DPI inadeguati: preoccupazione tra i medici ATS della provincia di Pavia

DPI inadeguati: così proteggiamo i nostri medici?

Mentre il Governo emana un più restrittivo DPCM – in vigore da lunedì 26 ottobre – molti medici ATS della provincia di Pavia sono in agitazione. Nei giorni scorsi, infatti, si sono visti assegnare forniture di adeguatezza quantomeno dubbia, che sollevano preoccupazioni sulla sicurezza e non solo. DPI inadeguati: ci troviamo di fronte a un’ulteriore dimostrazione di inefficienza e scarsa trasparenza nell’approvvigionamento di materiale sanitario da parte della Regione e dello Stato?

DPI inadeguati o di dubbia adeguatezza: tra i sistemi di tracciamento assolutamente inefficienti e le piattaforme per la segnalazione dei casi non funzionanti, mancava questo. Per i medici di medicina generale di Pavia e provincia rischia di essere l’ennesimo schiaffo. Nei giorni scorsi, infatti, dalla sede centrale ATS di Pavia sono arrivati i rifornimenti di dispositivi di protezione individuale per i medici della provincia. Bene i camici, DPI di terza categoria che assicurano la massima protezione. Bene i guanti, non sterili ma monouso e in quantità adeguata. La nota dolente sono le mascherine, sulla cui confezione campeggia a caratteri grandi la scritta NON-MEDICAL. Apparentemente analoghe, dunque, alle mascherine antismog o da lavoro. Comprensibilmente allarmati, i medici di medicina generale si interrogano sull’efficacia di questi dispositivi nel tutelare loro stessi e i loro pazienti.




Né la provincia di Pavia è, purtroppo, l’unica realtà in cui si torna a interrogarsi sull’effettiva adeguatezza dei DPI forniti al personale sanitario.

Già a settembre, infatti, la Voce di Genova pubblicava una nota in cui i rappresentanti dei lavoratori della ASL3 chiedevano chiarezza sui DPI ricevuti:

si continua a segnalare alla Direzione Aziendale e al SPP la distribuzione mascherine FFP2 che recano sulla confezione l’indicazione “NON MEDICAL”. […] In due occasioni la Direzione aziendale e il SPP ci hanno spiegato a voce che la scritta indicherebbe il “divieto di utilizzo in aree sterili”.

Il punto è, prosegue giustamente la nota, che

le rassicurazioni verbali, per quanto autorevoli, non sono sufficienti. I DPI vanno sempre controllati e vidimati per l’uso specifico che la Direzione Aziendale impone ai lavoratori. A maggior ragione in questo caso, quando le mascherine FFP2 sono considerate una barriera protettiva a fronte di un pericolo mortale. Già troppe volte in questi mesi sono mancati i DPI e sono andati in distribuzione prodotti farlocchi.

Insomma, se è davvero tutto in regola – viene da chiedersi – come mai nessuno si è preso la premura di metterlo per iscritto?

Forse, perché si tratta di una responsabilità spinosissima. Affrontando l’emergenza Covid-19, oltre 40000 membri del personale sanitario si sono ammalati, quasi 200 dei quali con esiti mortali. Una tragica fatalità, un rischio connesso alla professione? È possibile; impossibile, però, non chiedersi se la distribuzione di DPI inadeguati abbia avuto un ruolo in questa ecatombe. Inoltre, per i medici ATS, oltre alla principale preoccupazione per la tutela della salute propria e dei pazienti, si pongono anche dubbi di carattere legale. Nel caso in cui, infatti, fossero fatti dei controlli per verificare l’adeguatezza delle misure anti-contagio negli studi medici, l’utilizzo di DPI inadeguati sarebbe sicuramente sanzionato. Oltre al danno, così, per loro si aggiungerebbe anche la beffa. Un’eventualità dalla quale questi professionisti, che si sono spesi e tutt’ora si spendono per contenere la diffusione del contagio, devono assolutamente essere tutelati.

Valeria Meazza

Exit mobile version