I due ambasciatori di Hans Holbein il Giovane

Hans Holbein

La fenomenologia di un’opera d’arte è un lavoro intenso che porta a scoperte ineludibili. È il caso del noto “I due ambasciatori”, dell’artista fiammingo Hans Holbein il Giovane ove uno studio attento storico-filologico rivela realtà celate. È un documento del Rinascimento dell’area germanico-nordica che raffigura due diplomatici del re di Francia, Jean de Dinteville e George de Selve, dall’habitus ieratico, posti ai lati della scena, simmetricamente equidistanti l’un dall’altro, appoggiati entrambi ad un mobile ove insita è una panoplia di oggetti simbolici di sapienza e arti.

Gli sguardi: l’uno fisso allo spettatore, l’altro assente. L’ambasciatore a sinistra con vesti opulente e gioielli, mostra una fierezza che in nuce serba un accento malinconico, mentre quello di destra più frugale, dimesso, mostra una “timidità”, un’incertezza e una chiusura, anche nel gesto di serrarsi l’abito, di foggia scura. L’atmosfera è pervasa da una solennità dettata dal ruolo dei protagonisti e funge da memoria storica che stigmatizza un decorso documentato.

Un rigore assiale sta alla base dell’impianto compositivo, attentamente studiato, una profondità prospettica matura conchiude la rappresentazione in un universo a sé, come una monade. Ecco poi l’elemento “intruso”, un oggetto inserito sul pavimento dall’indubbia forma. La sua difformità deriva dal differente senso prospettico utilizzato, rispetto al quadro. I parametri usati sono di differente avviso e la figura risulta schiacciata e con difficoltà si riesce a comprenderla. Dopo attente ricerche è stata individuata quale un teschio compresso, alterato dalle misure prospettiche distorte. Un “memento mori” inserito nel contesto narrativo della scena che in linguaggio tecnico viene definito anamorfosi.

Il culmine del successo degli ambasciatori viene velato da questa sfumatura didascalica che come un monito silenzioso risuona nel tessuto connettivo della tela. Questa interessante scoperta porterà gli studiosi a revisionare l’arte rinascimentale sotto questo aspetto dell’anamorfosi in modo da esplorare l’iconografia attraverso questo vettore.

Costanza Marana

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