Elefanti senza zanne: una risposta della natura al bracconaggio?

elefanti senza zanne

In Africa le attività di bracconaggio potrebbero aver favorito la nascita di elefanti senza zanne. L’ipotesi è attualmente al vaglio dei ricercatori.

Nella popolazione mondiale di elefante africano (Loxodonta africana), solo il 2-4% delle femmine non sviluppa mai le zanne durante la crescita. Tuttavia, questa percentuale cresce sensibilmente in due parchi nazionali: Gorongosa (Mozambico) e Ruaha (Tanzania). Rispettivamente, nel primo sono prive di zanne il 51% delle  elefantesse con età superiore ai 25 anni e il 32% di quelle più giovani; invece, nel secondo, quelle senza zanne sono il 35% tra le anziane e il 13% tra le nuove nate. Invece, gli elefanti senza zanne non si osservano quasi mai o, comunque, è un fenomeno estremamente raro.




La Guerra civile

In Mozambico, tra il 1981 e il 1994, c’è stata la Guerra civile che, protrattasi per quindici lunghi anni, ha devastato il Paese. Purtroppo, a farne le spese sono stati anche il 90% degli elefanti abitanti il parco nazionale, uccisi prevalentemente per soldi. Infatti, con il fine di acquistare armi, i soldati vendevano sul mercato nero, peraltro a cifre elevatissime, l’avorio ricavato dai pachidermi. Tendenzialmente, i bracconieri preferivano i maschi, perché hanno zanne più grandi e massicce, ma, in momenti di attività così intensa, i bracconieri si sono interessati anche alle femmine. Nella scelta, hanno privilegiato quelle con zanne più grandi, lasciando invece vive le femmine sprovviste.

Invece, in Tanzania la principale causa della presenza di elefanti senza zanne è da ascrivere alla sola caccia illegale, non incentivata dallo scoppio di un conflitto.

Dopo la guerra

Secondo gli studi, sono sopravvissute solo 200 femmine, di cui la metà prive di zanne, probabilmente perché di poco interesse per i bracconieri. Dagli anni Novanta in poi, a guerra conclusa, le nate prive sono state un terzo del totale, un valore di molto superiore alla media attesa.

Inoltre, questa anomalia è stata registrata anche in altre aree geografiche, dove, sebbene non si sia verificata una guerra, il fenomeno del bracconaggio si osserva con una certa intensità. Un esempio eclatante è rappresentato dal parco nazionale di Addo (Sud Africa), dove più del 90% delle femmine è priva di zanne.

Partendo da tutte queste evidenze, i ricercatori hanno avanzato l’ipotesi che possa esserci una correlazione diretta tra l’intensità del bracconaggio e la percentuale di femmine nate con questa peculiarità. 

Lo studio

Tra le principali ricercatrici coinvolte c’è Joyce Poole, un’etologa che da anni studia il comportamento dei pachidermi in Mozambico. Co-fondatrice e Direttore scientifico dell’organizzazione “Elephant Voice”, l’esperta è stata la prima a evidenziare la particolare coincidenza e, di conseguenza, ad avanzare l’ipotesi oggetto della ricerca.

Come da lei stesso affermato, “è possibile che il bracconaggio abbia determinato una selezione artificiale degli elefanti senza zanne”.  Attualmente, non ci sono conferme di questa ipotesi, anche perché ancora è poco chiaro il meccanismo genetico alla base della trasmissione di questo carattere. In generale, l’assenza si osserva solo nelle femmine, mentre nei maschi, al massimo, è stata notata una loro riduzione, ma non scomparsa.




La genetica

Allo stato dell’arte, i ricercatori non hanno ancora trovato il gene “elefanti senza zanne”, che, qualora presente, spiegherebbe in modo abbastanza intuibile il perché di questa frequenza anomala a Gorongosa. Il genetista Shane Campbell-Staton dell’Università di Los Angeles, sebbene abbia confermato un’ereditarietà sostanzialmente femminile di tale carattere, non ha ancora un quadro completo. Infatti, se il gene si trovasse sul cromosoma X, anche i maschi dovrebbero nascere senza zanne e, invece, tale fenotipo in Mozambico ancora non è stato osservato.

