I draghi sono presenti all’interno dell’immaginario collettivo sin dall’alba dei tempi ma soprattutto in tutte le culture del mondo. La definizione convenzionale di questo essere leggendario deriva dalla parola greca drakon che significa serpente. L’origine del suo nome però è ancora molto discussa. In occidente hanno sempre avuto un significato negativo mentre in oriente sono sempre stati considerati figure benevoli e portatrici di fortuna.
Draghi, una leggenda italiana
Siamo in Abruzzo e in una valle chiamata Bassa Valle, affiancata dal fiume Sangro, vi è un borgo, Atessa. Questo comune italiano fa parte della Comunità montana Valsangro e come ogni città italiana è piena di ricchezze storiche e culturali. Una di queste è il Duomo di San Leucio. Questa chiesa patronale risale al IX secolo ed è considerata il principale edificio sacro di tutta la città. Ma oltre ciò c’è qualcosa di davvero misterioso che rende ancora più interessante questa chiesa. È infatti conosciuta perchè custodisce un reperto definibile mitico.
L’oggetto misterioso
All’interno del Duomo di San Leucio vi è una grande teca, protetta da inferriate, dentro la quale è presente una grande costola. Questa, secondo la leggenda, appartiene ad un drago. La storia racconta che un’enorme creatura disturbva la quiete degli abitanti di Atessa. I cittadini erano terrorizzati, finchè finalmente, non arrivò San Leucio a risolvere la questione. La leggenda risale a tempi remoti in cui la stessa città di Atessa non esisteva ancora. Questa infatti nell’antichità era divisa in due parti da una palude, Ate e Tixa, dentro la quale vi abitava il feroce drago. L’essere mostruoso, essendo al centro dei due borghi, non permetteva le comunicazioni tra i due. Era giunto il momento di fare qualcosa.
L’intervento di San Leucio
Fortunatamente per gli abitanti della futura Atessa, San Leucio aveva un piano. Egli decise di nutrire abbondantemente il drago per renderlo sazio e tranquillo, dopo soli tre giorni riuscì ad incatenarlo e dopo altri sette lo uccise. Lo stesso, anche se la modalità con cui lo uccise è ignota, decise di conservare il sangue del drago per scopi terapeutici e una costola per ricordare quel glorioso momento.
Ipotesi
Anche se la storia è considerata una leggenda non è l’unica a citare questa famosa costola. Altri racconti popolari infatti parlano dello stesso oggetto misterioso. Alcuni però considerano la reliquia un resto di elefanti portati da Annibale e Pirro in Italia ma altri controbattono dicendo che la costola di elefante in realtà è molto più piccola. Altri ancora dicono che questo resto probabilmente sia appartenuto ad un cetaceo proprio perchè nella zona di Atessa, in passato, vi era il mare.
I draghi esistono davvero?
Anche se gli scettici sono sempre pronti a trovare un motivo ed una giustificazione ad ogni evento considerato strano, dobbiamo però riflettere sulla presenza dei draghi all’interno delle culture antiche. Effettivamente è piuttosto strano ritrovare lo stesso essere in ogni parte del mondo e in periodi dove la comunicazione tra le civiltà era, forse, inesistente. Probabilmente i draghi non sono mai esistiti, ma allora, cosa avranno mai visto i nostri antenati? Omero, Plinio, Apollonio Rodio, Fedro e moltissimi altri, sia nella cultura antica che in quella moderna di tutto il mondo, parlano di questi esseri straordinari.
Grazie alla vastissima presenza di questi ultimi è stato anche possibile classificarli in famiglie, proprio come si fa per gli animali. In Cina, India, Indonesia, Giappone, Corea, Filippine, Vietnam, Francia, Italia, Germania, Scandinavia, Regno Unito, Ungheria, Siberia, Romania, Albania, Armenia, Portogallo, Grecia, Turchia, Americhe e Lituania sono presenti storie che raccontano di draghi. Forse si trattava di un animale ormai estinto, forse un varano o un drago di komodo più grande del solito e con l’abilità del volo. Nessuno ha ancora dato un risposta certa a questo quesito. Che l’immaginazione e i sogni di ognuno, quindi, interpretino tutto questo a piacimento.
Rebecca Romano
Perchè non provi a leggere questo articolo verso la fine dove si parla di Atessa?