Una ricerca getta luce sul mondo DSA: la dislessia come svantaggio non è tutta la storia della dislessia. Parola dell’Università di Cambridge.
La sigla DSA indica i disturbi specifici dell’apprendimento, che solitamente si manifestano fin dai primi anni della scuola, manifestandosi nell’ambito della lettura, scrittura, calcolo. La definizione DSA comprende quindi dislessia, discalculia, disgrafia e disortografia.
Uno studio dell’Università di Cambridge ha deciso di dedicare uno studio alla dislessia, difficoltà legata alla lettura e quindi alla sua decodifica. Ricerca che può aiutarci ad affrontare molti tabù legati al mondo DSA. Ciò che infatti già si è ampiamente a conoscenza – ma che forse non tutti sanno -, è che i disturbi specifici dell’apprendimento nulla hanno a che fare con l’intelligenza.
In altre parole, una diagnosi di DSA non indica un deficit legato all’intelligenza. Anzi. E lo studio di Cambridge si muove proprio in quest’ottica. Ma vediamolo più da vicino.
Lo studio:
L’indagine dell’Università di Cambridge riguardo la dislessia evolutiva e pubblicata nella rivista Frontiers in Psycology prende il titolo: Developmental Dyslexia: Disorder or Specialization in Exploration? In altre parole parte dalla domanda se la dislessia possa essere considerata un disturbo o una questione di vantaggio esplorativo.
I ricercatori hanno infatti affiancato la dislessia a capacità come l’invenzione, la creatività e la scoperta. Tale ricerca giunge così a sfidare, come gli autori stessi ammettono, un vecchio pregiudizio che vede nella dislessia un disturbo, senza andare oltre tale definizione.
Già il neurologo Norman Geschwind, sottolineano gli studiosi, aveva evidenziato come molti soggetti con una dislessia evolutiva diagnosticata, si mostravano molto abili nelle sfere non prettamente verbali come l’arte, l’ingegneria o l’architettura.
Ciò che all’Università di Cambridge ci si è chiesto è, in definitiva, se ci si poteva veramente fermare a vedere nella dislessia un deficit o se fosse più indicato chiedersi a quali abilità altre potesse portare.
Trovare l’equilibrio tra l’esplorazione di nuove opportunità e lo sfruttamento dei vantaggi di una scelta particolare è la chiave per l’adattamento e la sopravvivenza e sostiene molte delle decisioni che prendiamo nella nostra vita quotidiana.
Nell’evoluzione della specie, la dislessia è stata indispensabile. Una sorta di compensazione tra l’esplorazione di nuove informazioni e lo sfruttamento di ciò che già si conosce. Questo significherebbe che la dislessia porterebbe le persone ad avere un netto vantaggio nell’esplorazione dell’ambiente. E non è proprio l’evoluzione incentrata sull’adattamento all’ambiente?
DSA nella scuola:
Il mondo dell’istruzione, in generale, forse ancora non è del tutto pronto ad adattarsi a questo nuovo modo di guardare alla dislessia. Troppo spesso le famiglie non trovano il giusto sostegno e la giusta conoscenza del mondo che ruota attorno ai DSA nelle istituzioni scolastiche. Troppo standardizzate nell’insegnamento, nell’aspettativa nei riguardi dell’apprendimento degli studenti e anche nelle modalità di verifica delle conoscenze acquisite.
Eppure, la scuola dovrebbe essere il luogo nel quale ogni specificità deve essere accolta e compresa. Vedere nei DSA o in qualunque altra categoria etichettata come “difficoltà”, non una mancanza, ma una ricchezza. Non è semplice. Si sa. Ma come la scuola dovrebbe insegnare: solo attraverso le sfide si può crescere. E già informarsi correttamente sarebbe un buon inizio.
Ciò che questo studio ci può insegnare è che l’evoluzione dell’uomo avviene grazie all’incontro di diverse abilità e non nel cercare di avere le stesse abilità.
A tal proposito, nelle conclusioni della ricerca appare una domanda stimolante: il problema della dislessia persiste soprattutto nel soggetto osservato o nel modello culturale che lo osserva? Un po’ come “la bellezza è negli occhi di chi guarda”. Qui ci sarebbe da chiedersi in quali occhi esista la vera difficoltà.