Nelle elezioni presidenziali russe, come era ampiamente prevedibile, Vladimir Putin ha ottenuto un successo su tutta la linea: l’affluenza è stata più elevata rispetto alle ultime elezioni e la maggioranza ottenuta alle urne è schiacciante. Tuttavia, numerose critiche sono state mosse nei confronti del presidente russo, accusato da vari paesi occidentali e oppositori interni di aver indetto elezioni tutto fuorché libere.
Le elezioni presidenziali russe
Come ampiamente anticipato dagli analisti, Vladimir Putin ha vinto le elezioni presidenziali russe senza alcuna difficoltà ottenendo oltre l’87% dei consensi, la maggioranza più schiacciante mai registrata nella Russia post-sovietica. Non solo: l’affluenza, che alla chiusura delle urne si è attestata sul 74.22% degli oltre 110 milioni di aventi diritto, è stata nettamente più elevata rispetto alle elezioni del 2018, nelle quali il 67.5% degli elettori aveva esercitato il diritto di voto.
Quello che è andato in scena in Russia, dunque, è stato un vero e proprio plebiscito che sembra confermare il supporto della popolazione nei confronti del presidente russo, al potere dal 1999. Vladimir Putin governerà la Federazione Russa per altri sei anni, e, secondo la costituzione modificata ad hoc dallo stesso presidente, avrà la possibilità di candidarsi anche alle elezioni del 2030 e ottenere un sesto mandato.
Tuttavia, anche se all’apparenza le elezioni presidenziali russe hanno dimostrato un ampio gradimento da parte della popolazione nei confronti dell’operato del presidente, numerosi fattori gettano un’ombra sinistra sulla credibilità dei risultati delle elezioni che si sono tenute tra il 15 e il 17 di marzo, e da più parti sono piovute aspre critiche nei confronti di Vladimir Putin.
La fragilità dell’opposizione
Uno dei principali fattori che mette in dubbio la legittimità delle elezioni presidenziali russe è costituito dalla scarsa combattività messa in mostra dai candidati che hanno conteso il mandato presidenziale a Putin. Infatti, gli altri tre pretendenti al titolo di presidente della Federazione Russa non hanno mai osato criticare apertamente Vladimir Putin e non si sono fatti portatori di idee in contrasto con la politica promossa dal Cremlino.
L’inconsistenza dell’opposizione a Putin ha infatti dato adito a numerose critiche e dubbi sulla credibilità delle elezioni: gli tre candidati sono parsi un mero mezzo volto a conferire una parvenza di democraticità al processo elettorale che ha avuto luogo. Come previsto, infatti, quello che tra essi ha ottenuto il risultato più brillante, il comunista Nikolai Kharitonov, ha superato a malapena la soglia del 4% dei consensi.
Chi si è concretamente opposto alla politica di Putin e ha presentato un programma alternativo a quello portato avanti dal Cremlino negli ultimi anni, per una ragione o per l’altra, è stato estromesso dal processo elettorale. Il più strenuo oppositore di Putin, Aleksei Navalny, ha recentemente perso la vita in carcere in circostanze mai del tutto chiarite, mentre a Boris Nadezhdin e Yekaterina Duntsova, contrari alla guerra in Ucraina, è stato impedito di candidarsi alle elezioni presidenziali russe.
Il clima di tensione
In aggiunta, le elezioni presidenziali russe si sono svolte in un clima di estrema tensione. La guerra con l’Ucraina prosegue, e sta assumendo caratteri sempre più distruttivi. Proprio venerdì 15 marzo, primo giorno di elezioni, un attacco missilistico su Odessa operato dalla Russia ha causato decine di vittime e feriti, mentre l’esercito ucraino si è recentemente reso protagonista di attacchi contro le regioni russe di confine di Samara, Belgorod e Kursk.
Non solo: pochi giorni prima dell’apertura dei seggi, Leonid Volkov, collaboratore del defunto Navalny e strenuo oppositore di Putin, è stato aggredito e colpito ripetutamente con un martello a Vilnius, in Lituania. Anche se la Russia ha rifiutato di commentare l’accaduto, il governo lituano ha accusato Putin di essere il mandante di questo attacco consumatosi nei confronti di un suo oppositore politico.
Inoltre, sono stati frequenti gli episodi di vandalismo verificatisi ai seggi, accompagnati da numerosi arresti. L’episodio più eclatante è quello che ha visto protagonista la giovane studentessa Alexandra Karasyova, arrestata con l’accusa di aver scagliato una molotov contro un seggio elettorale nella città di San Pietroburgo, e di aver dunque interferito con il processo elettorale.
Gli arresti ai seggi sono poi notevolmente aumentati durante l’ultimo giorno di elezioni presidenziali russe, il 17 marzo, come conseguenza della concretizzazione dell’appello lanciato da Yulia Navalnaya e dei disordini creatisi nell’ambito dell’iniziativa ‘Mezzogiorno contro Putin’. Migliaia di persone hanno preso parte alle proteste andate in scena a mezzogiorno, e oltre 70 di esse sono state arrestate dalle forze dell’ordine russe.
Le critiche alla credibilità delle elezioni presidenziali russe
Numerosi leader di paesi occidentali hanno commentato aspramente i risultati delle elezioni presidenziali russe, contestandone la credibilità. Primo fra tutti, Volodymyr Zelensky ha definito Putin un uomo assetato di potere e il voto andato in scena privo di qualsivoglia legittimità. Non sono tardati ad arrivare commenti simili da parte di Stati Uniti, Gran Bretagna, Polonia e del ministro degli Esteri italiano Antonio Tajani, che hanno messo in dubbio la libertà e la legittimità delle elezioni russe. La Cina si è invece congratulata con Putin per la vittoria, ribadendo l’importanza del partenariato strategico che la lega alla Russia.
Vladimir Putin, alla chiusura dei seggi, ha esultato e si è detto entusiasta del risultato delle elezioni presidenziali russe, che, secondo il suo punto di vista, hanno confermato il totale supporto dei cittadini nei confronti delle politiche portate avanti dal Cremlino. Secondo il presidente russo, la solidità e la coesione del fronte interno sono infatti determinanti in quanto arma necessaria per affrontare i nemici della Russia.
Tuttavia, pur essendo la credibilità delle elezioni presidenziali russe fortemente inficiata dai fattori esposti nel corso di questo articolo, il mondo occidentale deve fare i conti con il fatto che la Federazione Russa sarà guidata per almeno altri sei anni da Putin e deve elaborare le strategie più adatte per aprire un dialogo con il presidente russo al fine di evitare l’escalation di una situazione al momento estremamente tesa. Proprio in occasione della vittoria riportata domenica, infatti, Putin ha dichiarato che un conflitto con la Nato porterebbe il mondo sull’orlo di una terza guerra mondiale.