Il Duce, la Meloni, il Cristo e compagnia bella: simboli di resurrezione?

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Da Milziade al Duce: la gelosa rivendicazione del merito

La prima parte delle guerre greco-persiane avvenute nel V secolo avanti Cristo vide gli ateniesi avere la meglio sugli avversari a Maratona, allorché il valoroso condottiero Milziade pretese dalle proprie truppe una corona di ulivo tutta per sé, in virtù del successo conseguito. Tuttavia, il coraggioso soldato Sofane si rifiutò di elogiare il comandante e gli disse:

Quando avrai vinto i barbari combattendo da solo, o Milziade, allora chiedi di essere onorato tu solo.

Un simile appello può relativamente condurre a tempi meno remoti, nello specifico al regime fascista. La nostra nazione, reduce dalla grande guerra, faticava a far ripartire l’economia. Oltretutto persistevano difficoltà nel settore edilizio, instabilità di stampo politico e la malaria. La dittatura non avrebbe apportato i benefici promessi; malgrado ciò il Duce reclamò più volte riconoscenza per il proprio operato nel corso del ventennio trattato.

Milziade, pur peccando di vanità, guidò l’esercito greco alla gloria ambita: nel nesso, è una tale dissonanza a separare i due arroganti. La vittoria a Maratona fu determinata dalla forza e dall’interdipendenza delle truppe, piuttosto che dal comando del singolo generale – tale è il concetto rivendicato da Sofane. I progressi dell’Italia del primo dopoguerra, furono il frutto di più mani che non implicarono quelle del Duce, il quale si limitò a mettere la propria firma laddove avessero sudato gli altri.

La tradizione orale della mitologia mussoliniana

Ci avrebbero pensato le generazioni future a diffondere ulteriori leggende sul conto del celeberrimo. Abbiamo tutti sentito attribuire a Mussolini il sistema pensionistico, la bonifica delle paludi, la lotta alla mafia, i sindacati e le scuole. La lettura di Mussolini ha fatto anche cose buone” di Francesco Filippi  può rivelarsi illuminante, specie per i membri di Casapound oppure di Forza Nuova, se non per Alessandra Mussolini che tutela gelosamente l’onore del nonnetto mai conosciuto.

Nell’insoddisfazione generale pare che qualcuno debba necessariamente trovare un personaggio da idolatrare, attribuendogli traguardi e meriti non propri. D’altra parte, l’utopia e l’ignoranza sono assai più confortanti della concretezza. Ciò non dovrebbe comportare una passiva ammissione da parte nostra, ma piuttosto dovrebbe stimolarci a fare la differenza approfondendo i modelli che intendiamo proporci, prima di definire le rispettive posizioni. Filippi sostiene:

Pensare a un ipotetico passato positivo lascia una speranza nell’animo di chi è scontento del proprio presente.

Gli oppressi talvolta riabilitano gli oppressori

Qualche giorno prima, passando per la via Roma di Belpasso (Catania) avreste notato una bacheca disposta dal Secolo d’Italia (quotidiano della destra nazionale) inneggiante Mussolini, nella porzione di muro che separa il bar Caprice dalla farmacia Lombardo. L’albo recitava la seguente: “Il tempo rende più struggente il ricordo e più amaro il rimpianto. Mentre infuriano corruzione e menzogne, limpido e puro si rivela il mito. L’Italia lo ricorda come simbolo di resurrezione e di vita.”

Dinanzi a un simile annuncio si sorprenderebbero soltanto i turisti – basti pensare alla consuetudine con la quale Antonio Lo Curto negli anni ha celebrato la messa a Catania in onore del Duce. Comunque, ci si domanda cosa rimpiangano gli italiani del fascismo – se qualcuno ambisce alla sottomissione assoluta, si faccia mettere un guinzaglio dal proprio padrone.

Ci si augura che i nostalgici scoprano il BDSM e che lo pratichino in santa pace, in modo che i medesimi abbiano la possibilità di mettere da parte tali dogmi obsoleti, tra l’altro degradanti e fallimentari. Amen.

Date a Cesare quel che è di Cesare

Sostenere che il Duce abbia combattuto attivamente la mafia è un palese insulto a chi ha dato la vita per la giustizia. Persuadersi dell’idea che il suddetto non abbia avuto altra scelta che aderire alla seconda guerra mondiale ribadisce lo schiaffo a chi ha lottato con serietà per un ideale assai diverso da quello mirato al consenso oppure alla filosofia del paraculo. Non siete impazziti, non vi preoccupate: non siete gli unici a sentire FalconeBorsellino bestemmiare dalle tombe.

Ritenere che Mussolini abbia dato casa e lavoro agli italiani significa non aver conosciuto il lavoro di Amintore Fanfani, mentre la convinzione che il Duce abbia portato la pensione agli italiani segnala un’ulteriore carenza di conoscenza. A priori, i meriti supposti non costituiscono basi tanto forti da scavalcare tutto il resto. Viene in mente quanto detto da Travaglio in relazione alla riabilitazione di Craxi:

Credo che pure il mostro di Firenze abbia offerto brioches a qualche bambino povero, o abbia aiutato qualche vecchia ad attraversare la strada – eppure rimane sempre il mostro di Firenze.

