Nelle principali città italiane a giugno si sono svolte accese campagne elettorali per l’elezione dei sindaci. Ora è il turno delle presidenziali americane a cui si è arrivati dopo mesi di dibattiti per la scelta di chi rappresenterà i due partiti.
Tutto questo parlare mi ha riportato alla mente un vecchio film del 1972 intitolato “Il candidato” di Michael Ritchie, con un affascinante Robert Redford come protagonista. La pellicola vinse un Oscar per la miglior sceneggiatura.
Un giovane avvocato, Bill McKay, viene convinto a candidarsi dal Partito Democratico alle elezioni per il Senato. Non ha speranze di vittoria ma decide di utilizzare la vetrina politica per farsi conoscere e attirare consensi alla causa dei diritti civili e ambientali che sostiene con sincera convinzione.
Il suo avversario è il senatore uscente, uomo abile ed esperto nel guadagnare l’attenzione del pubblico.
Bill mette a capo dell’organizzazione elettorale un pubblicitario dalle idee brillanti e innovative che lo trasforma in uno “slogan” attraverso radio, televisioni e giornali.
Ormai non si ha più a che fare con idee e proposte ma con strategie e astuzie per vendere un prodotto: esemplificativa l’immagine dei sostenitori volontari di Bill che girano la città il giorno delle elezioni togliendo manifesti e “memo” dell’altro candidato appesi alle maniglie delle abitazioni sostituendoli con i propri.
Ma non è solo questione di marketing: Bill, quando vede che i consensi salgono, inizia a modificare le convinzioni per conquistare l’elettorato di centro.
Alla fine avrà ragione e vincerà, ritrovandosi frastornato davanti alla scrivania con una domanda: «e adesso?».
Preso dalla frenesia della competizione e catturato da meccanismi manovrati da poteri occulti, ha rinunciato alle sue idee per ritrovarsi a gestire una situazione in cui non sa più come muoversi, avendo distribuito promesse non in linea col pensiero originario.
Un film attuale che dimostra come spesso la vittoria politica sia legata a valori estetici, ad accattivanti modi di porsi, a strategie di mercato o abilità nell’individuare le richieste degli elettori adattandosi a esse: invece di convincere della serietà ed efficacia di una linea politica, è più facile pronunciare ciò che il cittadino percepisce come esigenza per portarlo dalla propria parte.
Per realizzare le promesse ci penserà in un secondo tempo, rivolgendosi ad altri esperti che elaboreranno ottimi progetti che difficilmente verranno attuati per mancanza di capacità tecniche e finanziarie.
Si sa che il politico è sempre stato influenzato, in maniera più o meno nascosta, da chi detiene il potere economico e il controllo della società. Ora sembra che sia diventato un “mestiere” da sfruttare giusto il tempo di una legislatura per incamerare più vantaggi possibili.
Emblematico è l’esempio di molti Comuni italiani che, per far cassa, hanno utilizzato lo strumento finanziario dei “derivati” caricando il bilancio degli Enti Locali e lasciando debiti in eredità alle successive giunte e ai cittadini.
Oppure, come nel caso del personaggio interpretato da Redford, il politico è incanalato in meccanismi così cristallizzati da non poter far altro che seguirli, rinunciando ai propri ideali.
L’attenzione non è più catalizzata dal contenuto bensì dal recipiente: sembra quasi più utile aver frequentato l’Actors Studio che un corso di economia perché non è importante quel che si dice ma come lo si dice.
Nel programma elettorale si inseriscono “soluzioni” e “offerte” degne di un esperto imbonitore, formulate per allettare il pubblico ma non sempre basate su criteri congruenti e realizzabili.
Purtroppo i cittadini hanno spesso la memoria corta e l’abilità dei neo-eletti ne distoglie l’attenzione dalla verifica della realizzazione delle promesse elettorali: le difficoltà derivano sempre dal malgoverno del predecessore e opportunamente nuove urgenze si sovrappongono a quelle vecchie aiutando a dimenticare.
Quando Robert Redford, nelle ultime scene del film, comprende di essere stato eletto, si preoccupa per l’impegno che lo aspetta: in questo la pellicola sembra rappresentare stati d’animo superati e datati. Ora sembra quasi che i candidati si trovino a festeggiare le proclamazioni elettorali senza neppure lo sguardo sincero e i dubbi di Bill McKay… l’importante è vincere!
Paola Iotti