Sono tante le donne in campo in Italia.
Che giochino a calcio, a pallavolo o a golf, in Italia le donne in campo sono accomunate dallo stesso destino: nessuna tutela.
Nel nostro Paese, infatti, le giocatrici non sono considerate professioniste in nessun caso. Che giochino in serie A o in un campetto di provincia la storia non cambia: i professionisti sono gli uomini, per le donne, quindi, nessuna garanzia.
Ovviamente, a queste condizioni, una gravidanza non è assolutamente contemplata. Se già nel mondo del lavoro in generale sono ancora troppe le donne alle quali viene negato il diritto di essere mamme, nel mondo dello sport la situazione, addirittura, peggiora.
Di un paio di mesi fa, ad esempio, il caso della palleggiatrice del Casalmaggiore Carli Lloyd.
La giocatrice statunitense ha annunciato attraverso i social la notizia della propria gravidanza, ricevendo, in risposta, tanti auguri ma anche insulti. Naturalmente la maggioranza dei tifosi, otre al presidente Massimo Boselli Botturi e al presidente del Coni Malagò, ha espresso la propria solidarietà all’atleta.
I fatti, però, non cambiano.
Carli, dopo essersi informata sui potenziali danni al feto degli allenamenti che dovrebbe affrontare, ha deciso di ritirarsi subito e tornare negli USA dal compagno e dalla sua famiglia. Di conseguenza, la donna ha visto interrompersi il contratto con la squadra immediatamente.
In caso di gravidanza diventa carta straccia, come si dice. Non abbiamo tutele, nonostante per noi giocare sia un lavoro.
Così ha commentato la palleggiatrice. Il dirigente del team ha poi specificato:
I contratti non sono da professionisti. Teoricamente sono dilettanti. La Lega aveva parlato delle gravidanze con l’allora ministro allo sport Lotti, per discutere del passaggio al professionismo o al semiprofessionismo. È una situazione da affrontare: due anni fa comunque è stato introdotto un fondo per le atlete. Per lavoratrici normali è significativo, meno per questi contratti.
Il procuratore Bartocci, nella stessa occasione, ha specificato che il fondo consiste in circa 10.000 euro, sottolineando che in altre nazioni non esiste neanche questo. Di certo si tratta di un primo passo, ma bisognerebbe riconoscere a tutte le giocatrici il ruolo che meritano. Non essere uomini non significa essere sportivi di serie B.
Mariarosaria Clemente