Le elezioni in Romania, di stampo presidenziale, segnano un momento cruciale per il futuro politico del paese, mettendo in luce un panorama elettorale inaspettato e carico di significati, sopratutto se messi in relazione con il resto d’Europa. Il primo turno ha visto il trionfo del candidato nazionalista e filorusso Calin Georgescu, che si contenderà la presidenza con Elena Lasconi, rappresentante del centrodestra moderato. Questi risultati, che smentiscono le previsioni pre-elettorali, riflettono il malcontento crescente tra la popolazione e il rafforzamento delle forze ultraconservatrici, rendendo il ballottaggio dell’8 dicembre un evento chiave per il futuro democratico e internazionale della Romania.
I risultati del primo turno: una sorpresa elettorale
Il primo turno delle elezioni in Romania ha visto trionfare, inaspettatamente, il candidato nazionalista e filorusso Calin Georgescu, che ha ottenuto circa il 23% dei voti. Al ballottaggio delle elezioni presidenziali del prossimo 8 dicembre, Georgescu sfiderà Elena Lasconi, leader del partito di centrodestra Unione Salva Romania (USR), che ha raccolto il 19,2%. I risultati hanno smentito i sondaggi pre-elettorali delle elezioni in Romania, che davano il primo ministro socialdemocratico Marcel Ciolacu come favorito. Quest’ultimo, pur arrivando vicino a Lasconi con il 19,15% dei voti, è stato superato di misura.
L’avanzata dell’estrema destra
La crescita dell’estrema destra ha segnato queste elezioni in Romania. George Simion, leader dell’Alleanza per l’Unità dei Romeni (AUR) e anch’egli nazionalista, ha ottenuto un deludente 13,9%, ma l’insieme dei voti per i candidati ultraconservatori ha raggiunto un terzo del totale, suggerendo un cambiamento politico significativo.
Il successo di Georgescu, in particolare, potrebbe rafforzare l’estrema destra europea, avvicinando la Romania a paesi come Ungheria e Slovacchia, noti per le loro posizioni nazionaliste e autoritarie. La preoccupazione è anche quella che deriva dalla nascita di partiti reazionari e ultraconservatori nel resto d’Europa, che stanno mettendo in crisi tanti governi o le cui forze rappresentano un pericoloso potenziale all’interno della popolazione.
Un candidato controverso
Georgescu, ingegnere e accademico, è noto per le sue posizioni ultraconservatrici e critiche verso NATO e Unione Europea. Durante la campagna elettorale volte alle elezioni in Romania, ha invocato la necessità di ridurre la dipendenza della Romania dalle importazioni, sostenere l’agricoltura locale e limitare gli aiuti militari all’Ucraina. La sua retorica, diffusa anche tramite TikTok, ha riscosso consensi tra gli elettori insoddisfatti dalle politiche attuali, attirando però critiche per il suo sostegno alla Russia e per posizioni considerate antisemite.
Una repubblica semipresidenziale al bivio
La Romania, con 19 milioni di abitanti e un confine di 650 chilometri con l’Ucraina, riveste un ruolo strategico cruciale per la NATO, ospitando oltre 5.000 soldati alleati e gestendo il transito del grano ucraino. Negli ultimi anni, il paese si è distinto come un alleato affidabile dell’Occidente, sotto la presidenza del liberale Klaus Iohannis. Tuttavia, una vittoria di Georgescu potrebbe invertire questa traiettoria, mettendo in discussione l’impegno romeno verso le istituzioni europee e atlantiche.
Tra ballottaggio e elezioni parlamentari
Il ballottaggio presidenziale si svolgerà l’8 dicembre, una settimana dopo le elezioni parlamentari del 1° dicembre, che potrebbero consolidare ulteriormente il peso dell’estrema destra. Se Georgescu dovesse vincere, la Romania potrebbe trovarsi a fronteggiare un cambio di rotta politico, con ripercussioni significative sulla politica interna e sulle relazioni internazionali.
La posta in gioco è altissima: queste elezioni rappresentano un banco di prova, un momento altamente cruciale per il paese, proprio perché potrebbe minare la tenuta democratica della Romania e il suo posizionamento nello scacchiere internazionale. La Romania ultraconservatrice potrebbe avere così nuovi interlocutori o nuove spinte reazionarie, anche dalla popolazione, aggravando ancora di più la situazione che oggi affligge l’intera Europa. Gli sviluppi delle prossime settimane saranno decisivi per delineare il futuro del paese, sospeso tra tradizione democratica e tentazioni autoritarie.