Elisabetta Sirani: la pittrice di Bologna e la sua “scuola delle donne”

Elisabetta Sirani

Elisabetta Sirani è un nome da poco diventato noto nel panorama artistico: questo nome apparentemente nuovo è da associare, però, ad uno dei più grandi talenti del Barocco italiano. Ci riferiamo ad una pittrice dalla velocità sorprendente e dal talento innegabile. Elisabetta ha saputo trarre dagli insegnamenti del riferimento Guido Reni una sua visione artistica autonoma e riconiscibilissima.

Inoltre, è con Elisabetta Sirani nasce a Bologna la prima bottega pittorica tutta al femminile: una realtà, bolognese, decisamente innovativa.

Chi era Elisabetta Sirani?





Primogenita del pittore Giovanni Andrea Sirani, assistente del grande Guido Reni, Elisabetta ebbe un talento riconosciblissimo sin da ragazzina. I suoi primi ritratti sono datati ai suoi diciassette anni, ma Elisabetta sperimenta anche con le incisioni, come quelle ad acquaforte. I lavori a lei attribuiti oggi sono ben duecento, per soli dieci, intensi, anni di attività. Lei stessa li documenta nel suo diario di lavoro, “Note delle pitture fatto da me Elisabetta Sirani”. Di questi duecento lavori, novanta erano stati prodotti prima dei suoi diciassette anni!

Ciò che la distingueva dagli altri pittori non era solo il suo essere una donna – seppur quello non mancò di darle una certa difficoltà, al punto tale da dover dipingere in pubblico per dimostrare di essere lei l’autrice dei suoi quadri.  La sua arte divenne ben nota nell’alta società di allora, dai Medici alla duchessa di Baviera.
La sua particolarità era però nella nascita dei quadri: cominciava con un bozzetto velocissimo, cui aggiungeva dell’acquerello. Questa tecnica, conosciuta come spezzatura, le permetteva di delineare in poco tempo le caratteristiche principali di un quadro.

Il genere che più le appartenne su quello dei quadri da stanza, in cui le figure femminili sono avanti coi tempi, indipendenti e forti. Celebri sono le sue rappresentazioni di Cleopatra, Porcia, Giuditta e Circe. Meravigliosi anche i suoi ritratti e le sue Madonne, che dimostravano una grande capacità di adattamento a generi e iconografie diverse.
La stessa Elisabetta fu, per via della sua tecnica innovativa, definita mascolina. Il talento e la creatività, però, erano tutte femminili e per questo viste come ancora più incredibili.

La scuola delle donne

Quando suo padre si ammala di gotta, è lei a prendere le redini della bottega paterna: decide, però, di avvalersi di sole collaboratrici donne. Quando il padre le passa il controllo dell’attività di famiglia, Elisabetta ha solo ventiquattro anni. La giovane è determinata a formare una generazione di pittrici autonome e talentuose.

All’epoca, infatti, era difficile per una donna entrare nel mondo dell’arte. Le donne che ci erano riuscite erano state, spesso, protette da padri già famosi, come Marietta Robusti, ovvero la figlia del Tintoretto, o la famosa Artemisia Gentileschi, figlia dell’altrettanto noto Orazio. Creare una bottega, un luogo di formazione e di lavoro, tutto al femminile, era incredibile e quella di Elisabetta Sirani ne è il primo esempio in campo pittorico.

Elisabetta non si sposò mai. Anche le sue sorelle, Barbara e Anna Maria, entrarono nella sua bottega. Tutte coloro che vi entravano, poi continuavano la loro carriera artistica a livello lavorativo, o come pittrici o nel campo dell’incisione.

Una morte avvolta nel mistero

Elisabetta morì giovanissima il 28 agosto 1665. Il padre accusò una domestica, Lucia Tolomelli, di averla avvelenata. Lo stesso padre, assieme ad una delle allieve, Ginevra Cantofoli, fu accusato di averla uccisa, il primo per rivalità e la seconda per gelosia amorosa. Aveva solo ventisette anni. La causa ufficiale di morte fu un’ulcera perforante.



Durante il suo funerale, solenne come mai prima d’ora per un’artista donna, il Conte Carlo Cesare Malvasia, colui che la incoraggiò una vita intera nell’ambito artistico, la definì la “Pittrice Eroina” di Bologna. Oggi riposa nella Chiesa di San Domenico a Bologna: accanto all’adorato Guido Reni, punto di riferimento della sua attività.

In suo onore, nel 1994 le è stato dedicato un cratere sul pianeta Venere: il pianeta femminile per eccellenza. Ha finalmente il suo posto fra le stelle.

Giulia Terralavoro

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