In politica, il distante o l’opposto di pensieri è un nemico da abbattere; un avversario da confliggere con l’indifferente espressione di buoni contegni e cattivi propositi.
Triste ammetterlo, ma per sopravvivere, competere o spuntarla, anche in questo contesto, s’ha da fare la lotta. È un vizio generato dalla colpa del complesso, dalla cultura dell’essere umano, il quale si intrattiene più nel seguito delle manifestazioni di contrarietà volgari, che nell’ammirazione di condotte giuste e ponderate.
Così, programmi d’azione, volontà teoriche e ideologie, i soli elementi che dovrebbero essere composizione di una campagna elettorale, assumono l’importanza dei margini. Quindi si regredisce all’inciviltà e si predilige l’offesa alla veridicità di un giudizio.
In tale quadro, è facile immaginarlo, la maggiore vittima dei vituperi è la personalità più nota e discussa. Nella fattispecie dell’Italia attuale, indubbiamente, Giorgia Meloni.
Politica, l’odio come dissenso per Giorgia Meloni
Lodi ai compagni di coalizione (senza esagerare) e a quelli di partito (esagerando); disprezzo, oltre la critica soggettiva, verso i nemici di fazione tutti, con prodigalità specifica per dei circoli di nomi. Un modus operandi che tutti condividono, ma alcuni, per il caso, elevano a misure eccessive.
Rimanendo sopra le parti ci chiediamo: È legittimo insultare gravemente una donna perché non se ne condivide il progetto politico? Risposta: Per niente.
E potrebbe essere crimine di tutti, o di nessuno; la responsabilità dei fatti è quasi impersonale. Se al posto di Meloni ci fosse stato Calenda, Salvini, Berlusconi o Letta: Calenda, Salvini, Berlusconi o Letta avrebbe subito gli stessi disonori. È una questione di esposizione, di sopraelevazione e di poco altro.
Allarme per la leader: “Deve accettare la scorta”
“giorgia meloni muori giorgia meloni crepa giorgia meloni infame sparate a giorgia meloni…” messaggi mal scritti come questo se ne trovano a bizzeffe sui social; gli autori sono sempre agguerriti o agguerritissimi hater, da considerarsi mai assennati, mai innocui.
Avvertimenti del genere, infatti, contribuiscono a peggiorare le ipotesi del pericolo e dell’insicurezza costante. Il rischio che qualche esagitato possa passare dalle parole ai fatti è presente, e a detta di qualche consigliere non è per niente sorvolabile.
Potito Perruggini, presidente dell’Osservatorio nazionale per la verità storica “Anni di Piombo”, è il suddetto consigliere che, tramite Libero, ha dichiarato: “Se si tratta di una decisione personale di Giorgia Meloni io la rispetto. Ma alla luce delle esperienze storiche che molti di noi hanno ancora presenti, per quanto concerne un leader della politica che fra un mese potrebbe diventare premier, credo che una misura di cautela sia necessaria.” poi aggiungendo: “la sicurezza è fatta di prevenzione, non di pianti postumi. È vero che non siamo più negli Anni di piombo, ma con il rischio di una guerra nucleare alle porte e il clima sociale in cui ci troviamo non possiamo permetterci il lusso di sottovalutare nulla”.
Gabriele Nostro