentirò…nell’aprire la prima pagina di questo volume ho fatto fatica. Mi sono chiesta: “Ho davvero voglia di leggere un libro così impegnato ed impegnativo in un periodo così pesante dove si avrebbe solo voglia di svago e leggerezza?” . 300 pagine dopo, la risposta è assolutamente sì. Ora più che mai. Ecco perchè…

Esigenza di difendersi

“Una linea di demarcazione storica oppone i corpi “degni di essere difesi” da coloro che, disarmati o resi indifendibili, rimangono esposti alla violenza del potere dominante”

Proprio da questa riflessione parte il lungo racconto di Elsa Dorlin, che in un lungo viaggio tra i secoli iniziato con schiavi e conquistatori in epoca coloniale –  continuato tra suffragette e ghetto di Varsavia, passando per Black Panther e Brigate Queer per finire con i movimenti di reazione contemporanei – pone l’attenzione sulla nascita spontanea di un’autodifesa, spesso violenta, come unico mezzo nelle mani delle minoranze più tormentate e calpestate per contrastare i soprusi del potere e i privilegi dei pochi e riconquistare una libertà per secoli negata.

Difendersi per non soccombere
Elsa Dorlin è una filosofa francese, Professoressa dell’Università di Parigi. Non viene difficile crederlo leggendo “Se défendre : une philosophie de la violence” (questo il titolo originale).  La sua professione ha un ruolo predominante nella stesura di questa analisi, che oltre ad offrire una esaustiva e precisa disamina cronologica di fatti, protagonisti e contesto storico delle diverse vicende raccontate.
Anche grazie alle illuminanti note alla fine di ogni capitolo a beneficio di chi come me conosceva solo superficialmente l’argomento.
Più che sui fatti, lo studio però si concentra soprattutto sulla componente psicologica e sui meccanismi che hanno spinto a creare l’autodifesa in tutte le sue varianti. Niente viene risparmiato, in un racconto che non ha paura di diventare crudo e scomodo e  non nascondere una pur difficile verità.
Da leggere perché…

Non capita spesso di mettersi dalla parte del più debole.  Non capita spesso di conoscere e approfondire. Le vicende degli ultimi spesso sembrano così lontane per tempo e spazio, eppure sono così vicine. Leggere questo libro aiuta, oltre che a vedere sotto un aspetto diverso questi movimenti e atteggiamenti di reazione, a ricordarsi che al mondo c’è sempre qualcuno che soffre e che troppo spesso viene ignorato. Con le dovute differenze, farlo in questo momento in cui a soffrire è anche chi è abituato ad un ruolo di primo piano aiuta a capire ancora di più la nostra fortuna.

C’è chi a combattere la propria guerra si è trovato solo, senza mezzi, abbandonato, con lo spirito di sopravvivenza come unica arma, senza alternative. Con il rischio di farlo nel modo sbagliato, senza una guida. E chi invece si lamenta di dover combattere una battaglia dalla comodità delle proprie case, tutti insieme, con il supporto della comunità globale.

Beatrice Canzedda

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