L’outback australiano ammalia con quelle sue atmosfere in bilico tra Africa e deserto americano del Western: come scenario da film pochissimi altri luoghi possono eguagliarlo. Lo sanno bene i locali o una neozelandese come Jane Campion che ambientò il suo eccentrico Holy Smoke (1999) nella natura selvaggia del continente.
Kate Winslet, già protagonista di questo film, ritorna nel 2015 in quegli scenari per la commedia The Dressmaker di Jocelyn Moorland, ora su Netflix. Il soggetto viene dal romanzo di Rosalie Ham e per quanto riguardi il tono ci troviamo nel territorio della commedia grottesca, condita di gotico.
Nel 1951 la sarta Myrtle Tilly Dunnage (Winslet) torna dopo 25 anni nella sua microscopica Dungatar per confrontare il suo passato. Ritrova la madre Molly (Judy Davis) logorata dalla solitudine, isolata dalla comunità che non le perdona d’essere stata una ragazza madre; la sua odiosa maestra d’elementari (Kerry Fox); il sergente Farrat (Hugo Weaving) che è una drag queen repressa.
La comunità aveva scacciato Tilly da bambina incolpandola ingiustamente dell’assassinio di un bulletto che l’aveva tormentata. Si da il caso che quel bambino fosse anche il figlio del terribile sindaco della cittadina, una figura delle più abbiette in un luogo come Dungatar dove l’antipatia raggiunge livelli altissimi.
In mano ad un regista come Stephan Elliott o Baz Luhrmann la commedia avrebbe espresso al meglio il suo potenziale. La struttura risulta essere centrifuga, non armonica: il montaggio è frettoloso, non riesce a dare alle sequenze lo spazio giusto, toglie loro il respiro.
Il sospetto è che a furia di voler rendere il film frizzante la regista abbia scordato il senso organico della composizione. Il film vale per dei frammenti che risultano avere una propria forza, come degli squarci di inventiva nella direzione soprattutto attoriale.
Gli interpreti sono ottimi, forse poco aiutati da una fotografia sciatta che avrebbe dovuto slanciarsi in un lavoro più complesso e carico nella scelta cromatica e compositiva. La Winslet (luminosa) e la Davis (camaleontica), premiate agli AACTA, sono splendide in un film che non è alla loro altezza ma che pure ha sbancato i botteghini in Australia. Il potenziale del soggetto, tenuto in chiave bassa per disattenzione, potrà rendere il film un sicuro guilty pleasure per gli amanti del kitsch.
Antonio Canzoniere