Gli ecosistemi di fanerogame osservati dalle pinne di uno squalo tigre: lo studio alle Bahamas

Da sempre temuti per la loro ferocia, gli squali tigre hanno aiutato l’uomo a scoprire il più grande ecosistema di fanerogame mai osservato.

Da tempo gli scienziati cercano di acquisire quante più informazioni possibili sugli ecosistemi di fanerogame, così da offrire nuove soluzioni che contribuiscano a mitigare gli effetti del cambiamento climatico. Tuttavia, osservare queste specie è estremamente complesso e spesso le informazioni acquisite non consentono di calcolare la loro reale distribuzione sui fondali oceanici. Consapevoli di tali difficoltà,  i biologi marini hanno pensato di sfruttare la motilità degli squali nel loro habitat, con il fine di raccogliere dati in aree, dove l’accesso all’uomo è difficile e spesso pericoloso.

Lo studio

Pubblicato su Nature, ha visto la collaborazione di un team internazionale di scienziati, guidati dal biologo americano Austin Gallagher. Fondatore dell’associazione Beneath The Waves”, che da anni si impegna nella salvaguardia degli squali nelle aree protette, ha condotto il team nella scoperta delle cosiddette “Bahama Banks”. Si tratta di un ecosistema di fanerogame distribuito su un’area di oltre 92.00 km²: un’estensione incredibilmente superiore ai 2.250 km² stimati con i metodi tradizionali.

Questa scoperta mostra quanto siamo lontani dall’aver esplorato gli oceani, non solo nelle profondità, ma anche nelle aree poco profonde.

Queste le parole di Carlos Duarte, coautore e professore della King Abdullah University of Science and Technology (Arabia Saudita). Difatti, quanto scoperto dal team estende di oltre il 40% la copertura globale ad oggi conosciuta di fanerogame marine. Purtroppo la mappatura di tali habitat è estremamente complessa e richiede un investimento importante di tempo e risorse per la raccolta dati, nonché l’utilizzo di attrezzature sofisticate. Inoltre, non di rado è praticamente impossibile rilevare gli ecosistemi di fanerogame nelle acque profonde e/o torbide, poiché il segnale radar non riesce ad arrivare.

Perché gli squali tigre

La strategia di applicare delle telecamere sul corpo degli animali, con il fine di studiare aree altrimenti inaccessibili all’uomo, non è nuova. Ad esempio, in passato erano stati già applicati dei dispositivi sulle tartarughe marine, tuttavia, lo squalo tigre (Galeocerdo cuvier) mostra una maggiore affinità per questo habitat, dove, in qualità di predatore apicale, preferisce vivere in tutte le fasi della sua vita. Partendo da questa evidenza, gli scienziati hanno quindi pensato di provare a mappare i fondali oceanici, attaccando telecamere e localizzatori alla pinna caudale di sette esemplari.

Tra il 2016 e il 2020, il team ha catturato gli squali utilizzando specifici protocolli, conformi alle normative etiche approvate dal Comitato per la cura degli animali della Carleton University. In genere, la procedura non richiedeva più di 10 minuti perecosistemi di fanerogame esemplare e la ricerca degli animali idonei si è concentrata in tre zone: a largo di New Providence Island, Exuma Cays e a largo del West End, Grand Bahama.

Gli ecosistemi di fanerogame

Comparse per la prima volta circa 100 milioni di anni fa, ad oggi costituiscono il 94% della biodiversità vegetale marina. Purtroppo, poiché solo poche specie prediligono gli ambienti costieri, non si hanno molte notizie su queste forme di vita. Tuttavia, hanno un ruolo di primaria importanza nell’ecologia marina, considerando la loro capacità di sostenere la produttività biologica, la biodiversità oceanica e le risorse ittiche, nonché di catturare carbonio.

In botanica sono classificate nel gruppo delle Angiosperme monocotiledoni, ovvero piante con fiori e non alghe, come spesso vengono erroneamente definite. La specie più conosciuta nel Mediterraneo è indubbiamente la Posidonia oceanica, la quale predilige fondali poco profondi (1-2m), invece, quella più diffusa a livello globale è la Halophila sp., che raggiunge anche i 30m.

Le Bahama Banks

Composte prevalentemente da sedimenti carbonatici, le Bahama Banks si estendono per oltre 135.000km 2 , sono composte da due grandi sponde e hanno una profondità media <10 m. Le specie più rappresentative, il Thalassia testudinum e il Syringodium filiforme, predominano gli ecosistemi di fanerogame a maggiore densità, mentre nelle aree più rade troviamo prevalentemente Halophila decipiens e Halodule wrightii.

Una fonte preziosa di carbonio blu

Secondo gli scienziati, le fanerogame marine intrappolano circa il 17% del carbonio organico totale sepolto nei sedimenti dei fondali marini, dove gli organismi viventi catturano il cosiddetto “Blue Carbon” (carbonio blu) per poi immagazzinarlo sotto forma di biomassa o sedimenti in particolari ambienti, quali i mangrovieti e le praterie di fanerogame.

Gli ecosistemi a carbone blu ricoprono circa il 2% dei fondali oceanici, ma riescono a catturare  il 50% del carbonio sepolto nei sedimenti marini. Difatti, hanno una capacità di immagazzinamento 10 volte superiore a quella delle foreste temperate e 50 volte quella delle foreste tropicali.

Un valido aiuto contro il cambiamento climatico

Promuovere questi ambienti in grado di trattenere grandi quantità di carbonio è una strategia ottimale, per contrastare gli effetti del cambiamento climatico. Pertanto, la tutela degli ecosistemi di fanerogame assume oggi un valore aggiunto, che va oltre l’importanza di conservare la biodiversità marina. Tuttavia, negli ultimi decenni si sta osservando una sensibile riduzione dell’estensione di questi habitat limitando, di conseguenza, l’aiuto che le fanerogame possono darci per aiutare il Pianeta.

Purtroppo a minacciare la sopravvivenza degli ecosistemi di fanerogame intervengono molteplici fattori, prevalentemente antropici; ad esempio:

  1. lo sviluppo costiero;
  2. la navigazione;
  3. dragaggio costiero
  4. estrazione dell’aragonite.

Nel complesso, complici anche le manifestazioni metereologiche estreme, ad oggi sappiamo che ogni anno gli oceani perdono circa il 7% delle fanerogame marine totali.

 Ci porteranno in posti nuovi di cui non sapevamo l’esistenza.

Tra i predatori delle acque, lo squalo è indubbiamente il più temuto dall’uomo, il quale ne percepisce la pericolosità, ma ne subisce anche il fascino. Amato e odiato è un animale straordinario, con delle capacità rare e una storia, che affonda le sue radici nel lontano Devoniano.

Sugli squali è stato detto veramente di tutto, la realtà e la fantasia ormai si mescolano, rendendo spesso difficile discernere il vero dal falso. Di cosa celino i nostri fondali oceanici, invece, se ne parla sempre troppo poco, sottovalutando di conseguenza il loro essenziale ruolo per il  Pianeta.

Oggi la scienza apre nuovi orizzonti allo studio di queste realtà, ma noi tutti abbiamo contemporaneamente il dovere di non fermarci alla mera acquisizione di informazioni, ma trasformarla piuttosto in consapevolezza e quindi in azioni, che contribuiscano alla tutela di tutta questa inestimabile bellezza e ricchezza.

Carolina Salomoni

 

Exit mobile version