Molti media internazionali le considerano come un vero e proprio terremoto politico per il paese e non senza qualche ragione. Le elezioni in Senegal hanno infatti visto trionfare Bassirou Diomaye Faye, il principale candidato di opposizione, che ha superato, già al primo turno, Amadou Ba, ex primo ministro e candidato dell’attuale partito di governo.
Le elezioni presidenziali si sono tenute domenica 24 marzo in un clima piuttosto pacifico, le persone registrate per votare sono state circa 7,3 milioni sui 18 complessivi e il risultato è stato clamoroso per una serie di motivi. Soprattutto per il fatto che conclude i 12 anni di governo di Macky Sall, che porta al potere il più giovane capo dello stato senegalese, soli 44 anni, e che Faye fino a dieci giorni fa era in carcere per “oltraggio a un magistrato”.
La vittoria di Faye nelle elezioni in Senegal è sembrata netta fin dalle prime ore, almeno 10 dei 17 candidati si sono congratulati con Faye già la domenica sera, tuttavia Ba ha ammesso la propria sconfitta solo lunedì tramite un comunicato ufficiale di congratulazioni.
Elezioni in Senegal, la politica repressiva di Sall e il fattore Sonko
Da tempo l’attuale presidente Macky Sall, eletto la prima volta nel 2012 e riconfermato nel 2019, era accusato di essere sempre più autoritario e di reprimere i suoi principali oppositori politici. Tra questi anche lo stesso Faye scarcerato solo il 14 marzo in seguito a una amnistia generale decisa dallo stesso presidente Sall per placare le crescenti proteste in tutto il paese.
Anche queste elezioni sono state inizialmente sospese e poi rimandate più volte da Sall, il quale nei suoi progetti voleva governare almeno fino a dicembre. Dietro la decisione di sospendere le elezioni, vi era la paura dello stesso presidente, poi rivelatasi fondata, di perdere l’appuntamento elettorale in favore dei partiti di opposizione e in particolare del partito fondato da Ousmane Sonko, denominato Pastef (Patrioti africani del Senegal per il lavoro, l’etica e la fraternità) che, pur essendo poi stato sciolto lo scorso agosto, si è effettivamente rivelato un fattore decisivo nella vittoria di Faye nelle elezioni in Senegal.
Il partito di Sonko ha appoggiato, insieme a una ampia coalizione di partiti, la candidatura di Diomaye Faye e ciò ha sicuramente influito a livello elettorale. Ousmane Sonko, fino a poco tempo fa era considerato il principale oppositore di Sall, ma in seguito è stato escluso dal voto a causa di una condanna per diffamazione. A vittoria ottenuta molti sostenitori di Pastef sono scesi per le strade gridando il motto “Sonko moy Diomaye, Diomaye moy Sonko” (Sonko è Diomaye, Diomaye è Sonko), e ciò fa pensare che molti di loro abbiano deciso di votare comunque per il candidato sostenuto dal partito.
In generale Faye si è presentato come il «candidato del cambiamento» e ha inevitabilmente attirato su di se l’interesse di gran parte degli oppositori di Sall che in passato avevano sostenuto Sonko o Karim Wade, altro importante esponente politico senegalese escluso dalle elezioni perché con doppia nazionalità franco-senegalese.
Diomaye Faye, il «candidato del cambiamento» che vuole ridistribuire la ricchezza
Politicamente Diomaye Faye si è presentato a questo turno di elezioni in Senegal come candidato profondamente anti-sistema e nel suo programma ha annunciato di voler ripristinare la «sovranità nazionale» che, a suo parere, è stata svenduta ai paesi esteri anche tramite l’adesione al franco CFA, moneta agganciata all’euro, e che ha annunciato di voler abbandonare. All’interno del suo programma elettorale c’è poi la rinegoziazione dei contratti con società straniere per rifornimenti minerari, del gas e del petrolio e la lotta alla corruzione.
Il 2024, ribattezzato come «l’anno delle elezioni» e in cui oltre mezzo miliardo di persone in tutto il mondo si recheranno alle urne, ci ha fornito quindi con le elezioni in Senegal un risultato imprevisto che si preannuncia non privo di conseguenze per lo stesso paese e forse anche per il continente africano dove durante l’anno oltre 400 milioni di persone saranno chiamate al voto.
Tra i paesi chiamati alle urne prossimamente anche l’Algeria, la Mauritania, la Guinea, la Guinea Bissau e il Ghana, tutti paesi confinanti o molto vicini al Senegal e facenti parte dell’Africa Occidentale e francofona. Non è quindi da escludere che il risultato a sorpresa di Dakar possa influenzare anche le prossime elezioni nella regione.