Sentenza definitiva – Condannato all’ergastolo, più trent’anni di supplemento, El Chapo è tutt’ora rinchiuso in una cella due metri per quattro; compresi, un piccolo lavandino, un water, una branda e una finestra di dieci centimetri.
“Ospitato” nel carcere di massima sicurezza di ADX Florence Supermax, sconta la sua pena assieme ad altri 400 detenuti. La struttura, inaugurata nel 1994, è stata costruita appositamente per internare il “the worst of the worst” (“il peggio del peggio”): terroristi, boss e capi-gang sono difatti i principali internati.
Lo stesso narcotrafficante ha parlato di mancata giustizia nel constatare le condizioni del suo “soggiorno”; il discorso può apparire complesso, ma ci sono alcuni dettagli da evidenziare: mettiamo in chiaro, prima di ogni cosa, il ruolo giocato da questo personaggio. Sono in molti a volerlo morto, senza contare la guerra in atto per la sua successione. Teniamo inoltre conto del fatto che El Chapo è stato condannato a dieci capi d’imputazione, tra cui associazione a delinquere, traffico di droga e numerosi omicidi. Ciliegina sulla torta, la testimonianza riguardante l’abuso su minori durante il processo di New York: le sue “vitamine”, come usava chiamarle.
Vale la pena sottolineare anche la discutibile condotta dell’indiziato, evaso già due volte dalla propria detenzione; una delle due resterà certamente una fuga storica, con tanto di riprese al seguito. Insomma, ci sono tutti i presupposti per preoccuparsi. Non è un caso il fatto che a tutti i detenuti del penitenziario sia concessa una sola ora d’aria al giorno.
Sentenze di questo genere, dall’esterno, sembrano sempre così semplici, dall’esito immediato. Tuttavia, la morale includerebbe quel briciolo di compassione etica, affinché, chi di dovere, possa concedere una seconda chance; non è questo, però, il modus operandi della legge. Nella sua oggettività, tende a reputare casi come questo “sentenze al limite”, nonostante, che dir si voglia, si parli comunque di esseri umani.
C’è da dire che immedesimarsi in una persona obbligata a una condizione simile, costretta all’ergastolo, appare tutt’altro che scontato; basterebbe rifletterci quei due minuti in più. Senonché, l’altra faccia della medaglia suggerisce uno di quei proverbi che non sbaglia mai: “chi semina vento, raccoglie tempesta”. Tanto basterebbe per stare con la coscienza a posto.
A prescindere da quale possa essere il parere in merito, l’influenza sociale esercitata da El Chapo, negli ultimi anni, parla più di ogni cosa; e se davvero la legge agisce per il bene della comunità, questo appare come l’epilogo più logico che ci si potesse aspettare.
Eugenio Bianco