Elezioni europee 2019: guida pratica al voto

Le elezioni europee si svolgeranno il prossimo fine settimana: tutto quel che c’è da sapere sul voto in Italia, sulla questione Brexit, oltre agli Spitzenkandidaten e all’obbligo di voto.

Il lungo week end delle elezioni europee inizierà già giovedì 23 maggio (Paesi Bassi), mentre diversi paesi saranno chiamati al voto tra venerdì e sabato (Irlanda, Repubblica Ceca, Lettonia, Malta, Slovacchia). Le votazioni  termineranno domenica 26 maggio, alle 23, con lo spoglio simultaneo in tutta l’Unione Europea, per evitare condizionamenti.

Il Parlamento UE è eletto a suffragio universale diretto da tutti i cittadini che hanno compiuto i 18 anni d’età, con qualche eccezione. In Austria e a Malta ne bastano infatti 16, mentre in Grecia è sufficiente aver raggiunto i 17.

Elezioni europee

Per quanto riguarda la legge elettorale, ogni stato elegge i propri rappresentanti secondo il proprio ordinamento, con l’unico vincolo comunitario relativo all’obbligatorietà di adottare un sistema proporzionale. Ottenere il 20% dei voti nel paese si traduce quindi nel 20% di seggi conquistati tra quelli assegnati al proprio paese. Ogni Stato eleggerà da un minimo di 6 a un massimo di 96 parlamentari, a seconda della propria popolazione. Particolare dibattito è sorto attorno alla questione Brexit e alla possibilità di escludere dal voto la popolazione britannica. Erano già stati riproporzionati i numeri di deputati previsti, passando da 751 a 705, con il diritto per alcuni paesi a eleggere qualche parlamentare in più (come ad esempio l’Italia, che sarebbe passata da 73 a 76), ma il Consiglio europeo ha concesso una proroga al Regno Unito e i britannici voteranno i propri rappresentanti. 

Dal 2014  vige il sistema degli Spitzenkandidaten, con l’obiettivo di rafforzare la legittimità democratica dell’esecutivo comunitario. Frutto di un accordo tra i capi di Stato e di governo dell’Ue, l’Europarlamento e i gruppi politici, prevede che la presidenza dell’esecutivo comunitario venga assegnata al candidato principale del partito politico europeo con il maggior numero di seggi al Parlamento UE.

Come funziona la legge elettorale italiana per le elezioni europee

L’Italia voterà domenica 26 maggio dalle 7 alle 23, con un sistema proporzionale puro e una soglia di sbarramento per i partiti che si attesta al 4%, introdotta nel 2009. Ogni elettore potrà scrivere fino a tre nomi di candidati afferenti alla stessa lista, con rispetto però alle norme sulla rappresentanza di genere, che vietano di votare tre uomini o tre donne, a pena di nullità della terza preferenza espressa. Non è possibile effettuare il voto disgiunto, cioè votare un partito e scrivere il cognome di un candidato in lista con un altro partito.

La nostra penisola è suddivisa per le elezioni  europee in cinque circoscrizioni che eleggono i loro europarlamentari proporzionalmente rispetto al numero degli abitanti. 20 seggi spettano alla circoscrizione nord-occidentale (Piemonte, Valle d’Aosta, Liguria, Lombardia); 14 a quella nord-orientale (Veneto, Trentino-Alto Adige, Friuli Venezia Giulia, Emilia-Romagna); 14 a quella centrale (Toscana, Umbria, Marche, Lazio); 17 a quella meridionale (Abruzzo, Molise, Campania, Puglia, Basilicata, Calabria) e 8 alle isole.

Per i candidati non sono previsti vincoli geografici: alcuni nomi sono votabili ovunque (come Silvio Berlusconi o Matteo Salvini) e decideranno i candidati stessi successivamente la circoscrizione in cui farsi eleggere.

La legge elettorale italiana per le europee risale al 1979, anno delle prime elezioni del Parlamento europeo. Si tratta della più vecchia legge elettorale ancora vigente nel nostro paese, seppure con le recenti modifiche, come quelle relative alle soglie di sbarramento.




Negli altri paesi UE

Avendo ogni paese una discreta autonomia per quanto riguarda la legge elettorale, i casi che si profilano sono diversi. L’Austria, il Belgio, la Danimarca, la Finlandia, la Svezia, la Croazia e i Paesi Bassi utilizzano un sistema proporzionale con la possibilità di esprimere voti di preferenza, come l’Italia. Particolarmente complesso è il sistema previsto nello stato del Lussemburgo, che utilizza un modello proporzionale con possibilità di voto disgiunto. Altri Stati hanno invece optato per un sistema proporzionale con liste bloccate.

Seppure il sistema proporzionale sia la norma, Irlanda e Malta prevedono il metodo del voto singolo trasferibile. E’ una modalità anglosassone che, tramite l’espressione di un unico voto, permette agli elettori di fornire più di una preferenza. Ogni candidato si vede attribuita una quota, detta Droop (dal nome del matematico che l’ha teorizzata nell’Ottocento), che deve essere superata. I voti eccedenti alla quota vengono invece trasferiti agli altri candidati.

In Germania, diversamente rispetto all’Italia, non è prevista una soglia di sbarramento. La legge prevede la nomina di un sostituto da parte dei partiti per ogni candidato, che subentrerà in caso di impedimenti. Nemmeno la Spagna ha introdotto una soglia di sbarramento, ma è normale prassi che i piccoli partiti si uniscano in liste uniche per ottenere maggiori consensi. Nel 2014 è accaduto che una coalizione ottenesse un solo seggio e che gli otto candidati assumessero il ruolo di europarlamentare a turno.

L’obbligo di voto

In alcuni paesi Ue, andare a votare per le elezioni è un obbligo di legge. Il Lussemburgo, ad esempio, rispetta la norma e ha un’alta affluenza, mentre in Grecia l’istituto esiste ma non viene messo in pratica. In Belgio, invece, dal 2003, chi non vota non riceve la tradizionale multa, anche se l’obbligo è previsto dall’articolo 62 della costituzione. Si tratta del dovere di voto più antico al mondo, risalente al 1894.

Elisa Ghidini

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