Il prossimo 25 febbraio si svolgeranno le elezioni presidenziali in Nigeria: il Gigante d’Africa, prima economia e paese più popoloso dell’Africa con i suoi 220 milioni di abitanti, sarà chiamato a scegliere il suo quinto presidente dal 1999. Muhammad Buhari ha governato negli ultimi sette anni come rappresentante dell’All Progressive Congress (APC) e conclude ora il suo ultimo mandato concessogli dalla Costituzione.
Ma perchè si parla tanto di queste elezioni e cosa c’è di diverso quest’anno?
Le prossime elezioni in Nigeria saranno cruciali per determinare la tenuta della democrazia del paese africano e dell’intero continente.
La vertiginosa crescita economica rende infatti la Nigeria uno dei colossi del continente africano, eppure se si guarda alla ricchezza pro capite le cifre raccontano una storia ben diversa: nel 2018 il 40 % dei nigeriani viveva al di sotto della soglia di povertà e lamentava la mancanza di istruzione e accesso alle infrastrutture di base come elettricità, acqua potabile e servizi igienici. Si tratta dunque di un “mostro economico” in crescita, dove rimane però una forte diseguaglianza nella distribuzione della ricchezza.
Ampie fasce del paese sono inoltre vittima dell’azione destabilizzante di gruppi armati e ormai da anni si fatica a garantire la sicurezza nel territorio: in particolare nelle regioni nord occidentali e nord orientali troviamo gruppi jhadisti come Boko Haram e in anni recenti una sua derivazione, l’Islamic State West Africa Province o Iswap hanno condotto campagne terroristiche accrescendo l’insicurezza del territorio.
Questi sono alcuni tra i problemi che dovrà affrontare colui che vincerà le prossime elezioni in Nigeria, a cui si aggiungono un’elevata inflazione e la persistenza capillare di corruzione e clientelismo.
I candidati in lizza sono 18, ma solo tre hanno reali possibilità di vincere. Tra i favoriti Bola Ahmed Tinubu è membro dell’All Progressive Congress (APC), ed è da molti visto come il più probabile vincitore. Atiku Abubakar è il candidato del partito d’opposizione, il Partito democratico del popolo (PDP), è la quinta volta che si candida alla presidenza e la sua è una carriera politica di lungo corso.
Entrambi i candidati sono stati accusati di corruzione e clientelismo, accuse che entrambi negano.
La vera novità è rappresentata da Peter Obi, candidato del poco conosciuto Partito Laburista e il più giovane tra i tre, che spera di smantellare il sistema bipartitico che domina la Nigeria dal 1999. Il 61enne è visto come volto relativamente nuovo e gode di un ampio sostegno e risonanza sui social media e soprattutto tra i giovani del paese.
Attorno a lui si è andato a creare un vero e proprio fenomeno mediatico e la stessa Chimamanda Adichie , celebre scrittrice nigeriana i cui libri vengono letti in tutto il mondo, in un video su instagram indica Peter Obi come il cambiamento di cui la Nigeria ha bisogno.
Il candidato outsider della politica aveva appoggiato nel 2020 il movimento #EndSars, nato nel 2017 dalle denunce dei giovani contro violenza e corruzione dell’unità anti-rapina. Le unità Sars esistono dal 1992 ed erano nate per contrastare le attività criminali. Da sempre però sono accusate di abusi sui cittadini: arresti arbitrari, detenzioni illegali, rapine, estorsioni, torture e omicidi, in larga maggioranza ai danni di giovani. Nel 2020 il movimento di protesta è arrivato a paralizzare la Nigeria per tre mesi: oltre allo scioglimento delle Sars nel mirino dei protestanti c’erano la corruzione del Governo, le diseguaglianze sociali, la mancanza di opportunità, le discriminazioni di genere e le ingiustizie subite dalla comunità Lgbtq+. Femministe e attivisti sono stati colonne portanti delle dimostrazioni di malcontento..
Il movimento, secondo gli osservatori, potrebbe avere un ruolo fondamentale nelle elezioni 2023, che sono state definite da alcuni le elezioni dei giovani.
Cosa dicono i sondaggi?
Il terzo dei due opinion polls sulle elezioni presidenziali indica Peter Obli avanti nei sondaggi: una ricerca portata avanti dal Premise Data Corp evidenzia come il 66% dei partecipanti abbia dichiarato che voterà Obi e nel sondaggio ANAP compiuto su 2000 persone ha ottenuto il 21% delle preferenze rispetto al 13% di Tinubu e il 10% di Abubakar. Lo stesso Obi tuttavia non è immune alle accuse di corruzione e clientelismo e il suo tentativo di legittimarsi come alternativa ai due maggiori partiti e a un sistema di diffusa corruzione è stato turbato, alla fine del 2022 dalla condanna per riciclaggio del responsabile della sua campagna elettorale.
Insomma, la partita sembra ancora tutta da giocare. Rimane il timore che queste elezioni possano diventare terreno ancora una volta di scontri e violenza politica, come dimostra l’appello di Amnesty International alle autorità nigeriane di proteggere la popolazione dalla violenza e di assicurare il pieno rispetto della libertà di espressione durante le operazioni elettorali