Einaudi gira un video fra i ghiacciai dell’Artico per sensibilizzare al problema che attraversa la nostra Terra
Uno fra gli artisti che ammiro di più, quello con cui la mia mente decide di concedersi la felicità, la certezza della serenità è Ludovico Einaudi.
Pianista e compositore, Einaudi è fra gli artisti italiani che più ci mette il cuore nelle sue dolci melodie.
Oltre ad essere un grande musicista, Einaudi è un grande uomo.
Per fortuna esistono uomini così, uomini a cui ancora importa dell’Universo.
È l’interesse per la Terra, per la situazione disastrosa in cui riversa l’universo, che ha spinto Einaudi a girare un video a favore della campagna di Greenpeace per sensibilizzare e difendere l’Artico.
Elegy for the Artic è una dolce melodia che domina questo video che rappresenta uno scenario triste e desolante. Un universo che si frantuma, la bellezza del mondo che viene meno schiacciata da una mano egoista, da una mano avida come quella dell’essere umano.
Su una piattaforma galleggiante, davanti le coste delle isole Svalbard, in Norvegia, tra i ghiacci del Polo Nord, Einaudi ha suonato la sua musica, con evidente trasporto, con leggera malinconia, per un mondo che paga le conseguenze di azioni che non gli appartengono.
Quello che viene chiesto è di arrestare le attività invasive, quelle tipicamente umane, nell’Artico. Si chiede di fermare le trivellazioni petrolifere e la pesca intensiva al fine di preservare l’ambiente.
Einaudi è commosso di fronte l’Artico che dice non essere un deserto, ma:
«un luogo pieno di vita. Ho potuto vedere con i miei occhi la purezza e la fragilità di quest’area meravigliosa e suonare una mia composizione ispirata alla bellezza dell’Artico e alle minacce che subisce a causa del riscaldamento globale. Dobbiamo comprendere l’importanza dell’Artico per proteggerlo prima che sia troppo tardi»
(www.ansa.it)
Non aspettiamo l’irreparabile, non piangiamo per ciò che si sarebbe potuto evitare, non pensiamo solo agli interessi personali, ma guardiamo l’interno, guardiamo l’universo. Einaudi ha firmato l’appello per la richiesta di accordi che proteggano «l’Artico dallo sfruttamento e dai cambiamenti climatici» (ibidem).
Settimane fa, Greenpeace ha pubblicato “What happens in the Artic doesn’t stay in the Artic”, una relazione scientifica per far comprendere come tale ecosistema si:
«stia scaldando due volte più in fretta che qualsiasi altra regione del mondo, con possibili gravi ripercussioni sull’interno clima terrestre, che alle nostre latitudini si manifesteranno con un incremento dei fenomeni meteorologici estremi»
(www.greenpeace.org)
Il problema del nostro ambiente è grave, la nostra Terra deve essere guarita, basti pensare alle conseguenze che questo inverno ha avuto per i nostri ghiacciai.
È ora di fare qualcosa.
Vanessa Romani