Nel 1991, con un articolo pubblicato sul New England Journal of Medicine, la cardiologa statunitense Bernardine Healy coniò l’espressione “effetto Yentl” per descrivere e trattare la discriminazione di genere in ambito sanitario. Il fenomeno noto come “Yentl Syndorme” deve il proprio nome alla protagonista del romanzo dello scrittore ebreo polacco Isaac Bashevis Singer Yentl The Yeshiva Boy (1960), una giovane donna ebrea che, per poter studiare il Talmud e accedere alla scuola rabbinica, pratiche proibite alle donne, è costretta a travestirsi e a fingersi uomo.
Il rapporto tra l’articolo della dottoressa Healy e la storia di Yentl sta nella denuncia della disparità di trattamento che le donne hanno subito nel corso della storia, e ancora subiscono, in diversi ambiti lavorativi e sociali. L’articolo della Healy, in particolare, si concentrava su quanto osservato all’interno dell’istituto di cardiologia di cui era direttrice, sottolineando come, nel suo campo specifico, la sottorappresentazione delle donne avesse condotto ad una più scarsa conoscenza nel trattamento e nella prevenzione dell’infarto nella popolazione femminile. Inoltre, l’articolo denunciava anche come le donne fossero statisticamente meno coinvolte e rappresentate all’interno delle indagini terapeutiche e diagnostiche. All’epoca, il pezzo della dottoressa Healy ebbe il merito di accendere un ampio dibattito, contribuendo alla diffusione della “medicina di genere”.
La medicina di genere e la presenza delle donne nella sperimentazione di farmaci
Per medicina di genere si intende il campo d’indagine che si concentra sullo studio delle differenze biologiche, sociali e culturali tra uomini e donne e sul modo in cui tali fattori incidano diversamente sullo stato di salute e sulla risposta a patologie e terapie mediche. La medicina di genere, infatti, prende in considerazione tanto le differenze biologicamente date tra anatomia maschile e femminile, che sono determinate dal sesso, quanto quelle socio-economiche e culturali, che sono, invece, determinate dal genere. Per medicina di genere, dunque, non si intende un settore specifico che si occupi del corpo femminile o delle donne, quanto più una branca della medicina sviluppatasi per contrastare l’impostazione androcentrica del mondo medico e per far fronte alle gravi disuguaglianze di trattamento riservate alle donne.
Nonostante la sua importanza fondamentale, tale campo di studi cominciò a formarsi solo a partire dagli anni Ottanta, indagando i modi in cui le donne venissero spesso sottoposte a cure inadeguate, meno efficaci e più rischiose e analizzando gli esisti di tale fenomeno nell’insorgenza, nel decorso e nel trattamento della malattia.
Per lungo tempo, al di là degli apparati riproduttivi, gli studi medici hanno considerato gli esseri umani di sesso femminile come una versione in scala ridotta di quelli di sesso maschile (ne sono un chiaro esempio i libri di medicina e gli atlanti medici) ritenendo che i farmaci testati sugli uomini andassero automaticamente bene anche per le donne. Tale androcentrismo ha fatto sì che venissero a lungo ignorate differenze biologiche fondamentali tra i due sessi come, banalmente, la diversa distribuzione della massa grassa, le variazioni del metabolismo e la diversa qualità di enzimi digestivi, tutti fattori che possono influenzare il decorso di una malattia o la risposta a un farmaco.
In relazione alla scarsa presenza delle donne all’interno dei trial medici, se da un lato va sottolineato come possa essere più complesso inserire donne nella sperimentazione di farmaci rispetto a uomini per questioni legate alle fluttuazioni ormonali e al rischio in gravidanza, è vero anche che, statisticamente, le donne consumano più farmaci rispetto alla popolazione maschile, nonostante questi non siano sempre testati adeguatamente per le caratteristiche biologiche femminili.
Un esempio, divenuto tristemente celebre, delle gravi conseguenze dell’effetto Yentl è quello della diffusione e della somministrazione alle donne in stato di gravidanza della talidomide tra anni Cinquanta e Sessanta. A seguito della sperimentazione animale e umana, entrambe basate prevalentemente su esemplari maschi e su pochi femmina, nessuna dei quali gravida, tale farmaco dalle proprietà sedative e anti-nausea si diffuse nel mondo venendo prescritto a donne in gravidanza. Fu solo diversi anni dopo, nel 1961, che si scoprì che la talidomide causa gravi alterazioni nello sviluppo degli arti nel feto, con la conseguenza che oltre diecimila bambini nacquero privi di uno o più arti o con severe malformazioni.
Effetto Yentl e Covid-19: dai vaccini alla salute di genere
Nonostante negli ultimi decenni la medicina di genere abbia lavorato per colmare la disuguaglianza in ambito sanitario, e sebbene vi siano stati ottimi segnali in questa direzione anche recentemente, come testimonia l’approvazione del Piano per l’applicazione e la diffusione della medicina di genere nel 2018 che impone di tener conto delle differenze di genere in tutti gli ambiti della medicina, la strada per colmare definitivamente la disparità tra uomo e donna sembra ancora lunga.
Oltre ai problemi legati alla presenza delle donne nella sperimentazione di farmaci, infatti, vi sono molti altri fattori di carattere socioeconomico e culturale che contribuiscono, ancora oggi, alla marginalizzazione della popolazione femminile. Il fatto che le donne guadagnino in media il 16% in meno rispetto agli uomini, per esempio, è un elemento determinante nell’acceso alle cure mediche; un altro fattore è legato alla posizione di caregiver che le donne sono più soggette a ricoprire rispetto agli uomini, con tutto ciò che ne consegue in termini di salute mentale; o, ancora, l’incidenza della violenza domestica, la disapprovazione e perfino il divieto di accesso a determinati prodotti medici per motivi sociali, religiosi e culturali. Sono tutti esempi che fanno parte della vita quotidiana di milioni di donne nel mondo e che influiscono sulla loro salute.
Questo ultimo anno di emergenza sanitaria mondiale, in particolare, ci sta dimostrando nuovamente quanto peso abbia il genere quando si parla di salute. Anche nella sperimentazione dei vaccini contro il covid-19, infatti, diverse ricerche stanno riflettendo sul fatto che, ancora una volta, le donne siano state sottorappresentate e che siano necessari ulteriori studi per determinare i diversi gradi di risposta al vaccino del sistema immunitario delle donne rispetto a quello degli uomini. Inoltre, malgrado i dati evidenzino che sono gli uomini a coprire i tassi più alti di mortalità per complicazioni legate al coronavirus, sono le donne che si trovano ad affrontare in maggior misura gli oneri della pandemia, con conseguenze gravi sulla loro salute fisica, mentale, emotiva e sociale.
L’effetto Yentl, insomma, torna utile ancora oggi, in particolar modo davanti ad una pandemia mondiale, per rendere conto delle motivazioni profonde per cui, ancora una volta, sia soprattutto la salute delle donne a rimetterci, tanto dal punto di vista della risposta politica quando di quella sanitaria ad una crisi globale che non si risolverà senza che vengano messi in moto radicali cambiamenti anche in ambito medico.
Marta Renno