Avete presente quei simpatici aspirapolvere che avete sicuramente visto su Amazon o a casa di qualche congiunto e che circolano liberi ed efficienti per il salotto, mentre il proprietario si dedica in altrettanta libertà ai suoi passatempi? Ecco, questo disco tondo che sembra uscito dal cartone animato della famiglia Jetson ci può spiegare la crisi che stiamo vivendo e che affronteremo nei prossimi mesi.
Come riportato da Stefano Feltri su Domani, una decina di giorni fa l’azienda che produce lo straordinario ritrovato della tecnica che risponde al nome di Roomba, ha festeggiato un milione di prodotti venduti nel nostro Paese. Il traguardo, senza troppo stupore, è stato raggiunto al termine del lockdown. Coincidenze? Decisamente no. Scoppia infatti la pandemia e le persone si ritrovano bloccate in casa, tra smartworking e impossibilità di far affidamento sui propri eventuali collaboratori domestici. Tra lo scettico e il disperato, quindi, le famiglie decidono di investire 300 euro su Amazon Prime. Così, il giorno dopo hanno il loro robot semovente che inizia a scorrazzare per il salotto in tutto il suo americano splendore. Certo, non risolve tutto, ma è già qualcosa intravedere di nuovo il tappeto liberato dalle briciole.
Ora, chi scrive è la persona forse meno indicata per parlarvi di faccende domestiche, ma il piccolo Roomba può essere sicuramente utile anche ad altro. Può spiegarci infatti, come ha sostenuto Markus Brunnermeier, economista di Princeton, perché il mondo dopo il Covid sarà diverso.
Tornare al passato è possibile?
Il lockdown, infatti, è finito. Chi faceva le pulizie, però, ha perso il posto o lavora meno rispetto a prima, non per colpa del Roomba, certamente. Il nostro menage familiare è stato sottoposto a isolamento per quattro mesi, senza praticamente nessun contatto tra esterno e interno. La stessa cosa è avvenuta alle nostre economie. Ora, Roomba o non Roomba, qualcuno pensa di girare pagina e di tornare alla vita di prima: il robot semimovente però è ancora lì in salotto. E non sono i 300 euro che abbiamo speso, badate bene. E’ che forse ci siamo resi conto che la signora delle pulizie non ci serve proprio tutti i giorni, magari basta anche solo un paio di volte alla settimana. Pulizie a parte, l’isolamento ha cambiato tutto. E il Roomba ci serve per capire una cosa: per chi è al Governo è il momento di decidere se cercare di riportare tutto alla situazione pre-pandemia o se prendere atto del cambiamento.
Una tentazione tutta italiana: bloccare tutto
Usiamo sempre la metafora del nostro Roomba. Una tentazione tutta italiana, a questo punto, potrebbe fare capolino a palazzo Chigi. Per sostenere chi ha perso il posto di lavoro perché sostituito dal robot, perché non tassare il possesso del Roomba? E’ il caso di scoraggiare l’acquisto? Di agevolarne gli smaltimenti? Nulla di questo è ancora successo. L’effetto Roomba è solo una metafora per parlare di economia. In altri termini: è necessario tornare indietro o meglio fare una riflessione e cercare di riqualificare coloro che hanno perso il lavoro nel settore, per far trovare una nuova fonte di reddito?
Riflettere sulla riqualificazione
Il settore delle collaborazioni domestiche nell’ambito delle pulizie è emblematico per parlare delle sfide della crisi. Obbliga a riflettere sulla questione della riqualificazione dei soggetti che hanno un titolo di istruzione poco spendibile e che hanno accumulato esperienze lavorative senza valore aggiunto. E siccome piove sempre sul bagnato, si tratta di un ambito paradigmatico anche perché riguarda professioni che necessitano della presenza fisica.
Che ne sarà delle nuove abitudini acquisite?
La pandemia ha modificato certe abitudini di consumo? Probabilmente sì, sostiene Brunnermeier. E’ possibile fare finta che questi mesi non siano mai esistiti? Possiamo quindi richiamare la nostra colf facendo finta di nulla? O è utile accelerare la transizione a un nuovo modello di consumo, anziché ostacolarlo? I negozi delle nostre province smetteranno di consegnare a domicilio o continueranno? Che ne sarà delle riunioni su Zoom? Lo shock dell’effetto Roomba può essere attutito? In Italia ci abbiamo provato con la cassa integrazione, ad esempio. Ma può funzionare una soluzione tampone per un problema che, crisi o meno, era strutturale?
Lo studio di Harvard
Questo è l’effetto Roomba: niente, con ogni probabilità tornerà come prima, a partire dal nostro concetto di produttività. Sempre come cita Feltri, Raj Chetty di Harvard sta portando avanti un progetto incredibile. Il suo obiettivo è misurare l’impatto del Covid, attraverso i dati forniti da aziende private in merito ai pagamenti effettuati con carta di credito e alle ricerche online. Da una prima analisi, è emerso un fatto molto interessante. Considerando la popolazione statunitense, la spesa per consumi del 25% delle persone più povere è variata meno rispetto a quella del 25% dei ricchi. I più ricchi, nell’apice della pandemia, hanno ridotto i loro consumi del 31%, mentre i più poveri solo del 23%. A distanza di un anno, tra giugno 2020 e 2019, le fasce meno abbienti consumano solo il 3% in meno, mentre i più facoltosi hanno ridotto i consumi del 17%.
Il crollo della spesa dei ricchi
La risposta è semplice: certi consumi sono incomprimibili. Chi già aveva un reddito basso, non ha potuto sforbiciare più di tanto la lista degli acquisti necessari. I ricchi invece hanno tagliato delle spese che i meno abbienti non facevano comunque spesso, complice anche la chiusura forzata di posti come teatri, terme o ristoranti. A questo, però, si aggiunge un’altra considerazione sull’effetto Roomba: i consumi dei ricchi, solitamente, iniettano nel sistema denaro per foraggiare gli stipendi dei meno abbienti. Pensiamo al ristorante: chi fa il cameriere, solitamente, è annoverato nella fascia a basso reddito, che non è più sostenuta dalla fascia ad alto reddito. Il crollo della spesa dei ricchi, quindi, peggiora ulteriormente la situazione. Con un altro enorme problema: i ricchi hanno comunque un paracadute, mentre i poveri non hanno nemmeno quello. La disuguaglianza, quindi, si acuisce, con conseguenze verosimilmente traumatiche. La pandemia, dunque, non è uguale per tutti. E nemmeno quello che verrà dopo.
E non ditemi che non avete mai visto i Jetson.
Elisa Ghidini