Sarebbero migliaia le donne in Amazzonia vittime di violenza ogni anno nell’indifferenza generale della comunità internazionale e dei governi degli Stati coinvolti
La strage delle donne in Amazzonia è stata resa nota grazie al documento del Vaticano preparato in occasione del Sinodo su questa terra che si terrà il prossimo autunno. Il documento dà voce alle donne e a questo territorio che pare sia martoriato dagli “uomini moderni”, nell’indifferenza generale della comunità internazionale e dei governi degli Stati coinvolti.
In Paesi come Brasile, Bolivia, Perù, Equador, Venezuela, Colombia, si sta assistendo allo sfruttamento delle donne, ridotte a schiave o addirittura uccise per mano dei nuovi conquistatori che violentano il territorio in nome di un modello di sviluppo estrattivista, spesso con progetti illegali. Si legge nel documento del Vaticano:
“Sono vulnerabili alle minacce provenienti dai settori agroindustriali e da quelli che sfruttano clandestinamente minerali, legname e altre risorse naturali. Sono anche vittime del narcotraffico, di mega progetti infrastrutturali come gli impianti idroelettrici e le autostrade internazionali”
La violenza contro le popolazioni indigene è aumentato per la presenza di coloni, commercianti di legname, soldati, dipendenti delle compagnie estrattive, tutti per lo più uomini. In alcune regioni dell’Amazzonia, il 90% degli indigeni uccisi nelle popolazioni isolate sono state donne.
“Tale violenza e discriminazione ha un grave impatto sulla capacità di questi popoli indigeni di sopravvivere, tanto fisicamente e spiritualmente quanto culturalmente”
Intere tribù sono a rischio estinzione per colpa delle lobby agroalimentari che in America Latina sono potentissime. Mentre a causa delle estrazioni illegali in diverse zone dell’Amazzonia, sta aumentando la prostituzione che ha fatto schiave adolescenti e donne, soprattutto indigene praticamente bambine.
Un ecosistema difeso dalle donne
“Una notte sei a casa quando appare un uomo sconosciuto e comincia ad attaccarti tirandoti delle pietre. Guardi in strada e cerchi di individuare il tuo aggressore, ma senti solo delle grida: La prossima volta ti uccideremo!” È una delle tante testimonianze raccolte da Amnesty International, impegnata a denunciare quello che sta accadendo in America Latina: donne che cercano di ostacolare l’avanzata della rovina ambientale per salvare il più grande polmone verde del mondo.
Questo è quello che è successo a Patricia Gualinga, una leader indigena del popolo Kichwa della comunità di Sarayaku, in Ecuador. Patricia sta difendendo il suo popolo e il suo diritto a vivere in un ambiente sano, salvaguardandolo dal grave impatto dell’industria petrolifera.
Poi c’è Nema Grefa, dall’Ecuador, di etnia Sápara. Ha cercato di opporsi alle trivellazioni delle industrie petrolifere. Oppure Salomè Artanda e Margot Ecobar, quest’ultima è stata attaccata fisicamente da agenti di polizia mentre partecipava a una protesta. Le è stata anche incendiata la casa.
Sono donne coraggiose e perseguitate senza alcun diritto circa la restituzione delle loro terre, anzi spesso ostacolate dagli stessi governi conniventi.
Il valore dell’Amazzonia
La politica di sfruttamento del territorio insieme al pericolo climatico sono ormai noti, disboscamento della foresta pluviale, distruzione, desertificazione, sfruttamento delle risorse, trivellazioni per il petrolio, inquinamento, come il mercurio usato in quantità enormi nei fiumi per trovare l’oro. Eppure il valore di questo territorio è inestimabile.
L’Amazzonia comprende foreste per circa 5,3 milioni di kmq, il 40% della superficie globale delle foreste tropicali. Il territorio amazzonico contiene una delle biosfere geologicamente più ricche e complesse del pianeta. La sovrabbondanza naturale di acqua, calore e umidità fa sì che gli ecosistemi dell’Amazzonia ospitino dal 10 al 15% circa della biodiversità terrestre ed immagazzinino tra i 150 e i 200 miliardi di tonnellate di carbonio ogni anno.
Queste risorse sono protette dalle popolazioni indigene, una custodia che ora viene messa sempre più a rischio dalle persecuzioni.
Marta Fresolone