Avete mai pensato che una ciambella potrebbe salvare l’umanità dall’estinzione? Ebbene, c’è qualcuno che afferma che effettivamente questo sia possibile.
L’oxfordiana Kate Raworth nel 2017 pubblica il libro “Doughnut economics” nel quale elabora una teoria economica che si discosta totalmente da quella tradizionale. La Raworth sostiene che l’economia sia una scienza sociale inventata dall’uomo e quindi possa essere cambiata e messa in discussione. La tesi è che sia plausibile applicare un modello che permetta di rispettare la natura e nel contempo garantire agli uomini una vita dignitosa.
Che cos’è l’economia a ciambella?
La “ciambella economica” ha un anello interno, il cosiddetto “limite sociale”, cioè ciò che una società dovrebbe garantire agli uomini per un’esistenza dignitosa (risorse primarie, energia, assistenza sanitaria, istruzione …). Oltre l’anello interno ci si trova nel buco della ciambella dove si realizzano le condizioni di privazione umana. Secondo la Raworth, un’economia funzionante non dovrebbe mai porre sotto stress i processi della natura. Qui si delinea l’anello esterno nella ciambella (limite ambientale): oltrepassando questo confine si rischia il degrado e la distruzione del pianeta. L’equilibrio dunque si trova tra i due anelli dove idealmente ci sarebbero i presupposti di un progresso sostenibile.
Il caso Amsterdam
Nell’aprile del 2020 il vicesindaco della città di Amsterdam , Marieke van Doorninck, dichiara che la fase due post coronavirus sarà organizzata sul modello economico della ciambella. La città da quasi un anno sta quindi attuando politiche green utilizzando materiali ecosostenibili per la costruzione di infrastrutture, limitando al massimo rifiuti alimentari e disincentivando il consumismo. L’obiettivo è quello di diventare interamente circolare entro il 2050.
Perché è importante?
La pandemia diventa quindi un acceleratore di quella svolta necessaria per dare vita a un nuovo sistema in grado di fornire una prospettiva diversa. È essenziale acquisire una nuova coscienza collettiva che permetta di porre le fondamenta per una rivoluzione ecologica. Per questo è necessario che Amsterdam non sia la sola ma che ci sia un’intenzione unanime. Un’utopia, certo, ma neanche tanto se si considera l’evidente sensibilizzazione dei giovani su queste tematiche. Pertanto il primo passo è ascoltare le nuove generazioni e coinvolgerle nel dibattito politico per progettare un futuro dignitoso per gli uomini e per la Terra.
Iana Tichem