C’è chi nega il cambiamento climatico in atto e chi si adopera per un cambiamento del modello di sviluppo in modo da mitigarne gli effetti, ma c’è un altro compito importante di cui si stanno occupando sempre più studiosi, prepararsi per i cambiamenti che sono ormai inevitabili: ad esempio l’innalzamento dei mari è un dato di fatto, è in atto, continuerà, le misure che gli scienziati caldeggiano, se implementate, serviranno a renderlo meno imponente.
Si inserisce in questa scia un interessante studio proveniente dalla facoltà di ingegneria dell’Università della California del sud che ha analizzato gli effetti dell’innalzamento degli oceani negli USA.
Per la precisione l’articolo uscito su PLOS ONE documenta i risultati di una simulazione, effettuata utilizzando il machine learning, dei flussi migratori scatenati dall’inondazione delle aree costiere prevista per la fine del secolo in corso.
Il machine learning è uno degli approcci all’intelligenza artificiale, i ricercatori guidati da Bistra Dilkina (autrice corrispondente) e Caleb Robinson sono partiti dai flussi migratori che si sono effettivamente verificati in seguito alle devastazioni portate dagli uragani Katrina e Rita (il machine learning funziona proprio così, dando a un sistema un’enorme mole di dati analizzando i quali impara a fare previsioni).
Quindi sono stati messe in relazione le previsioni sulle aree che saranno inondate con i pattern elaborati sui flussi migratori scatenati dalla fuga dalle aree costiere inondate.
Quello che gli autori dello studio volevano fare non era scoprire chi negli USA sarà colpito direttamente dall’innalzamento degli oceani e dunque sarà costretto a migrare, ci sono già molti studi che hanno fatto questo, volevano scoprire (prevedere) dove si dirigeranno.
I risultati mostrano che gli effetti dell’innalzamento degli oceani negli USA saranno imponenti, spingendosi ben oltre le aree costiere, le grandi città lontane dal mare del sud-est degli Stati Uniti ma anche del Texas saranno le più colpite, in particolare: Atlanta, Houston, Dallas, Denver e Las Vegas.
Inoltre non c’è da considerare solo l’effetto dei flussi migratori creati dalla fuga dalle coste, ma anche quello sugli attuali flussi migratori: ad esempio dall’altra parte del paese, in California, attualmente l’area costiera di Los Angeles è la preferita dai flussi migratori provenienti da sud, ma quando quest’area andrà sott’acqua il flusso non si arresterà, con ogni probabilità si riverserà sulle contee circostanti al sicuro dalle acque, dunque queste zone al momento ignorate o quasi dal flusso migratorio potrebbero essere invase da decine di migliaia di persone.
Lo scopo di uno studio come questo è dare strumenti per pianificare, gli autori spiegano che i flussi migratori possono essere una buona cosa e un’occasione per le comunità se previsti e si pianifica in anticipo ma una catastrofe che si abbatte sulle comunità senza adeguata preparazione.
Roberto Todini