Il 4 gennaio 1965 moriva, a Londra, il famoso poeta modernista Thomas Stearns Eliot.
Nacque nel 1888 a Saint Louis (Missouri) da una famiglia borghese. A partire dall’ottobre 1906 studiò alla Harvard University, dove si appassionò alla letteratura europea e imparò l’italiano leggendo Dante (a cui più tardi dedicherà un saggio, divenuto uno dei più famosi). Nel 1910 andò a Parigi, dove entrò in contatto con il simbolismo francese; nel 1917, trasferitosi a Londra, cominciò a lavorare come impiegato e, contestualmente, a pubblicare le prime poesie.
Nel 1918 si unì in matrimonio a Vivienne Haigh-Wood, una ballerina mentalmente instabile, e dopo essere diventato direttore della casa editrice Faber and Gwyer dovette sottoporsi a una cura psicologica presso una clinica svizzera. Qui terminò la sua opera più famosa, La terra desolata, che pubblicò nel 1922. Cinque anni più tardi Eliot ottenne la cittadinanza britannica e si convertì all’anglicanesimo; ciò influì molto sulla sua produzione letteraria, che da quel momento fu incentrata maggiormente su temi religiosi ed ebbe toni più ottimisti rispetto al passato.
Nel 1948 vinse il Premio Nobel per la letteratura “Per il suo eccezionale e pionieristico contributo alla poesia contemporanea” e nel 1957 si risposò in seguito alla morte della prima moglie, avvenuta dieci anni prima.
Eliot appartenne al movimento modernista, che si sviluppò fra il 1912 e il 1945 e di cui fecero parte celebri autori come Virginia Woolf, Ezra Pound (a cui è dedicato il poemetto La terra desolata) e James Joyce. In genere, la sua opera viene suddivisa in due fasi: la prima, più pessimista, è rappresentata dalle poesie contenute nella raccolta Prufrock e altre osservazioni (1917) e dai poemi La terra desolata e Gli uomini vuoti (1925):
Dopo la luce rossa delle torce su volti sudati
Dopo il silenzio gelido nei giardini
Dopo l’angoscia in luoghi petrosi
Le grida e i pianti
La prigione e il palazzo e il suono riecheggiato
Del tuono a primavera su monti lontani
Colui che era vivo ora è morto
Noi che eravamo vivi ora stiamo morendo
Con un po’ di pazienza
[La terra desolata, vv. 322-330, sezione V].
La seconda fase, identificata da toni più speranzosi e decisamente religiosi, ha inizio con la pubblicazione del poema Il viaggio dei Magi (1927, anno della conversione all’anglicanesimo) e continua
con il poema Mercoledì delle ceneri (1929), la raccolta Quattro quartetti (1936-1942) e il dramma Assassinio nella cattedrale (1935):
E prego Dio che abbia pietà di noi
E prego di poter dimenticare
Queste cose che troppo
Discuto con me stesso e troppo spiego
Poi che non spero più di ritornare
Queste parole possano rispondere
Di ciò che è fatto e non si farà più
Verso di noi il giudizio non sia troppo severo
[Mercoledì delle ceneri, vv. 28-35, sezione I].
T. S. Eliot è stato un lucido interprete della sua epoca. Prima di convertirsi, la sua poesia rifletteva un mondo in cui la crisi dei valori tradizionali non era seguita da nessuna certezza, un mondo di “uomini vuoti” ben rappresentato ne La terra desolata tramite una simbologia di aridità e abbandono. In seguito alla conversione si sposta verso una poesia che è un insieme di sentimento e intelletto, sull’esempio dei poeti metafisici e del simbolismo universale di Dante.
Attraverso la sua poesia, Eliot ha cercato di dominare il senso di catastrofe scaturito dalle due guerre che ha vissuto e che lo hanno paralizzato; si è accorto di quanto le ferite lasciate dai conflitti avessero svuotato di significato sia il mondo che la vita degli uomini e si è impegnato a cicatrizzarle cercando una via d’uscita nell’arte. Un metodo sicuramente ancora efficace per affrontare i tempi bui che stiamo affrontando nell’epoca attuale.
Francesca Fiacco