Si ricorda che il genere maschile è descritto dalla conformazione cromosomica XY, nella quale la X è ereditata dalla madre e la Y dal padre. Pertanto, non ci si spiega come mai i maschi non manifestino un fenotipo  sicuramente ereditato. Per queste ragioni, i meccanismi genetici alla base di tale fenomeno non sono ancora stati del tutto compresi e necessitano di ulteriori indagini.

La deriva genetica

L’ipotesi della risposta evolutiva al bracconaggio, per quanto affascinante, è ancora tutta da verificare. Inoltre, non è escluso che la causalità della nascita di elefanti senza zanne sia da attribuire a un fenomeno molto conosciuto nel mondo della biologia: deriva genetica. Quando una popolazione grande si riduce drasticamente, perde una parte importante della sua variabilità, ovvero diminuisce la frequenza di alcuni alleli un tempo molto comuni. Al contrario, altri fenotipi possono manifestarsi con una maggiore frequenza rispetto al passato.

Nel caso dei pachidermi, poiché erano rimasti molti esemplari femmine prive di zanne, tale carattere si è diffuso con una frequenza maggiore nella popolazione dei parchi.

L’assenza di zanne: un rischio per la sopravvivenza?

Indipendentemente da quale sia la causa alla base di questa perdita, gli esperti si sono chiesti, se questa mancanza comporta dei rischi per gli animali. Infatti, le zanne hanno un ruolo nella riproduzione e nel approvvigionamento di cibo, quindi è importante prevedere le conseguenze della modifica, soprattutto se legata a una pressione selettiva artificiale.

In genere, i maschi usano le zanne per combattimenti e rituali di corteggiamento, quando competono per le femmine; invece, le elefantesse se ne servono principalmente per aiutarsi nel prendere il cibo. Secondo l’ecologo Ryan Long, la differenza nell’utilizzo potrebbe spiegare perché negli esemplari maschili il carattere non scompaia così facilmente. Infatti, “i benefici dei maschi che hanno le zanne sono molto forti e quindi è possibile che il potenziale genetico per l’assenza di zanne tra gli elefanti maschi sia stato eliminato dalla componente maschile della popolazione in misura molto maggiore”.

Elefanti, specie chiave degli ecosistemi

La perdita delle zanne potrebbe non compromettere la loro sopravvivenza, ma gli effetti sull’ecosistema non sembrano essere positivi. Infatti, molte altre specie dipendono indirettamente dai pachidermi, i quali, con le zanne, scavano alberi e terreni, favorendo la costruzione di nuovi habitat per altri animali. Ad esempio, alcune lucertole costruiscono le tane nei tronchi abbattuti dagli elefanti.

Per queste ragioni, i ricercatori sono particolarmente preoccupati di quali siano gli effetti su larga scala dell’aumento di elefanti senza zanne. A tal proposito, già diversi team, di cui fa parte anche Poole, sono all’opera per studiare il fenomeno.




Li abbattono con i kalashnikov, ne segano le zanne, lasciano la carcassa a marcire nella savana, tutto per ottenere bacchette da riso o insulse statuine prendi-polvere da tenere in salotto. Evidentemente gli elefanti, fra le creature più grandi della Terra, sul nostro pianeta da cinque milioni di anni, non suscitano abbastanza rispetto da parte dei «piccoli» uomini.

In Africa, l’elefante non è uno dei tanti animali della savana, è l’anima delle terre rosse. Vive lì da secoli, amato e maltrattato dall’uomo, che ne agogna l’avorio e ne stima l’intelligenza. Contraddizioni di un genere, il nostro, incapace di osservare senza prendere.

Nella tradizione folkloristica di molti paesi, l’elefante è simbolo di fortuna, infatti, in molteplici case è frequente trovarne una miniatura a decorazione di un mobile. Eppure, per anni, accanto a quella statuina c’è stato anche un corno d’avorio, simbolo estremo di quanto la ricchezza dell’uomo si paghi troppo spesso con la vita, quella degli altri. E in questo noi umani siamo sempre stati bravissimi.

Carolina Salomoni

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