È possibile un rientro a scuola in assoluta sicurezza a settembre? Sembra essere questo l’argomento preferito dagli italiani (e non solo) in questo periodo.
Ma andiamo con ordine.
Perchè è così importante il rientro a scuola?
Ce lo spiegano alcuni medici inglesi, in una dichiarazione congiunta a sostegno della decisione del governo di riaprire le scuole dopo le vacanze estive. Secondo loro, per i bambini perdere ulteriori giorni di scuola sarebbe addirittura più rischioso del virus stesso.
I medici inglesi partono dal presupposto che, rispetto agli adulti, i bambini hanno un minor rischio di contrarre Covid-19, di incorrere in malattie gravi ed hanno un tasso molto più basso di ospedalizzazione. E soprattutto hanno un rischio molto basso di morire per l’infezione.
I dati parlano. La percentuale di casi sintomatici che richiedono ospedalizzazione è stimata allo 0,1% per i bambini di età compresa tra 0 e 9 anni e allo 0,3% tra quelli di età compresa tra 10 e 19 anni. Rispetto a un tasso di ospedalizzazione di oltre il 4% nel Regno Unito per la popolazione generale. La maggior parte di questi bambini guarisce rapidamente.
E non solo. La scuola migliora la salute, l’apprendimento, la socializzazione e le opportunità durante tutto il corso della vita, compresa l’occupazione. Tutte cose che non sono possibili attraverso la sola istruzione a distanza.
Queste considerazioni trovano riscontro in un nuovo studio pubblicato dalla Public Health England. Che mostra come la pandemia possa attecchire difficilmente nelle scuole. Da quando in UK gli alunni sono tornati a scuola a giugno – durante l’iniziale allentamento delle misure di blocco – solo lo 0,01% delle scuole materne e primarie ha avuto un focolaio, tutti contenuti con successo. E solo 70 bambini e 128 dipendenti sono stati colpiti. I bambini insomma in quel periodo maggiori probabilità di contrarre il virus a casa che a scuola.
Quindi il rientro a scuola sembra non essere così rischioso.
Ma siccome il miglior insegnamento è l’esempio, vediamo com’è andata per i Paesi che hanno tentato di anticipare il rientro.
Il caso della Corea del Sud
In Corea del Sud i ragazzi sono tornati a scuola scaglionati lo scorso maggio. I primi sono stati gli studenti “più grandi”, poi quelli delle elementari.
In quel periodo il Paese registrava una cinquantina di nuovi casi al giorno, che per la Corea corrisponde a un caso ogni milione di persone.
Le misure preventive sono comunque state imponenti. Nelle scuole più affollate oppure nelle aree dove l’epidemia era più attiva, gli studenti hanno frequentato a turni. E laddove sono stati segnalati contagi si è passati prontamente alla didattica a distanza.
Dopo due mesi dalla riapertura non sono state registrate impennate di casi di Covid – 19 tra bambini e ragazzi under 19. E solo uno tra i 111 ragazzi risultati positivi tra maggio e luglio avrebbe contratto l’infezione a scuola. Per gli altri, il contagio sarebbe invece avvenuto in famiglia.
Il caso dell’Australia
Nello Stato australiano del New South Wales – che ha lasciato scuole e centri diurni aperti per i figli degli operatori sanitari e per chi non aveva alternative tra gennaio ed aprile – ha rilevato casi di infezione solamente in 25 delle 7.700 scuole analizzate.
In quell’arco di tempo, però, il numero di nuovi casi giornalieri nello Stato era molto basso. La media era di 193, ossia 24 casi ogni milione di persone.
Il caso della Danimarca
Tra i Paesi in cui un rientro a scuola in assoluta sicurezza è stato possibile c’è senza dubbio la Danimarca. Il motto dei danesi è “Kid First”. Non a caso i primi ad essere riaperti sono stati gli asili nido, seguiti dalle scuola primarie. Per loro le scuole devono restare aperte ad ogni costo, anche se i contagi dovessero aumentare.
Il loro “metodo” prevede classi divise in micro – gruppo – le cosiddette bolle – ed ingressi scaglionati. Gli alunni arrivano in un orario separato, mangiano il pranzo separatamente, rimangono nelle proprie zone del parco giochi e vengono seguiti da un insegnante.
In più, si seguono diversi orari per diversi istituti. Quotidianamente si sanificano gli ambienti. I genitori non possono entrare se non in determinate circostanze e alcune lezioni si svolgono all’aperto.
E non solo. Se un alunno oppure un insegnante viene a contatto con un caso di infezione , tutta la “bolla” va in isolamento e si sottopone al test.
I (pochi) casi di insuccesso
La riapertura non è stata un successo per tutti.
In Israele un importante focolaio di Covid – 19 si è acceso lo scorso maggio in una scuola superiore, a soli 10 giorni dalla riapertura.
Gli studenti hanno seguito le lezioni in ambienti con finestre chiuse e con aria condizionata, senza mascherine e a gruppi di più di 30. Sono stati contagiati in 153. Oltre ai 25 tra personale e insegnanti e alle 87 persone tra fratelli, amici e altri parenti.
Non è stato questo l’unico Paese in cui dopo la riapertura c’è stata una (nuova) chiusura. Un caso analogo è quello della Georgia, che ha registrato 993 nuovi casi di Covid – 19 dopo una sola notte di un campus estivo per studenti.
C’è un però. I Paesi in cui ci sono stati focolai nelle scuole sono quelli in cui le riaperture sono avvenute in periodi in cui i contagi giornalieri erano altissimi. E, soprattutto, quelli che hanno tralasciato di curare norme basilari. Come prescrivere l’uso di mascherine e garantire distanze e un corretto ricambio d’aria nelle classi.
Insomma, un rientro a scuola in assoluta sicurezza è possibile. Basta seguire poche semplici regole e fare attenzione. Esattamente come negli uffici, nei bar, nei ristoranti, nei saloni, nei negozi, per strada.
Anna Gaia Cavallo