Don’t say gay: leggi omofobe e transfobiche in Florida e Alabama

Don't say gay

“Don’t say gay” è il nome che i suoi stessi oppositori hanno dato alla controversa legge firmata, nei giorni scorsi, in Florida, volta a impedire l’educazione all’identità sessuale e di genere nelle scuole. Subito dopo, l’Alabama, altro paese membro degli Stati Uniti d’America, ha adottato provvedimenti ancora più severi e di chiaro stampo omotransfobico.

Don’t say gay

La  legge che vieta l’educazione sessuale e all’identità di genere aveva mosso e indignato parte dell’opinione pubblica, in Florida e nel resto degli Stati Uniti. Nonostante tutto, è passata. Il governatore Ron De Santis, repubblicano con origini italiane, ha firmato il testo che era stato approvato il 9 marzo scorso. Insegnanti ed educatori non potranno più, dunque, parlare di tematiche legate alla comunità LGBTQ+ nelle scuole dello Stato americano. Il provvedimento, che i detrattori avevano soprannominato “Don’t Say Gay“, prevede che  “un distretto scolastico non può incoraggiare la discussione sull’orientamento sessuale o l’identità di genere nelle classi elementari“.

Le affermazioni del governatore

Insegnare a* bimb* dell’asilo che possono essere quello che vogliono è inappropriato per i bambini stess*. (…) È qualcosa che non è adeguato in nessun posto, ma specialmente non in Florida.

Lo ha affermato il governatore, giustificando la decisione di far entrare in vigore la legge. Chi lo sostiene difende la possibilità di ogni genitore di determinare quando e in che modo introdurre argomenti Lgbtq a*  figl* e quella di citare in giudizio un distretto scolastico che violi la suddetta regola.

Sono chiaramente posizioni estreme e di stampo conservatore. Ma nella società evoluta del 2022 e nei civilissimi Stati Uniti d’America, parlare semplicemente di posizioni conservatrici potrebbe sembrare una contraddizione. Se è giusto chiamare le cose con il loro nome, di posizioni omotransfobiche si deve parlare.

Alabama sull’onda di “Don’t say gay”

Le medesime posizioni  hanno investito, nello stesso periodo, altri paesi e dato origine a provvedimenti altrettanto estremi.

È il caso dell’Alabama dove, nei giorni successivi alle decisioni della Florida, si è detto sì a una legge simile che vieta di parlare in classe di orientamento sessuale e agli studenti transessuali di utilizzare bagni e spogliatoi coerentemente alla propria identità di genere. Ed è passato, come se il primo non bastasse, un provvedimento che punisce i medici per operazioni chirurgiche, somministrazioni di ormoni o prescrizioni farmacologiche che facilitino la transizione di genere a cittadini con meno di 19 anni. In caso contrario, gli stessi, rischierebbero fino a dieci anni di carcere. L’hanno ribattezzata “Vulnerable Child Protection Act“.

Per la governatrice  “Sei come Dio ti ha fatto”

I deputati avevano già approvato i provvedimenti ma ci si aspettava la firma definitiva della governatrice Kay Ivey, repubblicana le cui passate posizioni lasciavano presagire che non avrebbe avuto alcun ripensamento su quest’ultimo via libera. E la firma è, infatti, arrivata insieme alla sua forte dichiarazione d’intenti:

Ci sono sfide molto reali che devono affrontare i nostri giovani, in particolare con le pressioni della società di oggi e la cultura moderna. Credo fermamente che se il buon Dio ti ha fatto ragazzo, sei un ragazzo, e se ti ha fatto ragazza, sei una ragazza. […] Dobbiamo proteggere in particolare i nostri bambini da questi farmaci e interventi chirurgici radicali che alterano la vita quando si trovano in una fase così vulnerabile della propria esistenza. Invece, concentriamoci tutti sull’aiutarli a svilupparsi adeguatamente negli adulti che Dio voleva che fossero. […] Qui in Alabama, gli uomini usano il bagno degli uomini e le donne usano il bagno delle donne: è davvero un gioco da ragazzi.

Pericolose ripercussioni sulla salute dei giovani

Le conseguenze su* giovani Lgbtq+ potrebbero essere devastanti. È noto, da vari studi, che i/le giovani Lgbtq+ corrono molti più rischi legati alla loro salute fisica e mentale, rispetto ai loro coetanei cisgender o estero. Com’è noto che quando quest* ragazz* hanno hanno modo di affermare la loro identità di genere riportano tassi più bassi di tentativi di suicidio.

Quanto potrebbero, dunque, essere danneggiati dai provvedimenti sopra citati? È ciò che si chiede chi si batte per i loro diritti da decenni. E il malcontento non ha aspettato a farsi sentire, soprattutto in Florida.

Opposizione a “Don’t say gay”

“Don’t Say Gay” è stata oggetto di un’intensa campagna di opposizione, a partire dagl* student* della Florida che hanno organizzato proteste ovunque.

Perfino la Casa Bianca si è espressa in merito, definendo crudele la legge.

E tra gli oppositori troviamo anche la Walt Disney Company che è tra i principali datori di lavoro della Florida. L’amministratore delegato Bob Chapek, che inizialmente si era astenuto dallo schierarsi contro la legge, ha dovuto far fronte a dure proteste e manifestazioni indignate da parte dei suoi dipendenti, alle quali è seguita la sua netta presa di posizione in contrasto con quella del governatore.




Tempi bui

De Santis non è arretrato di un passo. E la legge, malgrado tutto, entrerà in vigore il 1° luglio.

Tempi bui, dunque, per gli Stati Uniti d’America, simbolo di una civiltà tanto osannata che, la realtà dei fatti dimostra non essere esattamente tale.

Resta da vedere se chi si oppone cederà il passo alla rassegnazione o se la rivoluzione prenderà il sopravvento, vincendo i venti d’odio che, in questo presente, soffocano i diritti.

Assunta Nero

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