Elezioni e referendum – Moldavia tra Europa e Russia
Domenica 20 ottobre i cittadini moldavi sono chiamati a decidere sul futuro del paese. Gli elettori si recheranno alle urne per eleggere il nuovo presidente ed esprimere la propria opinione sul destino europeo della nazione tramite un referendum. In un momento spartiacque per la storia recente della Moldavia, l’esito delle elezioni e del referendum determinerà la traiettoria del paese in Europa negli anni a venire.
L’attuale Presidente Sandu, alla ricerca del secondo mandato presidenziale, risulta essere in netto vantaggio sugli altri dieci candidati con circa il 36% delle preferenze, secondo gli ultimi sondaggi. Nonostante il consenso piuttosto ampio, rimane comunque al di sotto della metà delle preferenze necessarie per essere eletti al primo turno e pertanto, a meno di soprese, si andrà al secondo round, previsto il 3 novembre.
Separatamente al voto per l’elezione del presidente, gli elettori dovranno rispondere “sì” o “no” al referendum per modificare la Costituzione e inserire l’adesione all’Unione Europea come obiettivo strategico del paese. È necessaria la maggioranza dei voti favorevoli e, per essere considerato valido, la partecipazione di almeno un terzo degli elettori. Secondo i sondaggi, il 63% dei cittadini voterà per il “sì”.
I candidati principali
La Presidente Maia Sandu è l’architetto del percorso europeo della Moldavia. È stata eletta la prima volta nel 2020 con il Partito di Azione e Solidarietà, di stampo liberale ed europeista. Ottenuta la maggioranza nel Parlamento moldavo l’anno seguente, ciò ha permesso alla Sandu di intraprendere con fermezza il percorso di integrazione europea, facendone il perno della sua campagna elettorale.
Tra i principali oppositori, soprattutto in vista di un eventuale secondo turno, figura l’ex Procuratore generale Alexander Stoianoglo. Rimosso dal suo incarico dalla stessa Sandu con l’accusa di aver implementato con scarso successo le politiche volte a combattere la corruzione pervasiva del paese, è forte dell’appoggio del Partito Socialista moldavo, sostenuto da Mosca. I sondaggi lo danno al 10%, complice l’accusa di corruzione e abuso di ufficio. Si è dichiarato a favore dell’entrata del paese nell’Unione Europea ma la sua posizione sul referendum rimane ambigua.
L’altro candidato che si giocherà le proprie possibilità nella corsa presidenziale è Renato Usatii di Nostro Partito, ex sindaco della città di Balti. Classificatosi terzo alle elezioni precedenti, si fa campione di una politica di equidistanza tra Europa e Russia. Il suo consenso si aggira intorno al 7.5%, minato soprattutto dai rapporti con Mosca e i suoi oligarchi.
Moldavia al voto tra ingerenza russa e questione separatista
Dalla dissoluzione dell’Unione Sovietica, lo spettro del Cremlino non ha smesso di incombere sopra la Moldavia dove, negli ultimi trenta anni, si sono alternati governi europeisti e filorussi. Se questi hanno generalmente tentato di mantenere una posizione neutrale tra Bruxelles e Mosca, l’elezione di Sandu nel 2020 ha comportato una netta rottura con l’atteggiamento della politica moldava degli ultimi tre decenni.
L’invasione dell’Ucraina è coincisa con un ulteriore drastico deterioramento nei rapporti tra Moldavia e Russia. Chisinau è diventata bersaglio delle operazioni ibride del Cremlino e negli ultimi anni si è assistito ad un aumento dell’ingerenza russa nel paese. La macchina di propaganda del Cremlino si è messa in moto e ha fatto principalmente leva sulla paura della guerra, promuovendo la narrativa secondo cui le politiche europeiste del governo stanno spingendo la Moldavia verso un conflitto con la Russia.
Oltre ad attività malevoli più discrete, tra gli strumenti principali del Cremlino per intromettersi negli affari interni del paese, sono figurati finanziamenti agli esponenti dell’opposizione moldava contrari alle politiche della Sandu. Tra i personaggi più noti nel panorama politico che diffondono la visione di Mosca vi è il controverso uomo d’affari Ilhan Shor, ritenuto da molti in patria il burattino principale della collezione moldava del Cremlino.
Accusato di aver tentato di organizzare un colpo di stato, è fuggito dal paese trovando riparo a Mosca. In assenza, è stato condannato a 15 anni di carcere per il suo coinvolgimento nella scomparsa di 1 miliardo di euro dal sistema bancario del paese. Una volta in Russia, ha fondato un movimento per influenzare le politiche del governo centrale, con un certo successo.
La Moldavia ha dovuto, inoltre, fare i conti con la questione separatista nel paese. Da una parte, i tradizionali contrasti con la regione russofona della Transnistria. Questi, si sono intensificati in seguito all’adozione di politiche da parte del governo centrale criticate aspramente dalla leadership di Tiraspol, tra cui l’introduzione di dazi doganali. Dall’altra, la Gagauzia, altra regione russofona abitata da una minoranza di etnia turca, la quale è divenuta nell’ultimo anno un’ulteriore fonte di preoccupazione per Chisinau. Grazie all’appoggio di Ilhan Shor, Yevgenia Gutsul, sconosciuta ai più fino all’anno scorso, ha ottenuto la vittoria alle elezioni di governatore regionale, scuotendo la scena politica del paese.
Così come la Transnistria, anche la Gagauzia ha costituito terreno fertile per la propaganda russa e tanto la leadership quanto i cittadini rimangono scettici nei confronti dell’integrazione nell’Unione europea.
Moldavia nell’UE nel 2030: tra questioni territoriali e impegni presi
La Presidente Sandu ha dichiarato che l’obiettivo è entrare a far parte dell’UE nel 2030. Il paese ha ottenuto lo status di candidato nel 2022 e, nel dicembre 2023, il Consiglio Europeo ha annunciato la decisione di iniziare formalmente i negoziati per l’adesione. A giugno di quest’anno, il primo round di trattative ha avuto luogo. Le elezioni e il referendum di domani rappresentano di fatto il primo banco di prova della Moldavia e un esito positivo costituirebbe un segnale forte tanto per Bruxelles che Mosca.
Le ambizioni europee di Chisinau dipenderanno, però, soprattutto dalla capacità del governo centrale di risolvere le questioni indipendentiste in Transnistria e Gagauzia, e di rispettare gli impegni presi con l’Unione. L’integrità territoriale e l’assenza di conflitti entro i propri confini sono condizioni obbligatorie per diventare uno Stato membro. Chisinau dovrà inoltre necessariamente portare avanti le riforme economiche concordate con le istituzioni UE e porre fine alla corruzione dilagante nel paese.
La vittoria di Maia Sandu alle imminenti elezioni, unitamente ad un esito positivo del referendum, potrebbe rappresentare il primo cruciale passo per concretizzare le ambizioni europee della Moldavia. Una sconfitta, al contrario, potrebbe invece minare la legittimità delle istanze europeiste e deragliare il percorso del paese verso l’Europa, lasciando spazio alle forze filorusse di riportare il paese nell’orbita del Cremlino.