Aleksandr Lukashenko vincerà per la settima volta le elezioni in Bielorussia che si terranno il 26 gennaio e confermeranno il regime dittatoriale in cui versa la Bielorussia dal 1994. La vittoria sarà ancora una volta inevitabile se si considera la quasi totale mancanza di opposizione.
Le elezioni in Bielorussia di domenica saranno una farsa, come era prevedibile, e vedranno addirittura quattro marionette “sfidarsi” per spodestare il leader Aleksandr Lukashenko, subordinato del dittatore capo Vladimir Putin e grande amico dell’ormai fu Silvio Berlusconi.
Contro chi lotterà Lukashenko?
Nessuno, non proprio nessuno ma è come se lo fosse. Infatti tra i quattro candidati che parteciperanno alle elezioni solo uno di questi ha preso posizioni quantomeno indipendenti, ovvero la candidata Anna Kanopatskaya che nel 2020 ottenne l’1,68% dei voti. Kanopatskaya sembra essere l’unica a prendere le distanze da Lukashenko e nonostante prometta di liberare i prigionieri politici non li chiama con questo nome pur di non offendere il leader e rischiare per la propria libertà. La situazione è estremamente critica.
Gli altri candidati sono, invece, molto più accomodanti e di intralciare il dittatore neanche ne parlano. Il primo è il segretario del Partito comunista bielorusso Serghei Syrankov, che ha detto di candidarsi in amicizia, quindi “non al posto, ma insieme al presidente” e congiuntamente apriranno processi penali contro membri della comunità Lgbtq+ e restaureranno i monumenti a Stalin.
Altro aspirante capo di Stato è il leader del Partito liberal-democratico Oleg Gaidukevich; viene definito “rivale ereditario” di Lukashenko, perché suo padre partecipò tre volte a campagne elettorali; ritiene che “dovrebbero esserci solo patrioti” alle elezioni, in modo che “i nemici guardino i candidati presidenziali e capiscano: non possiamo prendere nulla da questo Paese”. Infine, il capo del Partito repubblicano del lavoro e della giustizia, Aleksandr Khizhnyak, il più “invisibile” dei candidati, come lo definisce il sito indipendente russo Meduza. Non parla quasi in pubblico e il suo partito ha meno di 200 iscritti su Telegram e non è presente su altri social network. Chi trova un amico trova un tesoro e Lukashenko ne ha trovati quattro.
L’Ue non riconoscerà la vittoria di Lukashenko
In una risoluzione, i deputati chiedono all’Ue di non riconoscere la legittimità delle prossime elezioni presidenziali in Bielorussia. L‘Eurocamera si dice seriamente preoccupata per la situazione dei prigionieri politici in Bielorussia, i quali, secondo l’organizzazione bielorussa per i diritti umani Viasna, sarebbero oltre 1200.
Nella risoluzione si invita l’Ue e i suoi Stati membri a continuare a indagare sulle violazioni dei diritti umani nel Paese e a sostenere misure per rendere le autorità bielorusse responsabili delle proprie azioni, anche attraverso l’applicazione del principio giuridico della “giurisdizione universale”. Inoltre viene condannata dal Parlamento europeo la complicità con Mosca nella guerra in Ucraina, costituendo quindi un serio pericolo per i paesi confinanti.
Le elezioni precedenti del 2020 furono caratterizzate dall’esclusione dei candidati di opposizione e da gravi accuse di brogli e si conclusero con le più grandi proteste della storia moderna del Paese, ma anche con la più feroce repressione, che continua tuttora. In quattro anni e mezzo, decine di migliaia di bielorussi sono stati detenuti, interrogati, picchiati, multati, condannati, privati del lavoro, mentre altre centinaia di migliaia hanno scelto di lasciare il Paese.
I nuovi alleati e quelli storici
Nei Balcani, nei paesi baltici e dell’est Europa gli elettori non scelgono più il proprio rappresentante in base al concetto di destra-sinistra o conservatore-progressista, piuttosto devono decidere da che parte inginocchiarsi. Già diversi paesi come Ungheria e Slovacchia mostrano totale asservimento a Putin che è intenzionato ad allargare la propria zona di influenza definita “cuscinetto” che gli permetterebbe di allontanare dai propri confini gli armamenti e le truppe NATO. Con Lukashenko, Putin, è tranquillo ormai da tre decenni e delle tradizioni, lingua e storia bielorussa resta ben poco e i cittadini bielorussi non votano veramente da trent’anni. Dal 1994 Minsk è in provincia di Mosca.