Tra pochi giorni, il 4 marzo 2018, avranno la possibilità di votare anche i primi nati nel 2000, conosciuti altresì come la Generazione Zero.
Zero, come purtroppo le certezze che hanno, soprattutto riguardo alle scelte politiche.
Tant’è vero che in vista delle elezioni, la maggior parte non prova neppure il fascino del primo voto, non si sente né di destra, né di sinistra: il sentimento che prevale è l’indifferenza. Non si tratta neanche di antipolitica, ma dell’assenza totale della politica nella propria vita.
Perché se da una parte vi è una (davvero piccola) minoranza che segue con passione e attenzione le notizie riguardanti politica e attualità, dall’altra vi è anche una maggioranza che purtroppo considera uno sforzo perfino guardare il telegiornale.
Paradossalmente è la generazione con più fonti d’informazioni che ci sia mai stata, una generazione eternamente connessa, eppure, l’astensionismo tocca il 40%.
C’è da dire, che anche la scuola ha un’importanza radicale (se non una responsabilità) nell’educazione alla politica, perché se nella famiglia è generalmente difficile trovare un luogo di confronto libero e critico, dovrebbe essere compito anche della scuola fornire le basi per costruire un dialogo serio e competente sull’argomento.
Inoltre, è pur vero che in parte, questa indifferenza è stata provocata dalla stessa politica, la quale sembra dialogare soltanto con se stessa: i giovani non sono più visti come una risorsa primaria, e gli stessi pretendono e richiedono dalla politica qualità che non emergono, come affidabilità, decisioni forti, coerenza.
In un sondaggio è emerso che i giovanissimi considerano come priorità per l’Italia innanzitutto la crescita economica, l’istruzione e la lotta alla corruzione, mentre decisamente curiosa, quanto allo stesso tempo emblematica, è stata la risposta alla domanda “Quale di questi politici ti piace di più?”, per la quale erano stati presi in considerazione tutti i maggiori uomini politici, sennonché il 44,6% ha risposto con un solido ma aspro “Nessuno di questi”.
Senz’altro è un’età che ha sempre lasciato non poche perplessità, soprattutto ai più veterani: saranno davvero pronti a combattere per il proprio futuro? Quali sono i cambiamenti che porteranno avanti? Sapranno prendere decisioni o subiranno apaticamente le decisioni altrui?
Tuttavia, l’instabilità dell’offerta politica, fa senza fatica percepire il governo come un’inutile ambiente di scontri piuttosto che un ambiente costruttivo. Così lo scenario odierno sembra peggiore di quello del passato, e se l’Italia è sempre stato un paese piuttosto abitudinario, in cui si è sempre considerato il primo voto come quello che conta, quest’anno non si rischia nemmeno, per una volta tanto, di cambiare direzione, ma di non prenderne proprio alcuna.
Roberta Rosaci