Trionfo del M5s, sorpasso della Lega su Forza Italia, tracollo del Pd. Con questo scenario uscito dal voto del 4 marzo, non sarà facile la formazione di un nuovo governo. Servirà un’alleanza tra forze politiche che sono state avversarie in questa campagna elettorale. Al di là delle difficoltà politiche, l’iter che porta alla nascita di un nuovo governo prevede comunque dei passaggi obbligati: servirà almeno un mese, probabilmente di più.
Il 23 marzo la prima seduta delle Camere .La prima seduta delle nuove Camere non deve avvenire oltre venti giorni dalle elezioni e servirà per eleggere i presidenti di Camera e Senato.
A Palazzo Madama vale la regola dell’anzianità: l’onore spetterà all’ex presidente della Repubblica e senatore a vita Giorgio Napolitano. A Montecitorio si attingerà ai vicepresidenti della passata legislatura, partendo da quello che è stato eletto con più voti: toccherà al Pd Roberto Giachetti, sempre che venga rieletto, altrimenti si passerà a Luigi Di Maio. Se tra i deputati non dovesse esserci nessun ex vicepresidente (neanche delle precedenti legislature), sul seggio più alto siederà il deputato più anziano.
Entro il 25 marzo i parlamentari devono aver comunicato a quale gruppo vogliono appartenere. Mentre entro il 27 marzo i gruppi parlamentari eleggono i loro presidenti.
Una volta eletti i presidenti di Camera e Senato e formati i gruppi parlamentari, a fine marzo-inizio aprile il premier Gentiloni rassegnerà le dimissioni e partiranno al Quirinale le consultazioni per la formazione del nuovo governo.
In caso di mancanza dei numeri per formare un governo con una maggioranza in Parlamento, l’opzione di un ritorno immediato alle urne che quasi tutti i leader politici hanno messo sul tavolo trova ostacoli oggettivi.
L’incognita è dovuta alle maggioranza non adatta alla governabilità che si è venuta a creare.
Sicuramente, il movimento 5 stelle e il centrodestra, in particolare LaLega, hanno trionfato in queste elezioni.
Il vero sconfitto è Renzi, che proprio ieri, nel suo discorso ha definito lo scenario come “una sconfitta chiara“; continua, però, a sentirsi garante morale della sua attività politica. Le dimissioni, così tanto paventate, avverranno solo e soltanto relativamente al partito e non anche da senatore.
Se la posizione degli altri partiti ancora non è chiara, il Pd lo ha definito chiaramente, sarà all’opposizione.
Staremo a vedere cosa succederà.
Anna Rahinò