La Meloni in vetrina col Duce

Giorgia Meloni, leader di Fratelli d’Italia, ci ricorda: “Siamo nati a ridosso degli anni ottanta e novanta, siamo tutti protesi nel nuovo millennio.” Prosegue: “Basta con questa storia del fascismo e dell’antifascismo.” Difatti bisognerebbe veramente guardare in avanti e occuparsi d’altre faccende; peccato però che qualcuno sia rimasto bloccato al complesso di Edipo.

Comunque, nella bacheca a Belpasso, accanto all’immagine di Mussolini ci stava una foto della Meloni. Soltanto gli ingenui non ne capirebbero il legame – ciò non insinua che quest’ultima sia fascista, poiché non le converrebbe affatto. Se ci fosse stato il Duce, la Meloni sarebbe rimasta una babysitter.

In ogni caso, alla suddetta dispiacerebbe molto di più trovarsi in una vetrina assieme alla Nannini, la moglie e la figliola. Dunque se è vero che “siamo tutti protesi nel nuovo millennio,” bisognerebbe che la leader di Fratelli d’Italia metta da parte certe concezioni medievali.

Le maschere del Duce

Qualche siciliano continua a idealizzare il Duce, dimenticando come aumentò il divario tra sud e nord col fascismo. Svariati uomini di destra ne difendono la memoria, senza sapere che Mussolini in principio era di sinistra e che abbracciò la destra per una questione di consenso. Due o tre preti ritengono che il menzionato fosse un cattolico, nonostante egli avesse più volte esplicitato la propria avversione per il clero e per la dottrina in generale.

Sappiate che Mussolini era ateo – da giornalista era solito firmarsi “vero eretico,” sebbene fosse sufficiente la devozione per Nietzsche a testimoniare le posizioni religiose del Duce. Sappiate che allo scoppio della grande guerra Mussolini si schierò dalla parte dei non intervenisti, prima che il denaro lo corrompesse a propugnare il contrario – ricordatelo quando sosterrete ancora che “limpido e puro si rivela il mito, mentre infuriano corruzione e menzogne.”



L’uomo che condusse prevedibilmente i propri uomini alla morte, nella seconda guerra mondiale, è lo stesso ribelle, marxista e antimilitarista che emigrò in Svizzera per evadere l’obbligo della leva. A parer suo, i potenti avrebbero dovuto evitare le guerre, poiché queste ultime giovavano soltanto agli interessi dei capitalisti – eppure cambiò rapidamente idea, una volta assaggiato il denaro. Quando si dice: cumannari è megghiu di futtiri.

Nell’inverno del 1940, nel corso della guerra, colui che è presumibilmente ricordato come “simbolo di resurrezione e di vita” affermò la seguente: “Questa neve e questo freddo vanno benissimo, così muoiono le mezze cartucce e si migliora questa mediocre razza italiana.” Se lo ricordino i nazionalisti fanatici, che il Duce un tempo definì il tricolore “uno straccio da piantare su un mucchio di letame.”

Risulta complesso tracciare la personalità del Duce, poiché cambiava parere con lo stesso ritmo con la quale orinava. Senz’altro è stato uno spietato cancia bannera e un abile manipolatore delle masse. Comunque, Mussolini che nel 1929 afferma d’aver sconfitto la mafia sembra Di Maio che nel 2018 dichiara d’aver abolito la povertà.

La verità non è sempre relativa

In buona misura, la rimozione della bacheca del Secolo d’Italia a Belpasso è merito della scrittrice Lorena Spampinato, che ha scritto al sindaco affinché prendesse le misure necessarie, e del direttore de L’Informazione Luciano Mirone, il quale ha denunciato il fatto nel suo giornale. L’annuncio fascista riposava indisturbato da anni (date un’occhiata su Google Earth).

È assai possibile che il manifesto provocasse fastidio ma non costituisse apologia di fascismo. In una circostanza simile, avvenuta a Modica, i giudici parlarono di “un atto di manifestazione del pensiero discutibile, ma tutelato da un principio costituzionale.” In ogni caso, esporre frasi quali: “Non ho paura del nemico che mi attacca ma del falso amico che mi abbraccia,” è ben diverso dai toni utilizzati dal Secolo d’Italia a Belpasso. A priori è bene dissociarsi.

L’articolo invita a controllare la merce prima di ritirarla. Inoltre esorta a prendere le distanze dai modelli oggettivamente imbarazzanti. Gioite delle vostre libertà individuali: un tempo non tutti le hanno avute. La verità è che dovremmo smettere di venerare ogni personaggio carismatico che ci capita di trovare: una buona parlantina non comporta necessariamente la benevolenza – sarebbe cosa buona e giusta ribadirlo oggi.

Giordano Pulvirenti

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