Il Dossier statistico sull’immigrazione 2024 di Idos: la crisi climatica come emergenza umanitaria

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La crisi climatica ha raggiunto proporzioni tali da trasformarsi in una delle principali emergenze umanitarie del nostro tempo. Secondo il Dossier statistico sull’immigrazione 2024 di Idos, oltre tre miliardi e mezzo di persone – rappresentanti più del 40% della popolazione globale – vivono in contesti estremamente vulnerabili a eventi climatici estremi.

Le previsioni di lungo termine sono allarmanti: si stima che tra i 250 milioni e 1 miliardo di individui saranno costretti a lasciare le proprie terre, con un numero crescente di persone che migrerà non solo all’interno dei confini nazionali, ma anche verso altri Paesi. Questo rapporto evidenzia due criticità: l’assenza delle migrazioni climatiche tra i criteri per l’asilo in Italia e, a ridosso dell’attuazione del protocollo Italia-Albania e del nuovo decreto sui “Paesi sicuri”, l’esclusione dei richiedenti che non soddisfano criteri selettivi stabiliti dai due governi, con procedure rapide e orientate al rifiuto che limitano una valutazione approfondita delle reali necessità di asilo.

L’immigrazione climatica: una realtà già presente e in crescita

Il fenomeno dell’immigrazione climatica non è un’ipotesi remota, ma una realtà che incide pesantemente su milioni di individui. Eventi come uragani, inondazioni, siccità e ondate di calore, sempre più frequenti e intensi a causa dei cambiamenti climatici, stanno portando intere comunità a cercare rifugio in aree meno colpite. A differenza dei conflitti armati o delle crisi economiche, gli impatti climatici non hanno confini e non sono facilmente arginabili, colpendo indistintamente regioni sviluppate e in via di sviluppo. Tuttavia, sono proprio le popolazioni già in difficoltà economica o sociale quelle più vulnerabili, incapaci di attuare misure di adattamento e di fronteggiare i danni subiti.

Gli effetti sulle popolazioni vulnerabili

Le popolazioni che risiedono nelle regioni più esposte sono soggette a rischi estremamente elevati. Le zone costiere, le aree rurali impoverite, e i Paesi in via di sviluppo soffrono maggiormente l’innalzamento del livello dei mari e le variazioni meteorologiche che compromettono risorse vitali come l’acqua potabile e il cibo. La perdita di terreni agricoli, l’erosione delle coste e la desertificazione forzano sempre più persone a spostarsi in cerca di migliori condizioni di vita. Ciò comporta non solo un impatto devastante sulla vita di queste persone, ma anche un ulteriore aggravio sulle risorse dei Paesi ospitanti, che devono gestire un afflusso massiccio di migranti climatici senza strumenti adeguati.

I costi umani e socio-economici della crisi




I costi umani e socio-economici della crisi climatica sono ingenti e ampiamente sottostimati. L’impatto dei disastri naturali non si limita alla distruzione delle infrastrutture e alle perdite economiche, ma comporta anche conseguenze devastanti per la salute fisica e mentale delle popolazioni colpite. Malattie, stress, traumi e malnutrizione sono solo alcune delle problematiche che emergono. Le popolazioni costrette alla migrazione soffrono inoltre di perdita di identità culturale, radici sociali e supporto comunitario, che sono fondamentali per la resilienza psicologica.

La crisi climatica come questione di giustizia sociale

La crisi climatica è anche una questione di giustizia sociale: non tutte le persone e i Paesi contribuiscono allo stesso modo all’inquinamento e all’emissione di gas serra, ma sono proprio quelli meno responsabili a subire le conseguenze più gravi. Le nazioni industrializzate, pur producendo la maggior parte delle emissioni globali, possiedono le risorse per adottare misure di mitigazione e adattamento. Viceversa, le nazioni più povere sono spesso prive dei mezzi per proteggere i loro cittadini dagli impatti climatici e si trovano a fronteggiare un aumento delle disuguaglianze globali che la crisi climatica non fa che amplificare.

Politiche migratorie e protezione internazionale: una sfida da affrontare

La migrazione climatica pone sfide anche dal punto di vista legale e politico. Attualmente, i migranti climatici non godono di uno status legale riconosciuto a livello internazionale, il che li lascia privi di protezione giuridica e vulnerabili a situazioni di sfruttamento o di esclusione. Sebbene l’ONU e alcune organizzazioni internazionali abbiano cominciato a riconoscere il problema, sono ancora insufficienti i passi concreti per includere i migranti climatici nelle leggi sulla protezione dei rifugiati o per predisporre canali di migrazione sicuri e regolamentati.

Le soluzioni urgenti per un futuro più sostenibile

Di fronte alla portata di questa crisi, è essenziale che i governi e le organizzazioni internazionali adottino misure drastiche e immediate. L’accordo di Parigi, pur rappresentando un passo importante nella direzione giusta, non è sufficiente per risolvere la questione dei cambiamenti climatici e della migrazione. È necessario un impegno globale per ridurre le emissioni, incentivare l’uso di energie rinnovabili e adottare tecnologie che consentano di limitare i danni ambientali. Allo stesso tempo, bisogna investire in infrastrutture di adattamento e resilienza per le popolazioni più vulnerabili, rafforzando le politiche sociali e di sicurezza nei Paesi maggiormente esposti agli eventi climatici estremi.

L’importanza dell’educazione e della consapevolezza

Un altro punto cruciale riguarda la sensibilizzazione delle popolazioni e l’educazione dei giovani sui temi legati al clima e alla migrazione. Per affrontare una crisi globale come questa, è fondamentale che la società civile sia informata e consapevole delle dinamiche che legano il clima alla vita quotidiana e alle disuguaglianze sociali. Le nuove generazioni, in particolare, devono essere educate alla sostenibilità e alla resilienza per poter gestire al meglio le sfide future.

Il ruolo delle città e delle comunità locali nella lotta alla crisi climatica

Le città e le comunità locali giocano un ruolo centrale nella risposta alla crisi climatica. Essendo direttamente a contatto con i cittadini, le amministrazioni locali possono implementare misure di adattamento mirate e promuovere azioni di sensibilizzazione. Le iniziative locali, come l’incremento del verde urbano, la gestione sostenibile delle risorse idriche e la promozione di mezzi di trasporto alternativi, non solo contribuiscono alla riduzione delle emissioni, ma migliorano anche la qualità della vita dei residenti, rendendo le città più resilienti di fronte agli shock climatici.

La necessità di una risposta concreta

Infine, la questione della migrazione climatica e della crisi ambientale richiede una risposta concreta. Senza una visione comune e un approccio integrato, ogni sforzo rischia di rimanere isolato e insufficiente. Le nazioni industrializzate devono assumersi la responsabilità di sostenere economicamente e tecnicamente i Paesi in via di sviluppo, non solo per ridurre le emissioni, ma anche per fronteggiare l’emergenza umanitaria legata alla crisi climatica. Il concetto di “responsabilità condivisa” dovrebbe essere il principio guida per una risposta che sia realmente efficace e sostenibile nel tempo.

 

Patricia Iori

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