Le donne in politica sono ancora frequentemente esposte a forme di discriminazione e violenza che i loro colleghi maschi non subiscono. Un dato preoccupante emerge chiaramente da una ricerca condotta dai professori Gianmarco Daniele e Massimo Pulejo dell’Università di Milano, insieme a Gemma Dipoppa, docente alla Brown University negli Stati Uniti: una sindaca ha tre volte più probabilità di essere aggredita rispetto a un sindaco.
Violenza e intimidazioni: il prezzo della leadership femminile
Le aggressioni verbali e fisiche nei confronti delle donne politiche sono diventate una realtà inquietante e diffusa, che minaccia non solo la sicurezza dei singoli individui, ma anche la stessa qualità della democrazia. A dimostrare questa tendenza, sono diversi episodi che si sono verificati in Italia negli ultimi anni. A Campiglia Marittima, la sindaca è stata presa di mira da gruppi no-vax, mentre a San Giovanni in Fiore un gruppo di ex percettori del reddito di cittadinanza ha minacciato la sindaca. A Specchia, invece, la prima cittadina ha sfiorato un’aggressione fisica, mentre ad Este minacce di morte hanno colpito non solo la sindaca, ma anche sua figlia.
Questi episodi, purtroppo, non sono casi isolati, ma fanno parte di un quadro ben più ampio che vede le donne politiche oggetto di un numero significativamente maggiore di attacchi rispetto ai loro colleghi uomini.
La ricerca condotta da Avviso Pubblico, un’organizzazione non governativa che monitora le violenze contro i politici italiani, ha esaminato i dati relativi agli anni dal 2010 al 2023. I risultati sono inequivocabili: le sindache, pur con caratteristiche simili agli uomini in termini di esperienza, educazione e orientamento politico, affrontano un rischio triplo di subire violenze rispetto agli uomini che ricoprono lo stesso ruolo. Questo fatto non è legato alle politiche adottate dalle donne in politica, ma piuttosto ai pregiudizi di genere che alimentano una cultura di intolleranza e aggressività nei confronti delle donne in posizioni di potere.
Le cause della discriminazione: pregiudizio di genere e stereotipi radicati
Molti si chiedono se la violenza contro le donne politiche possa essere giustificata da differenze nelle scelte politiche adottate dalle sindache rispetto ai loro colleghi uomini. Tuttavia, l’analisi dei dati ha escluso questa ipotesi. Non sono emerse differenze significative tra sindaci e sindache in termini di spesa pubblica per sanità, welfare o istruzione, né nel livello dei servizi offerti ai cittadini. Non c’è nemmeno alcuna evidenza che le donne siano più propense alla corruzione rispetto agli uomini, il che suggerisce che la discriminazione nei loro confronti non sia legata alle loro azioni politiche, ma piuttosto alla percezione sociale di una donna che occupa un ruolo di potere.
Le donne che ricoprono incarichi di leadership vengono giudicate secondo standard più severi rispetto agli uomini. Le critiche nei loro confronti sono più dure e la violenza, sia verbale che fisica, è spesso l’esito di una società che non accetta facilmente le donne in ruoli di comando. Il divario di genere negli attacchi persiste anche quando le sindache ottengono buoni risultati amministrativi, indicando che la violenza non dipende dalla performance politica, ma da un radicato pregiudizio di genere.
L’impatto della violenza sulla carriera politica delle donne
Le conseguenze della violenza sulla carriera politica delle donne sono devastanti. Le statistiche mostrano che, mentre uomini e donne hanno una probabilità simile di essere rieletti, le donne che subiscono violenze tendono a ritirarsi dalla vita politica. Questo effetto dissuasivo contribuisce ulteriormente a ridurre la rappresentanza femminile nelle istituzioni politiche, perpetuando le disparità di genere e limitando la partecipazione delle donne ai processi decisionali.
I motivi di questa ritirata sono molteplici, ma vanno principalmente ricondotti alla paura per la propria sicurezza, alla fatica psicologica derivante dalla continua esposizione agli attacchi e alla mancanza di sostegno istituzionale. In un ambiente dove le donne politiche sono costantemente oggetto di violenze e intimidazioni, la loro motivazione a continuare il loro impegno pubblico diminuisce drasticamente, con effetti negativi sull’intero sistema politico.
Contrastare la violenza: soluzioni necessarie
Per contrastare il fenomeno della violenza contro le donne in politica è necessario intervenire su più livelli. Programmi educativi che promuovano l’uguaglianza di genere, la tolleranza e il rispetto reciproco sono fondamentali per combattere gli stereotipi e i pregiudizi radicati che alimentano la violenza contro le donne. Tuttavia, nel breve periodo è essenziale mettere in atto misure di protezione specifiche per le donne elette, come piani di sicurezza personalizzati e supporto psicologico. Solo attraverso un intervento serio e mirato sarà possibile costruire un sistema politico realmente inclusivo e paritario, dove le donne possano esercitare la loro leadership senza paura di subire violenze o intimidazioni.
Il dato che una sindaca ha tre volte più probabilità di essere aggredita rispetto a un sindaco è un campanello d’allarme per tutta la società. La politica, come altre sfere della vita pubblica, deve evolversi per diventare davvero inclusiva e rispettosa delle donne. Solo affrontando con determinazione il problema della violenza di genere e del pregiudizio radicato si potrà garantire una partecipazione equa delle donne alla vita politica e, di conseguenza, rafforzare la qualità della nostra democrazia.