La sociologia italiana deve a Franco Ferrarotti una gratitudine immensa, non solo per il contributo scientifico e accademico, ma anche per la dignità e il prestigio che ha restituito a una disciplina, fino ad allora emarginata e scarsamente considerata. Ferrarotti, scomparso all’età di 98 anni, ha lasciato un’impronta indelebile che si estende ben oltre i confini del mondo accademico. Se si dovesse riassumere il suo lascito in poche parole, si potrebbe dire che Ferrarotti è stato un vero e proprio costruttore di istituzioni culturali, un innovatore visionario e un intellettuale dal pensiero indipendente, che ha saputo coniugare l’approfondimento teorico con l’impegno civile.
La “Scienza Inferma” che diventa disciplina riconosciuta
Quando Ferrarotti avviò la sua carriera, la sociologia in Italia non era ancora considerata una disciplina autonoma. Un marchio d’infamia l’aveva relegata ai margini del sapere accademico: Benedetto Croce, uno dei filosofi più influenti dell’epoca, l’aveva bollata come “scienza inferma”, negando in modo perentorio la sua validità epistemologica. Nonostante questo, Ferrarotti riuscì a scardinare tali pregiudizi e ad avviare un percorso che avrebbe portato la sociologia a essere riconosciuta e rispettata nel panorama culturale italiano.
Nel 1961, Ferrarotti ottenne la prima cattedra di sociologia in Italia presso l’Università La Sapienza di Roma. Si trattò di un evento epocale: non solo il primo incarico di questo tipo per la disciplina, ma anche un segnale di cambiamento per l’intero ambiente accademico. A soli 35 anni, Ferrarotti era già un pioniere e si affermava come una figura chiave per la nascita della sociologia italiana, aprendo la strada a una nuova generazione di studiosi.
Un’opera poliedrica e l’innovazione di metodo
Oltre all’insegnamento, Ferrarotti ha lasciato un contributo scientifico imponente, ma ciò che ha contraddistinto la sua opera è stato un approccio innovativo e multidisciplinare. Per Ferrarotti, la sociologia non era una scienza astratta; al contrario, doveva essere uno strumento di comprensione e di trasformazione della società. La sua concezione della sociologia era radicalmente empirica, critica e aperta al dialogo con altre discipline, come la filosofia, l’antropologia, la storia e la psicologia. Credeva fermamente che la ricerca sociologica dovesse abbandonare il formalismo e l’astrattezza per calarsi nella realtà vissuta e affrontare i problemi concreti delle persone.
Nella sua vasta produzione intellettuale, Ferrarotti ha esplorato una varietà di temi, tra cui l’urbanizzazione, il mutamento sociale, il conflitto generazionale e i problemi della modernità. Attraverso libri, articoli e conferenze, ha contribuito a far conoscere e a definire il panorama sociologico italiano, rendendo la sociologia non solo una disciplina accademica, ma anche un mezzo di critica sociale. Una delle sue opere più importanti è senza dubbio Il paradosso del tempo, un testo che affronta la relazione tra tempo e memoria, offrendo una riflessione profonda sulla costruzione dell’identità individuale e collettiva.
La fondazione della sociologia a Trento e il contributo all’Accademia
Uno dei risultati più importanti nella carriera di Ferrarotti è stato la creazione del corso di laurea in Sociologia presso l’Università di Trento, il primo nel suo genere in Italia. Questo progetto, avviato negli anni Sessanta, ebbe un impatto rivoluzionario e segnò una svolta nella formazione dei futuri sociologi italiani. Il corso di Trento divenne rapidamente un punto di riferimento per l’intero Paese, attirando studenti e intellettuali da ogni parte d’Italia. Ferrarotti, attraverso questa iniziativa, non si limitò a creare un programma accademico, ma diede vita a un laboratorio di pensiero critico che avrebbe formato molti dei futuri studiosi e professionisti della sociologia italiana.
Ferrarotti, però, non era solo un professore; era un mentore, una guida e un esempio per generazioni di studenti. La sua passione per l’insegnamento e la sua capacità di ispirare chi lo ascoltava erano leggendari. I suoi corsi erano una vera esperienza intellettuale, in cui la teoria si intrecciava con il vissuto, con la pratica e con l’attualità. Ferrarotti riusciva a fare della sociologia uno strumento di analisi critica e di emancipazione, trasmettendo ai suoi studenti l’importanza dell’autonomia di pensiero e del rigore metodologico.
L’attività pubblica: impegno politico e diplomatico
Il percorso di Ferrarotti non si è limitato all’ambito accademico; è stato anche un uomo di impegno civile e politico. Tra il 1958 e il 1963, fu deputato alla Camera, dove sostenne progetti di legge innovativi e cercò di avvicinare la sociologia alle questioni politiche. Questa esperienza parlamentare gli permise di osservare da vicino le dinamiche sociali e istituzionali italiane, arricchendo ulteriormente la sua comprensione della società e fornendogli una prospettiva critica su temi quali il welfare, la disuguaglianza e la partecipazione democratica.
Oltre alla carriera politica, Ferrarotti ricoprì anche ruoli diplomatici, e questa esperienza internazionale contribuì a consolidare la sua reputazione di studioso cosmopolita e intellettuale impegnato. Fu coinvolto in progetti di cooperazione culturale e accademica, che gli permisero di stringere legami con studiosi e istituzioni di tutto il mondo. Questo dialogo con realtà internazionali arricchì il suo pensiero e influenzò la sua visione della sociologia, che interpretava come una scienza universale e inclusiva, capace di dialogare con diverse culture e contesti.
Editore, traduttore e promotore culturale
Un’altra dimensione significativa della poliedrica carriera di Ferrarotti è stata la sua attività editoriale. Come direttore di riviste e curatore di collane scientifiche, Ferrarotti contribuì alla diffusione della cultura sociologica e filosofica in Italia. Fondò la rivista La Critica Sociologica, una delle prime pubblicazioni italiane dedicate alla sociologia, che divenne presto un punto di riferimento per la comunità accademica e uno spazio di dibattito aperto e critico. Attraverso questa rivista, Ferrarotti promosse il dialogo tra intellettuali di diverse discipline, affrontando temi attuali e anticipando questioni che sarebbero diventate fondamentali negli anni successivi.
Il suo lavoro di traduttore fu altrettanto prezioso: portò in Italia le opere di autori stranieri di rilievo, contribuendo a far conoscere le teorie sociologiche e filosofiche più avanzate. Grazie al suo impegno, i lettori italiani ebbero accesso a testi fondamentali per la comprensione della modernità e della post-modernità, favorendo un’apertura culturale e una connessione con il panorama internazionale.
L’indelebile eredità di un maestro
Ferrarotti non è stato solo uno studioso, ma un pensatore capace di interrogare il mondo e sfidare i pregiudizi culturali. La sua eredità è ancora presente nella sociologia italiana e continua a ispirare chi crede che la conoscenza possa essere uno strumento di trasformazione sociale. Le sue opere restano una testimonianza del suo impegno per una scienza autenticamente umana, che sappia riconoscere la complessità della vita sociale e dare voce alle sue molteplici espressioni.