Chi è lo street artist brasiliano Eduardo Kobra? Scopriamo in questo articolo un autodidatta dal talento straordinario, burrascoso in gioventù e oggi al servizio delle città e delle buone cause. Un anti-Banksy timido e riservato, ma che sull’arte ha le idee chiarissime: democratica e inclusiva, il suo compito è migliorare il mondo. Partendo dalle vite dei cittadini.
Profana della street art, fino a poco tempo fa non conoscevo il lavoro di Eduardo Kobra. L’ho scoperto per caso facendo ricerche sulla famosa fotografia di Alfred Eisenstaedt V-J Day in Times Square. Scorrevo le immagini dello scatto quando ne è apparsa una riproduzione gigantesca, caleidoscopica, su una facciata nel quartiere di Chelsea, a Manhattan. I colori brillanti che s’irradiavano da quel bacio in bianco e nero mi hanno subito colpita. Dovevo saperne di più. Curiosando sul suo sito web, ho finito per innamorarmi dell’energia dirompente delle opere di Kobra e della loro capacità di veicolare con leggerezza messaggi urgentissimi. Perché a questo “street artist soldier” – come lo definisce la sua bio – non preme solo rendere le città più colorate con la propria arte urbana. La sfida che raccoglie è di portare una bellezza ulteriore negli spazi condivisi promuovendo pace, speranza, tutela dell’ambiente e rispetto per ogni cultura.
Ritratto dell’artista: chi è Eduardo Kobra?
Nato a San Paolo nel 1976, la vicenda artistica di Kobra si è intrecciata profondissimamente a questa città. Figlio di un tessitore e di una casalinga, lo street artist infatti non ha avuto le possibilità economiche per ricevere una formazione accademica. La sua città natale è diventata allora una tela sulla quale affinare il talento. Già dal 1987 iniziava ad apporre la sua firma sui muri, finendo più volte in arresto per vandalismo durante l’adolescenza. Ma è stata la collaborazione con il collettivo Hip Hop a indirizzarlo, giovanissimo, alla carriera di artista. Negli anni’90 Eduardo Kobra riceveva il primo incarico retribuito realizzando i manifesti per alcuni eventi di Beto Carrero World, il più grande parco divertimenti brasiliano. E otteneva un successo tale da farlo subito ingaggiare da compagnie del calibro di Coca-Cola, Ford, Nestlé e Chevrolet, con le quali collabora tuttora.
Tali collaborazioni sono costate all’artista l’accusa di essere un mercenario al soldo delle grandi corporations. Uno che, insomma, realizza murales sulla pace e sulla necessità di tutelare l’ambiente per rifarsi una verginità. Le cose stanno davvero così?
Niente affatto. Le collaborazioni con i colossi del libero mercato, sempre e comunque attentamente valutate, avvengono in una ben precisa ottica. Quella di garantire a Kobra la possibilità di dedicarsi, pro bono o finanziato dalle istituzioni locali o nazionali, a progetti di interesse collettivo. Il maggiore, iniziato a San Paolo nel 2000 e portato in tutto il mondo con il suo collettivo artistico, è stato il Walls of Memories. Un progetto ancora in corso, volto a valorizzare l’identità e la memoria di città o singoli quartieri, ritraendone figure storiche o scorci di vita passata.
Per Eduardo Kobra, il Walls of Memories lo evidenzia, la street art è anzitutto un servizio alla comunità. Le opere rievocano momenti chiave della storia della città, per immaginare come si viveva o come si potrebbe vivere facendo tesoro di alcune esperienze.
Per questo, alla base di ogni murales del progetto sta un lavoro di ricerca minuzioso. L’artista non solo spulcia archivi storici e biblioteche, ma trascorre ore a parlare con la gente del quartiere per comprenderne l’immaginario e i bisogni. Poi, con vernice spray ed aerografo, riproduce su larghissima scala un’immagine accuratamente studiata per apparire tridimensionale e ricchissima in dettagli e colori. Una tecnica inconfondibile che, ispirata da artisti tradizionali come Klimt, Dalì e Diego Rivera e da street artist come Blu, risponde a un’esigenza precisa. Quella di trattenere l’osservatore a dialogare con lo sguardo con l’esplosione di colori che si stacca dal grigiore d’inquinamento di città come San Paolo.
È nella capacità di far fermare un passante che, secondo Eduardo Kobra, sta la forza della street art. Un murales ha effetto se riesce a sfidarci a riflettere. Magari confrontandoci con sconosciuti che si siano ugualmente fermati, facendoci conoscere e aprendo dialoghi imprevisti e fecondi.
Come affermava in un’intervista del 2017, rilasciata mentre realizzava un murales a Lake Worth (FL) dedicato a Martin Luther King e al tema della pace,
L’arte urbana è democratica e inclusiva per vocazione, per questo può fare la differenza […]. Io vedo le città come grandi gallerie d’arte all’aperto, gallerie accessibili a tutti. Anche a chi magari non è mai entrato in un museo e non ha modo di accedere agli ambienti esclusivi delle gallerie d’arte contemporanee. Qui le persone semplici hanno lo stesso diritto di sguardo dei critici, la stessa possibilità di essere coinvolte e interpellate dalle opere.
E, nel 2019, tornando a Lexington, dove aveva dedicato un murales ad Abraham Lincoln:
La bellezza di dipingere sui muri dei palazzi è questa: le opere poi dialogano con chi cammina per le strade. Questo lavoro innesca un processo che non solo cambia il volto della città, ma anche qualcosa nel modo di vivere di chi la abita.
Un’idealizzazione un po’ romantica della street art?
Forse no. A differenza di altri street artist (come Blu, al quale dichiaratamente si ispira), la critica sociale nell’opera di Eduardo Kobra è meno angosciante e corrosiva. Anche se non assente: si veda, ad esempio, il murales Welcome to the REAL Brazil”.
Il lavoro di Kobra sembra piuttosto aspirare a una trasformazione della società conferendo maggiore visibilità a messaggi e figure positive. È possibile leggere da questo punto di vista, ad esempio, i murales celebrativi dedicati a Niemeyer, Gandhi, Madre Teresa, Martin Luther King, Einstein e altri. Così come, del resto, il murales da record realizzato a Rio De Janeiro nel 2016. Commissionato in occasione delle Olimpiadi, esso offre visibilità a gruppi etnici minoritari, culturalmente o politicamente minacciati, nei cinque continenti.
Questa impostazione, insieme alla scelta di una figura pubblica ben riconoscibile, finalizzata a sostenere numerose iniziative benefiche, conferisce a Kobra una particolare fisionomia.
Lo street artist brasiliano, infatti, si configura come una sorta di anti-Banksy. Non perché Kobra costituisca una alternativa al più popolare e tutt’ora ignoto artista inglese. Al contrario, i due artisti sembrano rappresentare due facce della stessa medaglia. Il lavoro di Banksy – così come quello di Blu e di altri – serve a risvegliare lo spirito critico dell’osservatore. Per questo non di rado appare a sorpresa, in punti non immediatamente individuabili o comunque inconsueti. L’opera di Kobra, invece, visibilissima con le sue grandi dimensioni e i colori sgargianti, offre speranza aprendo, attraverso i muri, varchi per innumerevoli mondi possibili. Mondi dai quali, fermandoci insieme ad osservare, potremmo lasciarci ispirare nel costruire un futuro migliore.
Valeria Meazza