Dal 2017, lo “European center for constitutional and human rights” (ECCHR) conduce una battaglia legale per ottenere informazioni sulla presenza dei droni armati nella base di Sigonella.
Ora, il Tar del Lazio ha dato l’accesso a due nuovi documenti
Droni da guerra a Sigonella: il segreto di Stato blocca le indagini
L’aeroporto di Sigonella, costituito tra Siracusa e Catania nel 2013, è una base aerea dell’Aeronautica Militare italiana.
La base aerea ospita la Naval Air Station Sigonella (NASSIG), utilizzata per missioni NATO, ed è sede del Comando Alliance Ground Surveillance.
Si tratta del secondo aeroporto militare più trafficato in Europa.
Nel 2017, l’ECCHR chiese l’accesso ai documenti relativi alla presenza di droni armati nella base di Sigonella attraverso un FOIA.
Inizialmente, il governo italiano ricorse al segreto di Stato, negando l’accesso alle informazioni.
Il ministero non ha mai provato l’esistenza di un pregiudizio concreto per l’accesso ai documenti, dei quali, tra l’altro, alcuni stralci sono stati pubblicati sui siti del governo statunitense
Di conseguenza, l’ECCHR fece ricorso al Tar che, per due volte, rigettò la richiesta.
In entrambi i casi, gli avvocati si appellarono al Consiglio di Stato che annullò le decisioni del Tar.
Il 16 marzo 2022 si è tenuta l’ultima udienza del Tar, che il 14 giugno ha dato l’accesso a due documenti non classificati.
Nel corso della battaglia legale, il Ministero della Difesa ha ammesso che i documenti fossero non classificati. Ma non ha voluto concederli, affermando che contenessero dati sensibili di sicurezza nazionale.
L’ECCHR ha sempre sostenuto che tali documenti siano di interesse pubblico, e che i cittadini abbiano il diritto di sapere ciò che succede realmente nella base di Sigonella.
Abbiamo sostenuto che in tutti questi anni non è stato documentato che vi fossero limitazioni o restrizioni, dovute all’interesse nazionale.
C’è un interesse pubblico a conoscere documenti per consentire un controllo generalizzato dei cittadini. Nessuno vuole controllare le operazioni militari o avere finalità sediziose o ostili ma semplicemente utilizzare la normativa sulla trasparenza: se vi è qualcosa di secretato è giusto che non venga mostrato.
Ma se quel qualcosa non è secretato, è giusto che i cittadini conoscano ciò che avviene a pochi chilometri da casa propria.
Si tratta dell’esercizio di un diritto fondamentale alla trasparenza previsto dalla norma, che apre all’interesse pubblico e migliora la qualità delle scelte fatte.
I documenti visionati risalgono al 2010 e al 2014, e fanno riferimento al Technical Agreement tra Roma e Washingon del 2006.
Secondo i dati, nella base di Sigonella sono presenti almeno quattro droni Predator che possono operare caso per caso dietro autorizzazione dell’Italia.
Emerge, inoltre, lo stretto rapporto tra la base di Sigonella e e quella di Ramstein, in Germania, dove un ufficiale dell’Aeronautica italiana coordina i voli dei droni statunitensi.
Secondo Chantal Meloni, senior legal advisor dell’Ecchr e docente di criminal law all’Università di Milano, la loro è una “vittoria ad alto prezzo“.
Quella conseguita è una vittoria parziale e a un prezzo alto: il Tar ci ha obbligati a una causa lunga e costosa, durata cinque anni, mentre il ministero della Difesa ha tentato in tutti i modi di impedire la trasparenza
Droni da guerra a Sigonella: come siamo coinvolti?
Da anni, il Comitato No Muos /No Sigonella collabora con ECCHR per condannare le operazioni militari a Sigonella.
Secondo l’associazione, la presenza della base costituisce un pericolo per la popolazione e viola i principi costituzionali italiani.
Le operazioni militari con droni, infatti, non sempre avvengono all’interno di un conflitto dichiarato tra nazioni.
Le uccisioni non sono precedute da alcun processo e, in molti casi, hanno portato alla morte di innocenti e civili.
Si tratta dei cosiddetti “effetti collaterali“, e superano di dieci volte il numero di “target” ufficiali.
Un’altra preoccupazione del comitato è che, con la presenza di droni da guerra a Sigonella, l’Italia possa essere vittima di ritorsioni, rappresaglie e attentati terroristici.
Guerra al terrore e “Target Killings”
L’utilizzo dei droni per esecuzioni mirate, o “targeted killings” è uno degli elementi più controversi della “guerra al terrore” che ha seguito il 9/11.
Il primo a utilizzare questa strategia fu il Presidente Bush, che ordinò il primo raid il 4 febbraio del 2002, a Khost, in Afghanistan.
Con la presidenza Obama, l’utilizzo dei droni divenne una vera e propria strategia militare.
Il 31 marzo del 2022, il Procuratore del Tribunale di Siracusa ha ricevuto una denuncia da parte delle famiglie delle vittime di un attacco drone statunitense, avvenuto in Libia il 29 novembre 2018.
Il drone, che colpì un fuoristrada uccidendo 11 giovani libici tuareg, era partito dalla base di Sigonella.
Il giorno dopo l’attentato, lo United States Africa Command annunciò di aver ucciso 11 terroristi di Al Qaeda.
Ma da quel momento, le famiglie dei sopravvissuti si sono impegnate nella ricerca della giustizia, rivolgendosi a ECCHR, Reprieve e Rete Italiana Pace e Disarmo.
L’avvocato di Reprieve, Jennifer Gibson, ha dichiarato che le undici vittime erano innocenti.
Dalle indagini effettuate sul campo, dall’analisi dei documenti, dalla raccolta di testimonianze, possiamo dire con certezza che si trattava di undici innocenti, colpiti mentre battevano il deserto alla ricerca di rottami di veicoli da rivendere
Secondo alcuni documenti, inoltre, sette di loro lavoravano per le forze armate del Governo di accordo nazionale, alleato con l’Occidente contro il Daesh.
Altri due si stavano addestrando per entrarvi.
Lo stesso braccio africano di Al Qaeda ha dichiarato che le vittime dell’attacco non erano affiliate al gruppo terroristico.
I droni vengono utilizzati ancora oggi per combattere in Afghanistan, nonostante il Presidente americano Joe Biden abbia ordinato il ritiro delle truppe nel 2021.
Proprio ieri, il 1 agosto 2022, un drone ha ucciso il leader di Al Qaeda Ayman al-Zawahiri.
Biden ha dichiarato che “giustizia è stata fatta“. E a aggiunto: “se sei una minaccia, gli USA ti scovano e ti fanno fuori“.