Economia e natura: l’insostenibile leggerezza del turismo di massa

Il turismo di massa sta provocando annosi danni in tutto il mondo. L’invasione di ogni spazio da parte dell’uomo sta costringendo a divieti di ingresso e a misure di tutela emergenziali.

In Thailandia molte delle più famose spiagge sono state chiuse al pubblico affinché la natura abbia il tempo di rigenerarsi. Una di queste è Maya Bay, resa famosa dal film interpretato da Di Caprio ‘The Beach’ ed ora devastata dalle flotte di turismo che l’hanno invasa. Il divieto di ingresso è stato esteso per altri due anni, almeno fino a giugno 2021.




Thailandia / Foto di Giulia Fantuzzi

Dopo che l’80% dei coralli è stato distrutto dalle imbarcazioni, dai rifiuti, dal consumo quotidiano di splendori sottomarini, le autorità avevano predisposto dapprima una chiusura stagionale prolungata, svelatasi insufficiente alla rigenerazione della natura terrestre e acquatica. Ad ottobre scorso, dunque, è giunto l’annuncio di una chiusura «a tempo indeterminato», nonché la decisione di rendere l’ingresso a numero chiuso, limitarne considerevolmente il numero degli ingressi non appena verrà riaperta al pubblico.

Fino allo scorso anno, 5000 persone ogni giorno invadevano la baia. La maggior parte dei turisti raggiungeva la riva in barca, nonostante i divieti. In primavera dello scorso anno si è corso ai ripari e, secondo le ultime osservazioni, in un anno si è assistito ad una progressiva ma lenta rigenerazione dei coralli. I danni sono tuttavia enormi e richiedono ancora tempo. Va ripensata la politica sul turismo, va ripensato la fruizione stessa della natura.




Economia e natura continuano a scontrarsi, come due dimensioni incompatibili della realtà. Paesi come la Thailandia dove il turismo rappresenta una grossa fetta del Pil, circa il 12%, cercano di rispondere alle emergenze ambientali ma con enorme difficoltà. Ciò che vendono viene degradato da coloro che comprano. Il consumo degrada il prodotto, ma il prodotto in questione è la natura, divenuta strumento e fine di ricchezza, divenuta problema, emergenza, risorsa da sfruttare, risorsa da proteggere, risorsa da tutelare. Risorsa in mano all’uomo.

Gli oceani: una fonte di vita per tutti

Gli oceani sono oggi una destinazione turistica per molti, una fonte di reddito per altri, una casa per milioni di specie. Circa 60 milioni di persone sono impiegate nel settore della pesca marittima, una fonte di proteine che ammonta a circa 151 milioni di tonnellate destinati al consumo umano. L’oceano assume valenza diversa per ognuno, ma è per tutti invariabilmente una fonte di vita.

Gli scienziati prevedono che il 90% delle barriere coralline del mondo morirà entro il 2050 e che la biodiversità dell’oceano si sta degradando ad un ritmo allarmante, a causa delle attività umane. Le terre emerse e quelle bagnate dall’acqua sono tutte minacciate dalla crescente facilità con cui si ci mette in viaggio, si attraversa da sopra e da sotto il mondo. Secondo l’Organizzazione mondiale del turismo delle Nazioni Unite, il numero di viaggi turistici internazionali nel mondo ha raggiunto 1,3 miliardi nel 2017 e si prevede che raggiungerà 1,8 miliardi entro il 2030.

Il World Travel Tourism Council prevede che il futuro dei viaggi e del turismo consterà di 400 milioni di posti di lavoro e contribuirà al 25% della creazione globale di posti di lavoro a livello globale. L’infrastruttura necessaria per sostenere questa crescita dell’attività economica ha aumentato la pressione sulle risorse naturali, sulla biodiversità e sulle comunità locali.

I dati sopramenzionati si possono rintracciare nelle ricerche compiute dal World Economic Forum, l’organizzazione internazionale per la cooperazione pubblico-privato con sede a Ginevra, pubblicate in un articolo uscito il 26 marzo 2019 e firmato da Jemi Laclé, Aleksandra Dragozet e Melissa Novotny.

Le tre autrici evidenziano i rischi che il turismo genera, ma anche come quest’ultimo possa fungere da slancio allo sviluppo sostenibile. A patto che venga adeguatamente pianificato e gestito, il turismo sostenibile può contribuire a migliorare i mezzi di sostentamento, l’inclusione, il patrimonio culturale e la tutela delle risorse naturali, nonché a promuovere l’integrazione internazionale. Vi sono sia aspetti positivi che negativi derivanti dall’aumento della mobilità umana e del turismo, pertanto è fondamentale trovare un equilibrio per incoraggiare il turismo volto alla crescita economica e stimolare incentivi per la conservazione dei nostri oceani.




Il turismo: una messa in scena che si autodistrugge? Oppure un’opportunità di sviluppo sostenibile?

Recentemente, molti studi sociologici e geografici si sono concentrati sul fenomeno del turismo, sulle forme di spazialità che il turismo alimenta. Uno studio interessante appartiene a Chiara Rabbiosi, giovane ricercatrice milanese, la quale si occupa di relazioni tra società e territorio, in particolare di rigenerazione urbana, nonché di turismo e consumo, privilegiando metodologie di ricerca qualitative e partecipative. In Il territorio messo in scena, Chiara Rabbiosi scrive: “Se è idea diffusa che il turismo consista prevalentemente in una forma di scambio e consumo di servizi, in realtà esso stringe una fortissima relazione anche con lo scambio di beni, che – come vedremo più avanti in questo lavoro – possono assumere un ruolo fondamentale nello stimolare dei processi di riterritorializzazione del turismo. Lo scambio di alcuni tipi di merce indotto dal turismo, in particolare di quegli oggetti che rimandano al place in product (Molotch 2002), può favorire l’economia locale, pur sempre immersa in un flusso di relazioni transcalari. Non è un caso, dunque, che le merci e gli spazi di consumo stiano diventando elementi particolarmente significativi per la messa in scena del territorio attraverso il turismo”.

Il turismo, pertanto, è la messa in scena del territorio, l’offerta di una merce acquistabile, consumabile e al contempo abbandonabile. La macchina del turismo offre la possibilità di vedere cosa si nasconde dentro gli oceani, ma essa si inceppa quando la messa in scena stessa finisce per distruggere teatro e teatranti. Si chiude così il sipario, oppure lo si apre ai pochi che possono permetterselo. Il turismo diventa così elitario e le disuguaglianze si accentuano ulteriormente.

Giulia Galdelli

 

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