Andrea Iannone è stato squalificato 18 mesi per doping. Nonostante sia stato vittima, per stessa ammissione di chi lo ha condannato, di una contaminazione alimentare. Il pilota abruzzese di Motogp che corre con l’Aprilia ha subito annunciato, per bocca del proprio legale, la sua intenzione di ricorrere al Tas, il tribunale arbitrale dello sport che ha sede a Losanna.
POSITIVO AL DROSTANOLONE
Iannone, 30 anni, gareggia con la scuderia di Noale dalla stagione 2019. Era risultato positivo ad un controllo antidoping eseguito lo scorso 3 novembre a Sepang in occasione del Gran Premio di Malesia. Nel suo sangue vennero trovate tracce di uno steroide anabolizzante, il drostanolone. Per questo motivo la federazione motociclistica internazionale lo ha fermato 18 mesi a decorrere dallo scorso 17 dicembre e fino al 16 giugno 2021.
Una pena rilevante se si pensa che a causare la positività sarebbe stata un’assunzione accidentale, dovuta a carne contaminata che il pilota avrebbe mangiato in un ristorante. Un rischio del quale, secondo i giudici, il pilota abruzzese avrebbe dovuto essere consapevole. Ecco spiegato perché Iannone è stato squalificato 18 mesi.
LE REAZIONI
I giudici hanno tuttavia riconosciuto la mancanza di dolo. Iannone, nonostante tutto, può anche dirsi soddisfatto, visto che solitamente un atleta trovato positivo al drostanolone rischia fino a quattro anni di stop. Per questo le sue parole a commento della vicenda sono ambivalenti
La mia innocenza è stata riconosciuta. Poteva andare molto peggio. Ma c’è incongruenza tra il regolamento e la vita reale. Ora l’obiettivo è tornare in moto il più velocemente possibile.
L’avvocato Antonio De Rensis, legale di Iannone, si è detto sicuro che il Tas ribalterà il verdetto:
Siamo molto soddisfatti che i giudici abbiano riconosciuto la tesi della contaminazione alimentare, sorpresi dall’entità della squalifica ma sicuri che il Tribunale di Losanna ci darà ragione. La giurisprudenza del Tas in merito alle contaminazioni è univoca: gli atleti sono stati tutti assolti. Guardiamo al ricorso con grande fiducia.
DINO CARDARELLI